Antipodes

Un uomo ha perso il suo cilindro, a cui tiene molto, e chiede ai passanti se lo hanno visto da qualche parte. Ognuno dà una risposta diversa lasciando l'uomo insoddisfatto. Dove si trova il cilindro? Lo hanno rubato? È rotolato fino al mare? O si trova nei ricordi? O forse è diventato il desiderio irrealizzabile, l'assenza di stelle, la notte più profonda? O forse una parola, un suono, un'immagine o una costellazione? O ormai del cilindro non si può più dire nulla? “Alla ricerca del cilindro perduto” è un'opera teatrale ispirata al teatro dell'assurdo, con un finale comico.  Non significa niente se non quello che leggerete o ascolterete.  È un gioco e, in quanto tale, vuole divertire.

"Di questo prezioso volume, infatti, io mi sono stupita di leggere le parole su carta visto che io, questi “racconti teatrali”, ho avuto il piacere di vederli a teatro, di viverne il gesto, la profondità della voce. Leggerli è stato un gran piacere perché Angelo è un bardo, un canstastorie e quando è sulla scena si muove talvolta come un giullare, poi come una marionetta, poi come danzatore, poi come un musicista, insomma fa come fa un attore. Sulla carta è capace di fissare le storie che andrebbero raccontate attorno ai fuochi, e poi tramandate dai padri e dalle madri ai propri figli e figlie."

La morte di nonna Aurora è la motivazione del ritorno di Brizio a Castro dopo vent'anni. Tra le case di corte, i frantoi ipogei e le masserie storiche c'è la villetta avuta in eredità e in essa un grande baule in cui è conservato un segreto che si rivela un pericolo per la sua stessa identità. Da quel baule, Brizio apprende che la sua storia è stata decisa da altri. Nel paese egli ritrova anche la ragazzina magra come un manico di scopa, con la quale baruffava da piccolo, diventata un'avvenente docente universitaria, che non lo lascerà solo in un momento di svolta della sua vita.

Molti malesseri fisici e psichici tipici dell'età moderna dipendono, o sono quantomeno accentuati, dalla mancanza dei punti di riferimento biologici, difficilmente percepibili nel contesto urbano. Ritmi, luci e suoni della città, infatti, hanno soffocato tutti quei segnali dell'ambiente che mutano nel giorno e nelle stagioni, e che potremmo (e dovremmo) percepire se vivessimo in un ecosistema più naturale. Dalla necessità di rinnovare simili percezioni nasce “Andare per boschi”, ovvero i luoghi in grado di riaccendere il senso di appartenenza alla natura e riattivare il nostro sentire sensoriale. Questo libro propone, perciò, un insieme di spunti per riscoprire quella sensibilità nei confronti di quanto vive con noi e intorno a noi.

Nella prima novella, improvvisamente, Maria e Ruggero cominciano a manifestare comportamenti bizzarri incrinando l'equilibrio dei propri cari. Nella seconda novella, Manuela e Lorenzo vivono un'appassionata storia d'amore nonostante il loro profondo sentimento di attaccamento alle rispettive famiglie. Quale sarà la reazione delle famiglie di Maria e Ruggero? Che esito avrà la storia d'amore tra Manuela e Lorenzo? Sono queste le due uniche domande che la lettura di “due novelle” ci porrà?

«Dire d'Amore non è affatto facile, è giustamente "ineffabile", è un qualcosa che, per infinita varietà e diversità, reclama profondità di pensiero e visione d'insieme, di tutto un insieme difficilmente esprimibile in un lessico e in una semantica precisi. Maria Giusti è del tutto consapevole di tale limite e di tale rischio, ma da poeta osa e si concentra sul tema, unico, avvalendosi per lo più di un linguaggio classicheggiante rispetto a una materia che non ammette distrazioni o divagazioni» (dalla prefazione di Ida Di Ianni)

“Lara non era una donna avvezza all'allegria, non lo era mai stata e non intendeva certo cambiare adesso che doveva pensare a due persone e non più solo a se stessa. Lara non aveva mai cercato in tutta la sua vita la felicità e non perchè le fosse stata impedita o imposta dai suoi mutevoli umori, ma perché non credeva in cuor suo che una donna potesse realmente essere felice. Aveva imparato a bastarsi...”. Dalla brughiera gallese al Medio Oriente passando per il deserto del Sahara, “La luce in questa notte” è il racconto di un viaggio intimo e intenso e del coraggio universale di una donna di fronte al suo ineluttabile destino.

Con questa raccolta poetica, l'autrice accompagna il lettore nel suo mondo interiore, il suo “mondo intimo”, dà voce a paesaggi e sentimenti, in particolare all'amore e alcune sue sfumature, che oltrepassano la soggettività per raggiungere tutti coloro che sentono la vita con estrema sensibilità. Ognuna di queste poesie nasce da un vissuto personale fissato come fotografia sulla pelle, che si rivela sulla pagina bianca “con inchiostro disperato” nella sua necessità di comunicare, di “svestire la parola”, e farsi traccia, “corpo” visibile e vivo.

Questo libro è un abbraccio per chi si riconoscerà tra poche semplici emozioni, per chi si commuoverà a ricordare, per chi sente di essere stato lì, dietro a un soffione… chiude gli occhi e sogna ancora. Età di lettura: da 4 anni.

Una storia che descrive la vita tranquilla di un cane San Bernardo e degli amici umani che lo circondano. Vicenda che riassume in sé la vita serena di un borgo che può contare sull'aiuto vicendevole. Giò, il cane San Bernardo, è felice perché vive in un posto dove tutti si aiutano, dove esistono buone relazioni, così anche la morte acquista significato e si inserisce naturalmente nel ciclo della vita. Età di lettura: da 5 anni.

Carlo ha girato il mondo, lavorando duramente alle dipendenze di società di megacostruzioni per la realizzazione di acquedotti, gasdotti e oleodotti. IBO "uomo bianco", così lo chiamavano i bambini affamati della Tanzania, da ogni viaggio è tornato carico di esperienza, non solo lavorativa. Il suo è stato un lungo e duro processo di crescita personale. Ha constatato che la miseria è tremenda a tutte le latitudini e la voglia di migliorare è insita in ciascuno, purché se ne creino le occasioni.

«Vi sono libri in cui le immagini fanno da illustrazione a ciò che è scritto e vi sono libri dove, al contrario, ciò che è scritto serve a commentare le immagini. Questo di Tano Siracusa non è né l'uno né l'altro. È un libro di fotografie ma è anche un libro sulla fotografia e sul fotografare, è un libro in cui le foto vengono meravigliosamente narrate in un delicato e sorprendente gioco tra scrittura e immagine» (dalla prefazione di Alfonso Maurizio Iacono)