Il Saggiatore: La cultura
Fare i bagagli. Un viaggio pratico e filosofico
Susan Harlan
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 163
C'è chi prepara ogni sua valigia compilando meticolose liste degli oggetti da portare per essere sicuro di non dimenticarsi nulla. C'è chi ci infila dentro roba alla rinfusa all'ultimo minuto. C'è il viaggiatore zaino in spalla, e più è sdrucito e impolverato più se n'è orgogliosi. C'è chi compra un bauletto Vuitton pure per il cagnolino. E poi ci sono le interminabili attese al nastro trasportatore dell'aeroporto d'arrivo, l'ansia che "lei" si sia smarrita con tutto quello che ci serviva per il viaggio o tutto quello che dal viaggio volevamo riportare a casa. All'andata trasportiamo noi stessi in un altro mondo. Al ritorno misuriamo la distanza oggettuale tra il noi che partiva e il noi che rientra. Noi. Noi e i bagagli. "Fare i bagagli" è il libro che racconta la relazione lunga e complicata tra le valigie e la nostra identità. Susan Harlan intreccia sapientemente storia del costume e letteratura, cinema e memoir, arte e poesia dei luoghi. Evoca l'orrore esternato nell'Enrico V di Shakespeare davanti alla perdita di valigie, bauli e salmerie. Spiega perché alle donne dovrebbe piacere molto la magica borsa di Mary Poppins. Mostra tutte le sfumature della femminilità incarnate dalle it-bag di Hermès. Rivela il rapporto tra Samsonite, il secondo dopoguerra e un tale che si era messo in testa di girare l'Europa spendendo solo 5 dollari al giorno. E naturalmente illustra come fare bene le valigie: perché con un bagaglio ben fatto sei pronto per qualsiasi destinazione. Che tu ti sposti in treno o in macchina, in nave o in aereo. Che tu sia un elegante businessman da hotel cinque stelle o un neohippie disposto a prendersi la scabbia nei peggiori pulceti. O tutto quello che ci sta in mezzo. Questa lettura davvero vale il viaggio.
Non ho niente da nascondere. Interviste sul cinema e sulla vita
Michael Haneke
Libro: Libro in brossura
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 412
Due strade parallele, dritte e morbide come la serenità solare che le avvolge. Una macchina avanza piano con una barchetta a rimorchio, mentre in sottofondo si innalzano le voci di Jussi Björling e Renata Tebaldi che intonano "Tu qui santuzza". Vediamo mani che scelgono cd, sentiamo risate: una coppia sta giocando a chi indovina la canzone; il figlio, sul sedile dietro, è chiamato a fare da garante. Torniamo a vedere la macchina dall'alto; poi la telecamera ci mostra i volti della famiglia felice, in procinto di raggiungere la casa delle vacanze. Ma il canto di Beniamino Gigli si strappa, diventando l'angosciante Bonehead dei Naked City, che mitraglia lo spettatore accompagnando l'arrivo di titoli di testa rossi come il bagno di sangue verso il quale gli inconsapevoli, sorridenti passeggeri sono diretti. Un presagio crudele, rivelato solo a chi è in sala, impotente. Poche sequenze come l'inizio di "Funny Games" sanno raccontare in modo emblematico l'arte di Michael Haneke, uno dei registi e sceneggiatori più originali degli ultimi trent'anni. "Non ho niente da nascondere" è il suo più fedele e intimo autoritratto: solitamente laconico fino all'estremo, Haneke sceglie per la prima volta di raccontarsi in una lunga intervista che ripercorre tutta la sua esistenza e la sua carriera, dall'adolescenza nella periferica Wiener Neustadt alla tormentata vocazione religiosa, dai complessi rapporti con attrici e attori alla maniacale cura del sonoro, dai primi lavori per la televisione austriaca a "Happy End", passando per i premi a Cannes e per l'Oscar ricevuto con "Amour". Haneke racconta la sua vita con una franchezza violenta, svelando i segreti di una consapevole e ostinata ricerca di verità sugli uomini attraverso l'artificio di immagini e suoni. "Non ho niente da nascondere" è un'immersione in un microcosmo di forze brutali e sotterranee, in grado di frantumare la gelida superficie della vita quotidiana e lasciare lo spettatore faccia a faccia con la propria nuda miseria.
Viaggio a Echo Spring. Storie di scrittori e alcolismo
Olivia Laing
Libro: Copertina rigida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 319
Cresciuta in una famiglia di alcolisti, Olivia Laing legge a diciassette anni La gatta sul tetto che scotta di Tennessee Williams e per la prima volta ritrova sulla pagina i comportamenti che conosce così bene, resi vivi dalle parole del drammaturgo. Da quel momento, scoprire ciò che gli scrittori hanno da dire sull'alcol diventa un'ossessione. "Viaggio a Echo Spring" - citazione proprio dalla Gatta, dove Echo Spring sta per l'armadietto dei liquori - è il frutto di questa ossessione divorante, di anni spesi a studiare sei grandi scrittori americani, segnati, nella vita e nella letteratura, dal rapporto con l'alcol: Francis Scott Fitzgerald, Ernest Hemingway, Tennessee Williams, John Cheever, John Berryman e Raymond Carver. Il risultato è un'opera metamorfica, che resiste a ogni distinzione di genere; una fusione nucleare di critica letteraria e narrazione memoriale, reportage e racconto, il cui fil rouge è una fede incrollabile nella letteratura e nel suo potere di esplorare le regioni più oscure dell'esperienza umana.
Lettere della famiglia Mozart. Volume Vol. 2
Libro: Libro in brossura
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 498
Due uomini in carrozza, una mattina d'inverno. Sono padre e figlio, hanno cinquanta e quattordici anni. Leopold Mozart, musicista colto e di talento, ha deciso che è venuto il momento di andare in Italia, di esporre il giovane Wolfgang alla musica, alla cultura, alla vita teatrale del paese che detiene il formidabile segreto della «bella melodia» e della «bella voce». Ci torneranno per tre volte, fra 1769 e il 1773, suoneranno in tutta la penisola e Wolfgang comporrà due opere e una serenata - Mitridate, re di Ponto, Lucio Silla e Ascanio in Alba - per il Regio Ducal Teatro di Milano; ogni volta rientreranno a Salisburgo con i bagagli carichi di souvenir. Soprattutto, rientreranno dopo aver incontrato papi e sovrani, visitato chiese, scavi archeologici, conventi e regge, dormito in locande malfamate e «bei palazzi», assaggiato le angurie a Napoli e partecipato ai balli in maschera a Venezia, comprato abiti di stoffe pregiate e incisioni suggestive, ascoltato opere e concerti alla ricerca del segreto della «bella maniera». "I viaggi in Italia" raccoglie le lettere che Leopold e Wolfgang hanno inviato durante quei viaggi ad Anna Maria e Nannerl, moglie e figlia, madre e sorella amatissime: un centinaio di missive, scritte quotidianamente con affetto e disciplina, intelligenza e divertimento, per raccontare a chi è rimasto a casa la lunga avventura alla scoperta dell'Italia. I viaggi in Italia fa parte di Lettere della famiglia Mozart, l'opera in più volumi con cui il Saggiatore offre al lettore italiano l'edizione integrale della corrispondenza mozartiana, nella traduzione di Elli Stern e nella curatela di Cliff Eisen: un epistolario fra i più ricchi del mondo musicale; una testimonianza significativa della cultura europea di fine Settecento; l'immersione nel genio di Wolfgang Amadeus Mozart.
Il male. Storia naturale e sociale della sofferenza
Edoardo Boncinelli
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 288
Da millenni proviamo a dire, in infiniti modi, che cos'è il male. A ogni violenza subita, per ogni sopruso, invochiamo questo nome arcaico. Lo assegniamo ai nostri piccoli tormenti quotidiani e ai grandi desideri inappagati, alle inquietudini e ai disagi, all'infelicità e all'ingiustizia che da sempre ci pare governare il mondo. Alla morte, persino: il male più temibile di tutti. Comunque sia, ciò che è «male» per noi non dovrebbe esistere affatto. Vorremmo allontanarlo, scansarlo, cacciarlo via per sempre dalla nostra vita. Ma che cos'è davvero il male? Il grande scienziato Edoardo Boncinelli tenta di dare una risposta analizzando le particelle elementari che compongono questa contradditoria entità, con tutti gli strumenti che la scienza e la filosofia mettono a nostra disposizione. Ci racconta la biologia del male, come nascono il dolore psicologico e quello fisico, e la sua fisiologia, che si traduce nella malattia e nella morte. Affronta il crimine, il male dal punto di vista etico - la cronaca nera dell'umanità - e ci descrive come produttori di sofferenza, capaci di mentire e perfino di uccidere i nostri simili. Si spinge ai confini del pensiero per sondare l'oscurità che si annida nella nostra stessa coscienza; per farci riflettere sulla nostra doppia natura di esseri sospesi tra istinto e ragione, tra necessità e libertà, insieme carnefici e vittime di un dolore cui nulla e nessuno può sottrarsi.
Paesaggi
John Berger
Libro: Copertina rigida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 352
"Paesaggi" è la più completa raccolta degli scritti di John Berger dedicati all'arte e alla letteratura. Chi è alla ricerca di un ponderoso volume di critica, con quadri monografici e rigide periodizzazioni, dovrebbe guardare altrove; chi invece è già un lettore di questo «rinascimentale uomo contemporaneo» si stupirà ancora una volta di tanta varietà di saggi, poesie, racconti e meditazioni, ritrovando lo sguardo di uno storyteller che mai ha inteso la scrittura come un atto di possesso, ma sempre come un modo per abitare il presente e mutarne la trama. In questo volume, ideale prosecuzione di "Ritratti", John Berger è l'osservatore tenace di vasti panorami popolati da figure umane, alla ricerca di mappe del nostro tempo. Dapprima si tratta soprattutto di paesaggi teorici, in cui Berger incontra gli scrittori e gli artisti che più hanno accompagnato il suo pensiero: da Walter Benjamin a Gabriel García Màrquez, da Rosa Luxemburg a James Joyce. Poi si passa all'esplorazione - a volte reale, sempre letteraria - di paesaggi fisici: la Palestina resistente, abitata da bambini e cavalli selvaggi; la Parigi dei cubisti e la Venezia marcescente della Bienriale; la città di Delft che «sgorga dagli occhi di chi l'ha lasciata»; la campagna senza tempo in cui i contadini hanno insegnato a Berger «il poco che so»; fino al fluido mercato del mondo odierno, in cui ognuno è un consumatore perduto in una geografia assente. Raccontando questi luoghi, John Berger racconta se stesso, il suo modo ardente e combattivo di cercare uno spazio da condividere e di indagare lo sguardo. Ogni paesaggio parla per lui di «rischio e avventura»: il rischio e l'avventura, in questi Paesaggi composti dagli anni cinquanta a oggi, sono quelli di un pensiero pronto in qualsiasi momento a farsi mettere a repentaglio da un'opera perturbante o un fatto inatteso, che si pone sempre, qualsiasi cosa scelga di narrare, sul limite sottile del mistero.
La zattera della Medusa
Franzobel
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 543
18 luglio 1816, le tenebre ricoprono l'abisso e il diavolo aleggia sulle acque. Nel mare al largo della Mauritania il brigantino Argus avvista tra i flutti un relitto alla deriva. Ciò che appare, avvicinandosi, è una visione demoniaca che mozza il fiato ai marinai: aggrappati a quelle assi di legno, ammassati gli uni sugli altri, ci sono i corpi sfiniti e consunti di quindici uomini, da tredici giorni ostaggio delle onde, della fame e della sete. Sono gli unici sopravvissuti tra i 147 a bordo della zattera allestita dopo che la nave francese Medusa si è arenata nelle sabbie africane d'Arguin. Subito la notizia percorre il regno di Luigi XVIII, circondata dalle domande e dai sospetti: cosa è potuto mai accadere? Come hanno fatto a resistere in quelle condizioni? Cosa ne è stato degli altri? Ma mentre i superstiti raggiungono Parigi, e i primi scandalosi brandelli della loro storia rimbalzano sui giornali, appare chiaro come certe verità, nella loro tragedia eterna e senza scampo, non possano trovare posto nel mondo dei vivi. "La zattera della Medusa" è un angosciante viaggio attraverso un inferno liquido di soprusi, violenza e cannibalismo. Tra sadici marinai senza morale, perversi cuochi di bordo dal labbro leporino, mostruosi giganti asiatici dalla forza sovraumana e vanitosi ufficiali, incapaci di governare altro se non la frusta, Franzobel intesse una narrazione storica attorno a una delle vicende più inquietanti della Francia moderna.
Elogio della rabbia. Perché dovremmo incazzarci di più e meglio
Salvatore La Porta
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 178
Viviamo tempi bui. Da sempre. Invidia, rancore, oppressione e gelosia assorbono le nostre energie come una spugna, lasciandoci esausti e rassegnati davanti ai nostri infiniti fallimenti. Un lavoro che non ci soddisfa e il nostro capo che non la smette di umiliarci. L'amore che ci piega con le sue malsane incomprensioni, spingendoci a immaginare mille amanti. Nel frattempo, il telegiornale ci sbatte in faccia vittime e morti di guerre che non capiamo e i partiti politici si fanno forza sparando proiettili di odio verso il nemico, l'intruso, lo straniero. Basta galleggiare per qualche secondo nell'abisso di Facebook, scansando momentaneamente le foto di gattini, per rendersi conto di quanto il mondo sia violento: i commenti sotto i post sono un tripudio di offese e auguri di morte, di razzismo e sessismo; legioni di annoiati e troll si compattano, fanno gruppo per spruzzare sugli altri tutta la loro anonima bile. Eppure non dovrebbe essere così, la rabbia. Questo sentimento luminoso, carico di coraggio, di speranza, che ha permesso a popoli oppressi di conquistare la libertà, a uomini e donne cresciuti ai margini del mondo di diventare santi, artisti, presidenti, e a migliaia di volenterosi di dare voce, ogni giorno, alla loro protesta d'amore. "Elogio della rabbia" è un manifesto audace: un invito a scrollarci di dosso la catasta di preoccupazioni, ossessioni e isterie che bruciano le nostre vite; ad abbandonare quel bisogno di controllo che esercitiamo verso tutto e tutti - i nostri figli, la nostra poltrona, il telefono della persona che amiamo -; e, infine, a trasformare quell'energia repressa in un'arma per difendere e riconquistare il futuro. All'insegna della giustizia, però, e non del sopruso. In un coro umano che non si faccia confondere da un esercito improvvisato di solitudini avvelenate.
Il futuro migliore. In difesa dell'essere umano. Manifesto per un ottimismo radicale
Paul Mason
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 409
Oggi noi esseri umani siamo sotto attacco da tutti i fronti. La crisi del capitalismo globale ha lasciato campo libero alle forze arcaiche del razzismo, della misoginia e del più cieco nazionalismo autoritario. Il pianeta è febbricitante e quasi del tutto sepolto dalla sovrapproduzione di plastica e cemento. La Silicon Valley produce sempre più raffinati algoritmi che concretizzano l'incubo del controllo totale e sempre nuovi gadget che in breve realizzeranno la trasformazione dell'uomo in robot. Dobbiamo rassegnarci a essere consumatori ormai privi di volontà o macchine biologiche dal comportamento prevedibile e modificabile? Secondo Paul Mason no: possiamo ancora reagire, possiamo riprendere il controllo delle nostre vite e del nostro futuro. Mason propone una nuova forma di azione politica che unisce la tradizione dei movimenti di sinistra, l'esperienza delle lotte del nuovo millennio e la possibilità di agire sulla rete senza esserne dominati. Il suo manifesto ci invita a essere radicalmente ottimisti: dall'affrontare i troll razzisti sul web al compiere le giuste scelte quotidiane negli acquisti, dal lottare per il controllo dei nostri dati personali al costringere i governanti a promulgare leggi che liberino il potenziale positivo delle nuove tecnologie, sono molte le cose che possiamo fare per tornare a essere soggetti attivi, e non passivi oggetti delle politiche mondiali. "Il futuro migliore" è una chiamata alle armi per chi è deciso a resistere al monopolio delle tech companies, alla globalizzazione ultraliberista e alla politica dell'odio per le strade e sui social network. Dopo averlo letto avrete una scelta molto semplice: vivacchiare nella speranza che il vostro orticello si salvi oppure iniziare a combattere.
Libri proibiti. Pornografia, satira e utopia all'origine della Rivoluzione francese
Robert Darnton
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 463
I libri possono provocare una rivoluzione? Se sono torbidi romanzi erotici che sovvertono la morale tradizionale e inducono in tentazione i bravi cristiani, o pungenti satire politiche che denunciano tutta la corruzione e gli scandali di Versailles, o utopiche descrizioni di società ideali in cui il povero non ha meno diritti del ricco, ebbene, la risposta è senz'altro sì. La risposta è la Rivoluzione francese. La Rivoluzione del 1789 non ha solo sostituito l'assolutismo monarchico con la democrazia repubblicana: ha costituito un radicale rinnovamento dei costumi e delle idee; dalla morale sessuale alla fede in Dio e nella Chiesa, dai rapporti tra le classi sociali all'atteggiamento nei confronti dell'industria, nulla è rimasto come prima. Gli storici di solito cercano la radice di questo mutamento nelle opere dei pensatori illuministi. Robert Darnton, invece, è convinto che il terreno per la Rivoluzione sia stato preparato non tanto dai libri colti, quanto da una assai più popolare e diffusa letteratura clandestina, pornografa, satirica e dissacratrice a cui appartenevano i veri best seller del Settecento francese, letti avidamente dall'aristocrazia come dal popolo. "Libri proibiti" ricostruisce il ruolo storico di questi volumi, stampati fuori dal paese, oggetto di censure e sequestri da parte delle autorità e distribuiti da una rete capillare di editori e librai che usavano indicarli con l'espressione in codice livres philosophiques. Forse chi scriveva e distribuiva questi romanzi, libelli e pamphlet non aveva l'intenzione di rovesciare l'ordine costituito; forse la delegittimazione delle autorità è avvenuta quasi inconsapevolmente. Ma ha condotto a un cambiamento radicale dell'opinione pubblica; a un flusso di idee che da torrente sotterraneo si è trasformato nel fiume inarrestabile che ha mutato per sempre la nostra storia. Prefazione di Daria Galateria.
Nudo con filo spinato
Pjotr Pawlenski
Libro: Libro rilegato
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 140
«L'essere finito più volte in prigione e in ospedale psichiatrico, arrestato dalle forze dell'ordine in seguito alle sue azioni, per Pavlenskij non ha assolutamente nulla a che fare con il contesto narrativo del sacrificio, della vittima, eroica o meno. Gli eroi, secondo Pavlenskij, fanno parte di un discorso e di un immaginario da cui egli intende prendere le distanze. L'artista politico non è mai un eroe, perché cerca prima di tutto di affermare la propria libertà, ossia lavora per mostrare, o meglio smascherare, i meccanismi del potere. Le forze dell'ordine, il personale sanitario, i medici, ma anche i cittadini coinvolti, sono fin dall'inizio parte integrante dell'azione. Così come, dilatando i tempi, nel disegno artistico rientrano gli atti processuali, i protocolli delle indagini, le perquisizioni, le modalità di trasmissione mediale. In tutto ciò si è comunque riportati a lui, a Pavlenskij, nucleo iniziale, motore degli eventi. Allo spettatore tocca posizionarsi rispetto a lui, stare da una parte o dall'altra, farsi coinvolgere o meno. I confini dell'azione artistica diventano permeabili, liquidi, indistinti e il "precedente" creato entra, a vari livelli, a far parte della vita degli spettatori. L'inizio dell'opera coincide con l'apparire del suo corpo nello spazio urbano. Qualcosa di alieno, disturbante. Una cesura, un taglio nella tela della normalità del quotidiano, dei suoi ritmi e della sua superficie. È in questo senso che possiamo leggere la nudità di Pavlenskij e il suo mutismo, la sua passività, l'estrema riduzione dei suoi gesti. Al minimo necessario. Una sorta di statua vivente in mezzo al mondo in movimento. La passività scultorea diviene il motore di ciò che accade. Nudo con filo spinato è, a sua volta, una sorta di performance. Una messa in scena dialogica, vagamente filosofica. Un ritratto che vuole uscire dalla sua cornice. La domanda finale potrebbe essere: esiste dentro di noi lo spazio per un ascolto o un incontro?» (Agnese Grieco)
Miracolo della rosa
Jean Genet
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 371
Scritto in carcere nel 1943-44 sui fogli forniti ai detenuti per la confezione di sacchetti di carta e ambientato nel penitenziario di Fontevrault durante l'inverno 1940-41, "Miracolo della rosa" è un'opera di scandalo e malizia. In parte è un resoconto immaginario della vita di prigionia del protagonista «Jean Genet», in parte è una rievocazione realistica della permanenza dello scrittore nella colonia penale di Mettray, dove a sedici anni era stato incarcerato per furto. A Fontevrault Genet ritrova altri reduci di Mettray: il giovane Bulkaen, oggetto di una passione febbrile; Divers, lo «sposo» della giovinezza; ma soprattutto Harcamone, il «fidanzato mistico», bellissimo giovane condannato alla pena capitale per omicidio. Fontevrault, ex abbazia, poi carcere, diventa infine epicentro del desiderio e degli intrecci erotici fra i compagni di detenzione, in un susseguirsi di episodi che costituiscono una sorta di romanzo a puntate in cui i personaggi si ritrovano immersi in un clima di torride e incontenibili pulsioni virili. Su tutti domina proprio Harcamone, che dalla sua cella d'isolamento si manifesta come un'epifania libidinosa e trasmuta agli occhi di Genet le catene che gli serrano i polsi in miracolose ghirlande di rose bianche. "Miracolo della rosa" - qui presentato con prefazione e traduzione rivista di Dario Gibelli - è un'autobiografia visionaria che trasfigura la materia sordida da cui trae origine, fatta di verghe e violenza, e la sublima in poesia. È un'apologia di esistenze marginali sottratte all'ignominia e trasformate in emblemi eroici dalle mistiche alchimie del canto. È una celebrazione della potenza della scrittura, strumento di salvezza e di reinvenzione delle vittime sociali, e una meditazione sulle virtù evasive della fantasticheria - il lusso specifico di chi si trova in un carcere, fisico o simbolico che sia. È l'opera più eccessiva di Jean Genet.