Il Saggiatore: La cultura
Il libro a venire
Maurice Blanchot
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 285
Proust e Artaud, Musil e Hesse, Joubert e Rousseau: questi alcuni degli autori scandagliati nel "Libro a venire". Qui Maurice Blanchot affronta di petto le questioni primarie della scrittura: l'oscura esigenza di scrivere e la morte a cui è condannato ogni autore - quella cui si consegnò Blanchot stesso -; l'antica necessità di mettere l'infinito in una parola e la lotta contro il demone della vocazione; l'incontro con l'immaginario e lo scontro con le leggi segrete del racconto; la metamorfosi del tempo in spazio narrativo e l'insufficienza del linguaggio; il dolore della lettura e l'incomunicabilità della critica letteraria. Soprattutto affronta la domanda ineludibile: dove va la letteratura? Blanchot prova a immaginare la morte dell'ultimo scrittore, col quale sparirebbe il piccolo mistero della scrittura. Non è improbabile: l'era senza parola è già stata e sarà ancora realtà. Un'epoca in cui non solo non esisteranno nuove opere, ma sarà vieppiù impossibile rifugiarsi nelle antiche, perché i signori di quel tempo decreteranno il rogo della Biblioteca di Alessandria, di tutti i libri e di tutti i saperi. Allora l'arte sarà morta, e sorgerà una nuova dittatura. Oppure verrà il Libro: quello premeditato da Mallarmé nel 1866, che Blanchot descrive come un libro a più facce - una rivolta verso il Nulla, un'altra verso la Bellezza. Un libro senza autore, impersonale. Un libro assente, che poggia sul riconoscimento dell'irrealtà, che non sussiste davvero, non si può tenere in mano: un passato inconsumato e un avvenire impossibile. Un libro senza lettore. Raccolta di brevi saggi pubblicati a partire dal 1953 sulla Nouvelle Revue Franoise sotto il titolo «Recherches» e apparsi in volume nel 1959, "Il libro a venire" è fedele alla propria ispirazione originaria: mantenere aperta la ricerca in quel territorio in cui trovare è mostrare tracce e non inventare prove. Frutto dell'età aurea della letteratura, della critica e della filosofia francesi del Dopoguerra, è un'opera che sa nominare l'innominabile, dotata di una forza che supera passaggi di secolo, mutamenti sociali e tecnologici, declino delle arti. Il capolavoro di uno dei massimi teorici novecenteschi della letteratura, che non cessa di parlarci.
Chiedimi scusa
Eve Ensler
Libro: Libro in brossura
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 112
Eve Ensler, abusata dal padre dall'età di cinque anni, scrive per se stessa la lettera di scuse che lui non le ha mai mandato. E firma così il suo racconto più intimo e potente, con cui riscatta tutte le donne che ancora aspettano delle scuse.
L'alba del nuovo tutto. Il futuro della realtà virtuale
Jaron Lanier
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 430
Il termine «realtà virtuale» forse vi farà pensare a vecchi film come Il tagliaerbe o Matrix, ai romanzi di William Gibson oppure a enormi visori che rischiano di far sembrare molto stupido chi li indossa. In verità questa tecnologia ha continuato a evolversi nel corso degli anni ed è attualmente alla base dei più importanti esperimenti in campo medico, informatico e dell'intrattenimento. Lo sviluppo della realtà virtuale è indissolubilmente legato alla vita, quasi romanzesca, dell'uomo che ne è stato padre e pioniere: Jaron Lanier. A soli tredici anni si iscrive all'università, studia matematica, musica e programmazione e vive in una cupola geodetica che ha costruito insieme al padre. Poi si mette in viaggio per la California su una macchina mezza distrutta e approda nell'epicentro creativo della Silicon Valley, dove fonda VPL Research, la prima azienda al mondo a sviluppare interfacce e software per la realtà virtuale. "L'alba del nuovo tutto" di Jaron Lanier è un atto d'amore totale nei confronti del progresso tecnologico e delle sue potenzialità. Nel racconto di Lanier la realtà virtuale è un sogno lucido condiviso da più individui, lo spazio in cui possiamo mettere a frutto la nostra creatività e, al tempo stesso, la chiave per amare ancora di più la nostra esistenza reale. I mondi virtuali che ci attendono nel futuro non saranno un luogo di fuga in cui ottundere le nostre menti, ma un laboratorio in continua evoluzione dove sviluppare le nostre capacità e comunicare e interagire con gli altri. E la creazione di questi mondi può essere considerata una vera e propria forma d'arte, che fonde i linguaggi della programmazione con quelli della musica e del cinema. In un'epoca segnata dall'ingerenza degli algoritmi nella nostra vita e dai timori legati alle intelligenze artificiali, "L'alba del nuovo tutto" è una salutare ventata di ottimismo, il manifesto di una visione radicalmente positiva della tecnologia che mette al centro gli esseri umani e le loro emozioni.
Ghiaccio. Viaggio nel continente che scompare
Marco Tedesco, Alberto Flores D'Arcais
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 159
Una patina gelida avvolge il confine del mondo. Un panorama metafisico di ghiaccio e silenzio che si estende senza interruzioni sotto un sole immobile come una sentenza. Dentro questa bianchezza - divina, pura, violenta - si schiudono energie primordiali, e fossili preistorici convivono assieme a microscopiche creature che con la loro vita sfidano l'eterno. Se esiste un luogo in cui cercare il futuro del pianeta e interrogarne la storia, questo è la Groenlandia, l'isola regina del Circolo polare artico. Il glaciologo Marco Tedesco, uno dei massimi esperti mondiali del cambiamento climatico, ci guida alla scoperta del paese dei ghiacci. Il suo è un avventuroso resoconto scientifico della spedizione da lui condotta nell'Artico, tra lunghi tragitti nella neve, laghi che collassano sparendo nel blu in pochi minuti, improbabili cammelli polari e giganteschi detriti meteoritici. Un percorso che è anche una riflessione sul nostro domani attraverso la scomparsa del presente, dal pericoloso innalzamento del livello delle acque alle folli marce degli orsi bianchi verso l'entroterra in cerca di cibo; fino alla percorribilità sempre maggiore di rotte un tempo inviolabili, come il leggendario «passaggio a nordovest», oggi battute persino da costose crociere turistiche. "Ghiaccio", scritto da Marco Tedesco con Alberto Flores d'Arcais, è il racconto di una terra misteriosa e disabitata, nel quale le operazioni dei ricercatori si alternano all'epopea dei grandi esploratori artici e delle meno note esploratrici, e alle leggende delle rare popolazioni locali. Un viaggio al limite dell'umano, alla ricerca di risposte su di noi che solo il muto ghiaccio sa custodire.
Macchia. Il romanzo dei luoghi
Esther Kinsky
Libro: Copertina rigida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 332
Quando M., il suo compagno, muore, Esther Kinsky decide di partire comunque per il viaggio che avevano organizzato in Italia. Un'Italia lontana dagli stereotipi e dalle cartoline, dalle piazze affollate di turisti, dalle vie dello shopping. È un'Italia, quella che Esther Kinsky visita, immergendosi in profondità nello spirito di ogni luogo per coglierne il mistero nascosto, fatta di villaggi e vigneti, di cimiteri, di vecchi ponti di pietra; un'Italia che vive nelle voci delle persone che la popolano e nei versi degli animali e dei fiumi che la attraversano, descrivendo una geografia insieme fisica e interiore. Parte diario di viaggio e parte narrazione intima che cerca nei luoghi un rispecchiamento dell'anima, Macchia - memore della lezione di Thoreau e del suo Walden - è la testimonianza lirica di un'anima nuda di fronte al dolore della perdita e alla bellezza della scoperta, un pellegrinaggio e una catarsi, da cui si esce con uno stupore sincero e profondo per la capacità di Kinsky di scovare l'universale nel più piccolo dei dettagli: un'arancia al mercato, una foglia, un ricciolo di nuvola.
Vampiri. Una nuova storia
Nick Groom
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 387
Vampiri. Gli angoli di un sogghigno macchiato di sangue. Artigli adunchi avvolti in nuvole di pizzo. Svolazzi di mantelli neri nella brumosa notte vittoriana. Un paletto nel cuore, fasciato di seta. Vampiri. Crediamo di sapere tutto di loro: abbiamo letto Dracula e Intervista col vampiro; siamo stati vittime del loro incanto nel buio di una sala cinematografica; ne distinguiamo le fattezze emaciate, da Max Schreck a Bela Lugosi. Conosciamo i miti, le credenze, il potere del sangue che infonde forza sovrumana nelle loro vene. Non c'è, del resto, creatura che abbia esercitato una presa più magnetica - così simile al mesmerismo dei loro occhi ferali, delle loro voci stregate - sull'immaginario occidentale. Che cos'altro rimane da dire del vampiro? Moltissimo, sostiene Nick Groom, o forse ancora tutto, perché quanto pensiamo di sapere non è che la punta emersa di un vasto continente sotterraneo, misterioso e inesplorato, del quale solo la più rigorosa delle analisi storiografiche può restituire una mappa attendibile; perché la fortuna del Dracula di Bram Stoker e delle sue infinite metamorfosi cinematografiche ci ha fatto dimenticare che la storia del vampiro ha origini antiche, radici che affondano nelle superstizioni dell'Europa orientale, cui l'Illuminismo ha dato sostanza, prima che il Romanticismo le trasformasse in sogni e incubi. In romanzi. Occorre dunque una nuova storia del vampiro, per restituirgli la pienezza di significati - scientifici, culturali, religiosi, simbolici - che gli è propria, per impedire alla mitografia hollywoodiana di appiattirne la figura, in favore di una sensualità che, a ogni nuovo adattamento, smarrisce qualcosa del sentimento perturbante da cui è scaturita. Vampiri è una nuova storia, spaventosa ed eccitante, salutata da più parti come la più autorevole mai scritta, dalla cui lettura si esce con una consapevolezza profonda delle inestricabili sizigie fra leggenda e medicina, letteratura e religione che hanno portato alla nascita di un archetipo immortale.
Sesso, droga e lavorare
Lo Stato Sociale
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 268
La vita. Nascere e crescere. Andare male a scuola, occupare la scuola, fare fuga da scuola per andare al parco. Andare al parco e farsi una canna sotto il sole. Avere le allucinazioni. Pensare a mille cose, non pensare proprio a nulla. Domandarsi che cos'è il nulla? Che forma ha, che odore fa il nulla? Pensare a quanto è bello il sesso, dentro una macchina, dietro un'aiuola. La sera starsene a casa sul letto a sognare. Le stelle, gli abissi, i buchi neri. Nella mente. I Radiohead. Nello stereo. I System of a Down. Sulla maglietta. E poi d'estate al mare. La spiaggia, gli ombrelloni, le ragazze. La vita. Nascere e crescere, e poi... E poi si va a lavoro. L'ufficio, il capo, la scrivania. Giacca e cravatta. Buongiorno e buonasera. Perdere il lavoro, trovarne un altro. Perdere l'altro, cercarne uno nuovo. Vivere per lavorare. Lavorare per vivere. Era meglio fare l'università. Fare l'università e capire che non è servita a nulla. Lo stipendio, poco o niente. Andare a ballare per non pensare al mondo. Il mondo fa schifo ma la vita è bella. Anche quella ragazza è bella. Il suo corpo, bello. La sua voce, bella. Sposarla, farci i figli, forse un giorno divorziare. L'amore. Che cos'è l'amore? L'amore non esiste, non è niente, è tutto. Ma che significa tutto? Com'è fatto il tutto? La vita. Nascere e crescere, e poi... Sesso, droga e lavorare è l'autobiografia del nostro tempo, un romanzo di formazione scritto dal gruppo che più ha saputo dare voce alle speranze e alle delusioni di un'intera generazione. Un libro che racconta chi siamo stati, chi siamo e chi forse saremo, e in cui i protagonisti, alla fine, siamo proprio noi.
Bajkonur, Terra. Il deserto a un passo dal cosmo. Storia di una missione spaziale
Eliseo Acanfora
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 211
Ogni cosa punta verso il cielo. I sogni e le paure, i dolori e le gioie. Per quanto la Terra ci attragga non c'è essere umano che non abbia pensato, almeno una volta, a cosa succede sopra la nostra testa. Chi vive in quel continente sterminato che chiamiamo universo? Cosa accade nell'oscurità dello spazio? Sarà lì che un giorno costruiremo le nostre case? Domande che sembravano destinate a vivere solo nelle speculazioni dei filosofi e nelle fantasie degli artisti. Fino a quando, un giorno, nel luogo più inospitale del pianeta, il nostro sogno ha iniziato a prendere forma. Questo viaggio inizia in una terra che per secoli solo pochi mercanti hanno avuto il coraggio di attraversare, con timore, a cavallo o in groppa a un cammello; un oceano di erba secca, sabbia e detriti, troppo arido per costruirci qualcosa, troppo povero per essere conteso da qualcuno: è il deserto del Kazakistan, il luogo dimenticato da Dio che l'essere umano ha fatto diventare il suo trampolino di lancio per l'eternità. Nel 1953, infatti, un pezzo senza nome di quel deserto, sulle rive del fiume Syr Darya, venne invaso da un manipolo di alieni, di cui tutti avevano sentito parlare, ma che nessuno aveva mai visto: i russi. Furono loro a intravedere in quell'arsura, lontana da tutto ma vicina al cielo, il luogo più adatto a ospitare la «città delle stelle», il primo passo verso una straordinaria corsa allo spazio. "Bajkonur, Terra" - esordio letterario di Eliseo Acanfora, sceneggiatore dell'omonimo film documentario presentato al Vancouver International Film Festival e realizzato dal Saggiatore in partnership con Rai Cinema, Lux e The Piranesi Experience - racconta questa storia, fotografa i luoghi proibiti, dà voce agli abitanti del posto. Una narrazione costruita per tempeste di sabbia, bandiere sovietiche, reliquie di scienziati, immagini marziane e ultrasuoni, attraverso i quali l'autore immortala la più antica e argonautica delle ambizioni: conquistare l'universo, rendere abitabile l'infinito.
Scritti in mostra. L’avanguardia come zona 1958-2008
Fabio Mauri
Libro: Libro in brossura
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 288
Il corpo di Pier Paolo Pasolini usato come schermo per la proiezione del Vangelo secondo Matteo; una giovane donna con la stella di David tatuata sul petto, che si taglia i capelli e li usa per formare lo stesso segno su uno specchio; un muro di vecchie valigie che racchiude ogni muro, ogni storia insanguinata del Novecento; la sagoma di un monitor che preme sotto una tela, reclamando la sua ingombrante presenza. Sono sufficienti poche opere a testimoniare la varietà e l’ampiezza semantica della produzione di Fabio Mauri, uno dei più grandi maestri dell’avanguardia italiana. All’origine della sua arte tragica ed eretica – eppure segnata da una vena di malinconia che raggiunge lo spettatore come una carezza –, le esperienze esistenziali e politiche dei suoi primi diciotto anni di vita: la guerra, la conversione, gli amici ebrei mai più ritornati, la follia e l’internamento. Esperienze indagate e rimodulate attraverso i linguaggi e i materiali più diversi: dagli schermi degli anni cinquanta – ad attestare la precoce consapevolezza che quell’oggetto sta diventando la principale forma simbolica del mondo –, fino alle più recenti installazioni degli anni zero; e ancora, dall’objet trouvé alla performance, dalle proiezioni alla scrittura. Scrittura che è centrale nella sua pratica artistica, come evidenzia il contributo alla fondazione delle riviste Il Setaccio (con Pasolini), Quindici (con Eco, Sanguineti, Pagliarani, Balestrini, Porta, Arbasino, Manganelli), La città di Riga (con Kounellis). Scritti in mostra testimonia il cruciale rapporto tra un artista e la sua curatrice. I testi che lo compongono hanno accompagnato il percorso estetico di Fabio Mauri per cinquant’anni, fino a quando, grazie all’iniziativa di Francesca Alfano Miglietti, sono stati raccolti in un unico volume. Alcuni sono nati come parte integrante di una mostra o come analisi di un’opera o di un autore, altri sono appunti in qualche modo autobiografici: istanti privati che diventano drammaticamente pubblici. Se questo avviene è grazie a una voce che rompe l’omogeneità a cui ci ha abituati gran parte dell’arte contemporanea, raccontando, attraverso una critica serrata all’ideologia, un secolo della nostra storia.
Preghiera orientale. Testo francese a fronte
Victor Segalen
Libro: Copertina rigida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 205
Cime irraggiungibili, disumani silenzi e vertigini solari. Sono questi i luoghi della poesia di Victor Segalen: preghiere dedicate al Vuoto e all'Altezza, all'Infinito e al Diverso, raggrumate nelle sue due uniche raccolte in versi, Odes e Thibet, e consegnate ora per la prima volta al lettore italiano. Medico della Marina francese, viaggiatore e archeologo, Segalen è stato il naturale successore dei suoi connazionali e maestri Charles Baudelaire e Arthur Rimbaud, con i quali condivide l'immaginario lirico e metrico e le mappe interiori di un voyage da consumarsi sublimemente tra le geografie ignote della propria fantasia. Spirito inquieto - si spinse dalla Francia agli Stati Uniti, dal Giappone all'Africa, dalla Manciuria alla Polinesia -, Segalen viaggiava più per ossessione che per piacere, più per inerzia che per diletto: marinaio, odiava il mare; storico dell'arte, era convinto che la bellezza risiedesse nell'immaginazione e non nelle tracce dell'essere umano sulla Terra. Anche per questa sua smisurata e apolide sensibilità, arrivato in Cina, dove le due raccolte sono ambientate, ciò che lo coinvolse non furono le miserie e lo splendore dell'Impero, ma la sottile, invisibile soglia che separa il regno degli uomini da quello degli spiriti, di cui si odono canti nascosti tra le rocce che il poeta è convocato ad ascoltare. Con la traduzione e la cura di Federico Pietrobelli e un illuminante scritto di Giorgio Agamben, "Preghiera orientale" è l'ultimo lascito di una delle voci più importanti della poesia moderna, e un invito commovente al silenzio e alla meditazione.
La pioggia gialla
Julio Llamazares
Libro: Copertina rigida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 163
Non è rimasto nessuno ad Ainielle. Se ne sono andati gli uomini e le donne, i pastori e i contadini, i giovani, i vecchi, gli animali. Rimangono i serpenti, nascosti sotto le rovine delle case. E rimane Andrés. Erano lui e sua moglie, prima, poi Sabina si è impiccata nel mulino abbandonato e ora, a fargli compagnia, non rimane che una cagna macilenta. Anche i villaggi vicini si stanno svuotando, dissanguati dalla guerra e da un progresso senza nome e senza pietà. Ma Andrés non ha intenzione di andarsene, nemmeno quando la pioggia gialla del tempo comincia a cadere e i fantasmi dei suoi morti tornano a visitarlo. Romanzo più per convenzione editoriale che per essenza, perché la sua natura è più vicina all'elegia e alla trenodia, di cui riprende l'ossessione per le anafore e le ripetizioni, "La pioggia gialla" è - nelle parole di Andrea Gentile, dalla postfazione che chiude il libro - romanzo della pura morte, poiché tutto, nella vicenda di Andrés, è fine, ma anche romanzo della pura vita, perché è il suo respiro, costante, affannato, a imprimere alle pagine il ritmo slavinante di un postremo testamento che è, insieme, un inno all'umana resistenza.
L'età della tigre
Ivan Carozzi
Libro: Copertina rigida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 219
La gigantografia di un individuo in pelliccia sintetica rosa appare un mattino sui muri di Milano. Il suo nome è Sfera Ebbasta, la sua voce soffia dal ventre dell'Auto-Tune, le sue gengive ospitano denti dorati. Chi è quella creatura fluorescente in agguato ovunque, fra i mezzanini della metropolitana e nelle piazze scintillanti del centro? Perché la trap e i suoi eroi di plastica si sono insinuati nei nostri discorsi e nei nostri sogni? Cosa ci dicono di noi? A chiederselo è uno scrittore smarrito, che per rispondere deve scoprire il vuoto tra la sua generazione e quella di chi oggi ha vent'anni. Provando ad abitare quel vuoto con la scrittura, finisce però per interrogare in modo sempre più intimo se stesso e il suo tempo; per vagare a caccia di un incontro rivelatore in una città doppiata dai social network, tra quartieri che sembrano rendering in cui pullulano figure a una dimensione e mercati multietnici simili a una delirante V?r?nas?. "L'età della tigre" è una narrazione asimmetrica e randagia; il toccante resoconto di un tempo esausto e dei suoi inconsapevoli desideri.