Il Saggiatore: La cultura
Scoperte
Leonard Bernstein
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 466
Quella di Leonard Bernstein, compositore e direttore d'orchestra statunitense tra i più innovativi e travolgenti, è stata un'opera di scavo nella cultura musicale e sociale durata cinquant'anni, dalle astrazioni delle "Piano Variations" di Aaron Copland del 1930, alle lotte fra gang nella New York anni cinquanta di "West Side Story", all'evaporazione delle avanguardie agli albori degli ottanta, passando per il terrore nucleare, la lotta per i diritti civili, la Guerra fredda, la strage in Vietnam. All'apice della popolarità, Bernstein si ferma a raccogliere i suoi scritti e crea un mosaico di immagini e suoni, vite e vicende che restituiscono il volto radicale dell'America, un ritratto vivido in cui la storia civile confluisce in quella musicale e la musica si fa strumento di trasformazione della civiltà. Ne le "Scoperte" il compositore esplora i continenti antichi della musica classica, le nuove città del pop e gli edifici in chiaroscuro del jazz. Da ogni scoperta affiorano infinite storie, ricordi personali e interpretazioni collettive: memorie che attingono all'infanzia, alla vita famigliare e alla precoce educazione musicale, come ai fatti di cronaca, ai drammi e alle rivoluzioni che hanno segnato il Novecento, o ancora analisi illuminanti sui maestri di sempre, Beethoven e Mahler, Mozart e Stravinsky, ma anche Koussevitzky e Copland. Senza mai perdere di vista i veri destinatari della sua arte: i giovani, a cui Bernstein dedica musiche, ascolti, lezioni, concerti, in un costante e trascinante coinvolgimento. "Scoperte" è per Bernstein anche un'occasione per ripercorrere i momenti cruciali della propria carriera, attraverso teatri indimenticabili e incontri straordinari, opere di successo come "West Side Story", "Candide" e "On the Town" e pietre miliari come "Kaddish". E, infine, per aprire ai lettori lo scrigno prezioso in cui ha accumulato negli anni documenti, lettere, poesie, scritti critici, fotografie intime che restituiscono oggi il ritratto di un compositore e uomo formidabile, un cittadino del mondo che ci chiede di ammirare insieme a lui la bellezza che si cela dietro ogni scoperta.
La guerra dei trent'anni 1618-1648
Veronica Wedgwood
Libro: Libro in brossura
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 494
Praga, 23 maggio 1618: nel vuoto sotto le finestre del castello di Hradcany non si è ancora spento l'ultimo grido dei governanti defenestrati dalla rabbiosa folla cittadina che già l'Europa affila le armi. Il continente è un calderone che ribolle di tensioni e desiderio di riscatto - cattolici contro protestanti, Borboni contro Asburgo, principi elettori contro autorità imperiale, vecchie e decadenti potenze contro bellicose dinastie in ascesa - e l'episodio boemo è tutto ciò che serve per far saltare il coperchio. "La guerra dei Trent'anni" è l'appassionante racconto dell'ultima, sanguinosa guerra di religione dell'Occidente, un conflitto che ha coinvolto ogni potenza del vecchio continente, dalla Spagna alla Svezia, dall'Inghilterra alla Francia. Di massacro in massacro e di devastazione in devastazione, Veronica Wedgwood ripercorre come in un romanzo le trame di quelle tre decadi di follia e violenza, liberando i fatti da pregiudizi e stereotipi e mostrando, con argomentazioni lucide e ben documentate, in quale modo il lacero scenario emerso dalla fine della guerra abbia determinato il futuro dell'Europa. In queste pagine Veronica Wedgwood affronta un momento di svolta nella storia europea: un periodo convulso, in cui la caccia alle streghe e la Controriforma coesistevano con le intuizioni di Keplero e i primi vagiti del pensiero scientifico, gli interessi economici e politici andavano a braccetto con le professioni di fede e l'apostasia, e l'inefficiente diffusione delle notizie tagliava fuori l'opinione pubblica dalle decisioni più importanti che la riguardavano. L'ultima occasione in cui abbiamo lasciato che fosse la mano di Dio a guidare la nostra barbarie; la prima in cui abbiamo capito che potevamo continuare anche da soli. Prefazione di Anthony Grafton.
Lettere dal carcere
Nelson Mandela
Libro: Libro in brossura
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 812
Quanto a lungo si deve urlare la parola «libertà» prima che acquisti davvero un valore? Quanto tempo deve passare prima che il domani sia un giorno nuovo? Per ventisette anni Nelson Mandela, l'uomo che avrebbe guidato il paese fuori dal regime di segregazione razziale che lo soffocava da quasi mezzo secolo, non è stato altro che una sigla: un anonimo numero di matricola che identificava un prigioniero come tanti in una delle strutture carcerarie del paese. Eppure proprio in quelle celle, nel silenzio dell'isolamento, nella fatica dei lavori forzati, ha preso forma il mito che avrebbe sgretolato il sistema di oppressione dell'elite bianca. Le "Lettere dal carcere" di Nelson Mandela sono un documento fondamentale del Novecento. La testimonianza unica e in presa diretta della determinazione, delle difficoltà e della fede nel progresso di una delle grandi icone politiche del nostro tempo: dal primo, durissimo periodo, quando gli era concesso di scrivere una sola lettera di cinquecento parole ogni sei mesi, agli scambi con le grandi personalità internazionali negli anni ottanta; dalle umiliazioni, vessazioni e privazioni di Robben Island - non gli fu permesso di partecipare al funerale della madre e nemmeno a quello del figlio Thembi - alle struggenti parole di amore e lotta inviate alla moglie Winnie, anche lei attivista e anche lei rinchiusa in prigione. Nel centenario della nascita di Nelson Mandela, il Saggiatore pubblica in contemporanea mondiale le sue inedite "Lettere dal carcere", un epistolario di rara forza che ci permette di scoprire il volto umano di un gigante nel momento più duro della sua esistenza. Pagine che, pur raccontando un presente affannoso - la sofferenza della reclusione, le preoccupazioni per le persecuzioni politiche contro amici e parenti, l'angoscia di dover fare da padre ai propri figli senza avere nemmeno la possibilità di vederli -, ci parlano di speranza e di valori senza tempo. Perché il lungo cammino verso la libertà può iniziare anche nel freddo di una gabbia senza finestre, e la convinzione dell'inevitabilità dell'alba spazzare via da sola le tenebre più scure.
Shadowbahn
Steve Erickson
Libro: Copertina rigida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 312
A vent'anni dal crollo, d'improvviso riappaiono le Torri Gemelle. Il primo a vederle è Aaron, l'autista di un camion rosso e oro, sul paraurti un adesivo: «Salvate l'America da se stessa». Aaron le scorge dietro una curva della Highway 44, mentre viaggia sulla striscia d'asfalto che taglia l'orizzonte desolato del South Dakota. È lì che le Torri riappaiono, identiche a prima: non a New York, nel cuore di Manhattan, ma a margine del luogo che più di ogni altro rappresenta l'anima randagia degli Stati Uniti. La strada. Migliaia di persone accorrono, attratte dai due megaliti di vetro e cemento apparentemente deserti, e dalla musica che sembrano emanare, una canzone diversa per ciascuno. Più in alto, rinchiuso al novantatreesimo piano della Torre Sud, c'è Jesse Presley, il gemello nato morto di Elvis, ossessionato da una voce che è sua ma non gli appartiene. Quattrocento metri più in basso e mille chilometri più in là, i fratelli Parker e Zema corrono verso le Torri nel buio della notte, inseguiti dal lutto per un padre tenero e folle e dall'assenza di una madre lontana. Le loro storie si uniscono nel malinconico inventario delle voci d'America: "Shadowbahn" è un grande romanzo corale che unisce il canto degli schiavi e quello dei marinai, il canto d'amore e quello del commiato. Fra le Torri Gemelle, collocate sui versanti opposti di un abisso, le vite vere si confondono con le vite possibili e il passato recente converge in un futuro prossimo e abnorme. i fantasmi di JFK, Elvis e Andy Warhol incontrano gli spiriti degli ultimi vent'anni e di oltre un secolo fa, in una comunione spettrale che è il racconto epico di ieri e di domani: un viaggio lungo una strada d'ombra, come d'ombra è la scrittura di Steve Erickson, capace di catturare l'anima di un paese smarrito, in un tempo da ritrovare.
Gli ultimi giorni di agosto
Massimo Bocchiola
Libro: Libro rilegato
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 147
Ultimi giorni di agosto. La luce al crepuscolo colora delle tinte più vive i fiori ancora ricchi e i frutti nei pometi. È la stagione di frenesie di insetti, di passiflore che si avvinghiano ai fili con viticci sinuosi; nella Bassa Padana è il momento del raccolto per il riso e la meliga, e più in alto per le uve mature. Eppure nulla come la fine dell'estate promette il declino della vecchiaia, l'approssimarsi di un dopo, il ritorno di barlumi di memoria simili a fuggevoli malie. Un uomo vede la sua casa riempirsi dei frantumi del passato; allo specchio, sul suo volto, osserva i volti delle generazioni che lo hanno preceduto, spettri che proliferano attorno a lui fino a farsi patologia, febbri a cui opporre contravveleni e palliativi. "Gli ultimi giorni di agosto" ricompone quelle febbri in un romanzo di consunzione, un canzoniere in prosa per frammenti e presagi in cui la vita abbraccia la scrittura. Episodi minimi mostrano l'estate del tempo nel suo dissiparsi: una giornata trascorsa col padre, i corpi acerbi di un ragazzo e una ragazza che spingono le bici in mezzo alla campagna, la pelle di un serpente ritrovata sulla tomba di famiglia. In questo perdersi dell'istante nell'universale emerge l'antidoto di secondi, minuti, a volte interi giorni di felicità: un gol di Paolo Rossi, l'ombra rinfrescante di un albero lungo la strada, l'immersione nella sensualità di organismi desideranti. È qui che la scrittura dischiude la memoria alle epifanie dell'aforisma, traccia linee che congiungono la biografìa più intima alla letteratura: al mito dell'assenza di Moby Dick, alla scomparsa di Bruno Schulz, al fantasma di Henry James. Negli Ultimi giorni di agosto Massimo Bocchiola, trai maggiori poeti e traduttori contemporanei, disegna nella Pianura Padana la torrida geografia di un passato e, trattenendone sulla pagina le risonanze, costruisce un romanzo familiare dagli echi pascoliani. Una biglia di vetro in cui dare asilo ai volti perduti nell'ombra.
La paura in Occidente. Storia della paura nell'età moderna
Jean Delumeau
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 616
Paura degli spiriti dei morti. Paura delle tenebre. Paura delle tempeste. Paura delle bestie feroci. Paura del mistero femminile. Paura di sciagure, carestie, cataclismi, epidemie. Paura dell'ira di Dio, dell'apocalisse. E allora dagli all'untore. E allora avanti con la caccia alle streghe. L'uomo ha sempre avuto bisogno di individuare qualcuno da temere (e punire) per dominare l'angoscia ancestrale. La paura ha governato la storia umana nei secoli dei secoli. Jean Delumeau scrive la storia della paura in Europa tra XIV e XVIII secolo: indaga le attrezzature mentali della società preindustriale e scova una nebulosa anonima, onnipresente e persistente che, in forme più o meno consapevoli, ha costituito il basso continuo, il nerbo dei modelli di comportamento - in breve, la radice di tutte le pratiche culturali dell'Occidente. Perché la paura è un dispositivo essenziale per sottrarsi ai pericoli e sfuggire provvisoriamente alla morte; ma protratta all'infinito e nell'indefinito diventa una minaccia per l'equilibrio psichico individuale e collettivo. Come controllarla? Frammentandola; fabbricando paure particolari; oggettivando l'angoscia. Passando da un sentimento viscerale ingovernabile a un nemico dotato di volto e nome. I detentori del potere della civiltà europea stesero così l'inventario dei mali che Satana era capace di provocare e la lista dei suoi agenti: musulmani, ebrei, eretici, donne, e soprattutto streghe, maghi, uomini neri. Fu tranquillizzante pensare la peste come un flagello mandato da Dio per punire l'umanità peccatrice. Fu la soluzione al trauma collettivo. "La paura in Occidente" è il saggio con cui Jean Delumeau sonda questa corrente sotterranea della storia umana. Una ricerca che ricorre alla più ampia messe di fonti e si avvale degli strumenti che le più diverse discipline - dalla storiografia alla psicologia alla sociologia - hanno offerto a chi intenda verificare la genesi delle nostre mentalità, cultura, idee. Una lezione necessaria per comprendere l'immaginario contemporaneo.
Il collezionista di bambole
Joyce Carol Oates
Libro: Copertina rigida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 272
Ammazzate. In questi sei racconti neri di Joyce Carol Oates le bambole vengono barbaramente uccise: sono animate ma condannate a tornare mute e immobili, in fila nei loro lettini di paglia, gli occhi di marmo spalancati sull'orrore. Una bambina viene adescata con lusinghe carezzevoli dal padre dell'amichetta e data in pasto a un essere mostruoso. Una ragazza esplode sotto i colpi di una violenza ingovernabile nel silenzio composto e rarefatto di una dimora borghese. Un'ereditiera è stritolata in una morsa di paura da creature ancestrali affiorate dagli abissi di un paradiso equatoriale. Joyce Carol Oates gioca con i suoi personaggi come un sapiente e diabolico burattinaio: ci sono prede e ci sono predatori trasformati in prede, in una cigolante altalena sospesa nel vuoto che scaraventa il lettore nel baratro più oscuro e profondo dell'immaginazione. Il suo universo narrativo è un mare di catrame in cui ribollono personalità alienate, bestie primitive e fragili vittime abbandonate a se stesse. Ma è anche il nucleo scuro e pulsante della società americana, la società che sotto la patina dorata di un provincialismo perbenista tenta di celare il proprio vero volto - sinistro, inquietante, spettrale. Tra capannoni abbandonati, ali dismesse di fattorie del New Mexico e località di villeggiatura affacciate sull'Atlantico, Joyce Carol Oates spara colpi di revolver precisi, infallibili, che vanno dritti al cuore avvelenato dell'America. Dopo "Epopea americana", Joyce Carol Oates torna a scandagliare la crudele vulnerabilità umana, evocando le esplorazioni di Edgar Allan Poe, Howard Phillips Lovecraft, Thomas Ligotti. Con "Il collezionista di bambole" restituisce al genere nero il suo naturale complemento di candore: la follia che diventa congegno di morte nasconde una traccia di tenerezza, un incantamento segreto, soffice e morbido come l'imbottitura di una bambola.
Monsieur Croche. Tutti gli scritti
Claude Debussy
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 342
Acuti e irriverenti, severi fino alla stroncatura o talmente ironici da risultare dissacranti, gli scritti critici di Claude Debussy costituiscono una delle testimonianze più sfrontate mai offerte dalla critica musicale e una fucina eclettica di riflessioni sulla scena contemporanea e sulle indimenticabili opere del passato. Presentati talvolta in forma di conversazione con un certo Monsieur Croche, ineffabile alter ego dell'autore, e ospitati a partire dal 1901 sulle riviste culturali e sui quotidiani più autorevoli del Novecento - "La Revue blanche", "Gil Blas", "Musique" e "Le Figaro" -, gli articoli e le recensioni di Debussy rivelano, nel loro tono sublimemente anarchico, il lato più intimo del compositore francese e, insieme, gli immaginari sonori che ne hanno nutrito la profonda sensibilità. Da queste pagine traspaiono la sua insofferenza per artisti come Gluck, Berlioz e Saint-Saéns e l'amore incondizionato per Ra-meau, Musorgskij e Cari Maria von Weber. Debussy vi matura le sue considerazioni più profonde e rivoluzionarie sui deleteri metodi del conservatorio nell'educazione dei giovani compositori, sul repertorio anacronistico dei teatri d'opera parigini e sulla nascente cultura di massa che, sull'onda di un incontrollabile progresso scientifico, proprio in quegli anni fa germinare l'industria discografica. Monsieur Croche, che per la prima volta il Saggiatore presenta in Italia, porta finalmente alla luce tutti gli scritti di Claude Debussy, restituendo interezza al suo pensiero e alla verve che ha scandalizzato i suoi contemporanei. Un'attività, quella di critico, che per Debussy ha rappresentato un ulteriore esercizio di libertà espressiva e che apre nuovi sentieri per avvicinarsi alla sua storia e alla sua opera, per sfiorare la natura misteriosa e irriducibile della creazione musicale e per riscoprire, da questa angolazione privilegiata, la scena artistica più fertile e policroma del XX secolo.
Manuale operativo per Nave Spaziale Terra
Richard Buckminster Fuller
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 172
R. Buckminster Fuller, eclettico genio statunitense, affida a questo "Manuale operativo per Nave Spaziale Terra" decenni di riflessioni sul futuro dell'umanità. Messaggi lanciati nello spazio, progetti avanguardistici, profezie destinate a realizzarsi negli anni a venire che rispondono a domande sempre più urgenti: come sopravvivremo alle crisi che stanno sopraggiungendo? come risolveremo i problemi più critici, l'inquinamento, la povertà? Dagli albori della civiltà gli umani hanno dovuto specializzarsi in occupazioni e conoscenze sempre più vaste - dalla scarna illuminazione di una grotta di pochi metri al governo di un regno o di un impero, dalle precarie tecniche di caccia e allevamento a quelle di produzione industriale. Il fascino della conquista ha donato agli abitanti delle terre emerse re, inventori, artisti, mostri, scienziati destinati a possedere un'immaginazione straordinaria e a inseguire i sogni e gli incubi dell'esistenza, mentre miliardi di anonimi individui si sono perfezionati in un ruolo specifico per mandare avanti gli ingranaggi del pianeta. Quando hanno scoperto il mare, gli umani si sono resi conto di quanto modesti fossero i territori fino ad allora esplorati, e una domanda di infinitudine li ha spinti ad abbandonare il proprio status di pedoni per conquistare, come Odisseo, nuove forme di paesaggio e di sapienza. Molto più tardi hanno capito che era possibile abitare anche il cielo, i pianeti, le galassie, l'universo. Davanti a quell'immensità, la vita del pianeta Terra è apparsa ancora più microscopica, la sopravvivenza più che mai minacciata dall'esiguità delle risorse. A guardarla dallo spazio, infatti, la Terra è una sfera sospesa in mezzo a miliardi di altre. È una piccola nave che solca lo spazio, l'umanità il suo timoniere. Che cosa dobbiamo fare noi, ultimi esseri umani, perché questa navicella, oggi in avaria, resista all'inevitabile collasso? Buckminster Fuller mette in discussione il concetto millenario di specializzazione, chiede una rivoluzione progettuale e offre consigli sul modo in cui guidare questa nave spaziale verso un futuro sostenibile. Per farlo, afferma, è indispensabile distogliere il nostro sguardo dalla limitatezza del dettaglio e ammirare il mondo nell'immensità del suo insieme.
Freaks. Miti e immagini dell'io segreto
Leslie Fiedler
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 470
Dal generale Tom Thumb, il nano del Connecticut che incantò la regina Vittoria, a Millie e Christine, le sorelle siamesi afroamericane che vissero tutta la vita da schiave (di terzi, oltre che l'una dell'altra). Dal circo di P.T. Barnum ai film di Tod Browning e Federico Fellini; dalla Venere ottentotta, le cui enormi natiche nel 1815 mandarono in confusione mezza Parigi, a Lady Olga Barnell, che a dispetto dei baffoni e di trentatré centimetri di barba si sposò ben quattro volte. Il freak, il fenomeno da baraccone, lo scherzo della natura, è da sempre sinonimo di anomalia. Oggetto nei secoli di attenzioni contrastanti, nani, gemelli siamesi, giganti, ermafroditi, donne barbute e uomini elefante hanno suscitato riso e timore, compassione e scherno, repulsione e attrazione, turbamento metafisico in chi della norma si è ritenuto portatore e difensore. Fino a diventare un vero e proprio modello nella controcultura giovanile degli anni sessanta e settanta, che ha fatto di quegli emarginati dei supereroi. Leslie Fiedler affonda lo sguardo in questo viluppo di mitologie, stereotipi e narrazioni, trasformandolo in una critica del rapporto con il diverso, con l'altro da sé - un grado ulteriore dell'essere a cui può avere accesso chi sappia superare le convenzioni dell'apparenza. Con "Freaks" il Saggiatore restituisce al lettore un classico della critica culturale contemporanea, arricchito dalla prefazione inedita di Vittorio Giacopini. Un'opera che dal 1978 non ha mai smesso di fecondare il nostro immaginario. Un invito ad alzare il tendone e a guardare con occhi nuovi il freak che abbiamo davanti: dietro quei peli, quel costume di scena e quei tratti deformati, potremmo ritrovare il nostro volto.
Cantico dei cantici
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 325
Un canto d'amore tra il cielo e la terra, tra il sole e l'ombra dei cedri e dei ginepri, tra la polposità della carne e la sospensione della preghiera, tra l'abisso umano e la grazia di Dio. Un inno umile e regale all'ebrezza del vino che si mesce nelle coppe d'oro, all'attrazione che sfrena la passione degli amanti, alla Sapienza che guida i saggi e gli spiriti puri, alle cime d'erbe odorose nelle vigne in cui si raccolgono i frutti succosi. Il Cantico dei Cantici, attribuito a re Salomone, è testo di impareggiabile bellezza, idillio rarefatto e drammatico la cui potenza l'ha fatto ascendere alla santità delle Sacre Scritture, testimonianza profana di amore assoluto tra gli esseri umani e voce ammaliante dal significato ancora oggi misterioso. Da millenni mistici ed esegeti tentano di risolverne l'enigma, consegnandoci letture spesso contraddittorie e richiamando storie e personaggi che la tradizione biblica ha scolpito nell'immaginario. Ma leggere questo canto modula ogni volta suggestioni diverse, evocazioni sublimi e indecifrabili, dimentiche del loro contesto storico, destinate a esistere al di là del tempo e dello spazio. In questa nuova edizione, curata e tradotta dal poeta e studioso Andrea Ponso, si aprono inaudite e sorprendenti possibilità di lettura. Recuperando le sfumature e gli accenti spirituali dei versi originari, Ponso scava tra le parole per discostarsi dalla vulgata. Non recide il significato dal corpo del significante, dando così vita a un'esperienza del testo che è pratica meditativa in atto; e porta a nuova luce, nel suo splendore, la grazia del più grande canto d'amore di tutte le letterature.
Kronos
Witold Gombrowicz
Libro: Libro rilegato
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 386
«Kismetè una parola turca che significa "destino". Gombrowicz la scrisse, come fosse il sigillo posto a custodia della sua esistenza e insieme la sua inevitabile deriva, nelle pagine del diario privato: Kronos. Kronos come il dio del Tempo, Crono, che divorò i propri figli: un titolo in assonanza con il suo ultimo romanzo, Kosmos ( Cosmo ); l'Ordine e il Tempo, due elementi centrali della nostra esistenza: sfuggenti, indefinibili, spesso in antitesi. Kronos è proprio un tentativo di puntellare il Tempo: di dare un Ordine al Caos. Il suo valore risiede nel fatto che ci permette di conoscere un Gombrowicz non "in posa", privo delle numerose maschere che amava indossare. L'autore registra il flusso della sua coscienza mescolando fatti privati e pubblici, un flusso spesso disordinato ma in cui, per esempio, gli elenchi dei brani musicali funzionano come una sorta di ossatura alla quale si aggrappa tutto il resto. Nel "caotico" Kronos, Gombrowicz riesce a sorprendere senza risultare mai banale o scontato: è come se ci lasciasse un messaggio abbandonato in una bottiglia, consegnato in una forma non lavorata, essenziale. Il messaggio di uno scrittore geniale, a lungo non riconosciuto per il suo valore, tormentato dalle malattie e dalle ristrettezze, in lotta con il tempo che bruciava troppo rapidamente la sua vita sciupandone il desiderio dell'eterna giovinezza e frustrando le sue esuberanze; uno scrittore che seppe però trovare, oltre la disperazione, gli appigli per non affondare, regalandoci, anche con questo "diario privato", un bizzarro lascito e una testimonianza, dal profondo, della vita che ribolle e poi si spegne.» (Francesco M. Cataluccio)