Giacché Edizioni
Storie e leggende della Lunigiana
Anna Valle, Francesco Musante
Libro: Libro rilegato
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2003
pagine: 48
Le antiche storie e le più belle favole popolari lunigianesi. Un viaggio fantastico tra le storie e i racconti leggendari della Lunigiana, una terra in cui i rituali e le storie di magia si perdono nella notte dei tempi. Il nuovo volume della collana di storie e leggende illustrate con le bellissime tavole a colori di Francesco Musante. «Le storie e leggende della Lunigiana sono particolarmente affascinanti perché conservano quell’alone magico che incantava la mente dei bambini, intenti ad ascoltarle dalla voce delle nonne, quando i loro occhi incominciavano a chiudersi per il sonno e le fantasie evocate dalla cara voce acquistavano dimensioni, colori e suoni propri d’una realtà diversa, fuori del reale. Anche di fronte agli occhi del lettore d’oggi trascorrono così storie di fantasmi che imperversano in case antiche abitate da tranquille signore, come ne "Gli zoccoli sull’altare"; trasformazioni magiche di uomini in animali ("Il gatto magico") ad opera di stregoni che notoriamente risiedono, rispettati e temuti, in un certo paese dell’Appennino; la terrificante visione del lupo mannaro; balli notturni di spiriti, streghe e streghi defunti nelle deserte radure tra i castagni, come ne "Il ballo dei morti" o ne "La ragazza del ballo". Il luccichio invitante di mucchi di monete d’oro e gioielli sepolti in un luogo misterioso ci trascina ne "Il tesoro nascosto". Né mancano le storie percorse da una vena di romanticismo idillico, che può precipitare in tragedia come ne "Il fantasma della giovane Malaspina" o truci racconti di violenze e barbare uccisioni, che vedono protagonisti quei membri del ceto feudale che spadroneggiava in Lunigiana nei secoli lontani ("La vendetta di Caterina"). In taluni dei racconti narrati nel libro troviamo quasi una fusione tra credenze religiose e magia, tipica della tradizione popolare ("La processione degli spiriti"). Né sono assenti, residuo di un’antichissima cultura dei popoli nord-europei di cui si riscontrano tracce in tutta Italia, leggende che hanno a protagonisti minuscoli personaggi invisibili dotati di poteri magici (i "baffardelli") animati da una capricciosa volontà spesso dispettosamente ostile, talvolta benevola nei confronti degli esseri umani. Le leggende sono accompagnate da riquadri che mirano ad illustrare o ad approfondire singole realtà o fenomeni storici relativi alle storie narrate. Si parlerà dei castelli, che ebbero diffusione in Lunigiana ad opera sia dei vescovi di Luni che delle famiglie feudali, piccole e grandi e una nota specifica verrà riservata alla famiglia più importante, quella dei Malaspina, che lasciò imponenti tracce del suo dominio in tutto il territorio. Uno spazio è dedicato anche alla via Francigena: la strada che portando i pellegrini e i mercanti da tutta Europa verso le più importanti mete cristiane medioevali (S. Giacomo de Compostela a Santiago, Roma con le sue celebri chiese e la Terra Santa), attraversava la Lunigiana mediante una serie di percorsi intricati e fitti, disseminati di ospedali e di ricoveri per i pellegrini nonché di borghi e castelli. Dal passato risorgono antiche vestigia, come quelle del guerriero di Pulica (Fosdinovo), ritrovato in una piccola tomba a cassetta; e le statue-stele in pietra, assai numerose in tutta la Lunigiana, antiche di millenni e dal significato ancora misterioso. Di questi e di altri argomenti si tratterà negli inserti di carattere storico» (Anna Valle).
L'omo ar bozo. Dalla tradizione all'arte popolare
Walter Tacchini
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2002
pagine: 168
Presentazioni di: Renato Carozzi, Dimitris Kostantinidis e Jean Hurstel. Testi di: Roberto Pazzi, Sandra Carrara, Raffaella Bertieri, Livio Bernardini, Giovanna Tonarelli, Gilberta Dal Porto, Walter Tacchini, Antonio Lombardi. Tradizione e folklore in un antichissimo carnevale autoctono, tipicamente amegliese; l'Omo ar bozo, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Una festa popolare si trasforma in rappresentazione artistica dai significati simbolici inediti e sconvolgenti. Il volume, realizzato con la collaborazione dell'Accademia di Belle Arti di Carrara, contiene i bozzetti originali delle maschere di Walter Tacchini.
Viaggio romantico a Porto Venere con George Sand nel golfo dei Poeti. Ediz. italiana, inglese e francese
George Sand
Libro: Libro rilegato
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2002
pagine: 80
I percorsi da La Spezia al Golfo, dalle Isole a Porto Venere, sulle orme della scrittrice francese George Sand che soggiornò nel golfo e qui ambientò la bellissima storia d'amore tra Thérèse e Laurent... Illustrato dalle fotografie suggestive di Davide Marcesini
Brugnato. L'abbazia, la diocesi
Giorgio Rossini, Alessandra Frondoni, Piero Donati
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2001
pagine: 104
La concattedrale e il palazzo vescovile di Brugnato sono stati oggetto di importanti lavori di restauro e di studio per ricostruire la storia dell’antica abbazia e della diocesi. Grazie all’impegno delle Soprintendenze è stato così possibile avviare l’importante campagna di scavi archeologici che ha permesso di apprezzare i resti dell’antico complesso monastico, una serie di importanti restauri alle opere d’arte conservate nella concattedrale e nel palazzo vescovile e il completo restauro di quest’ultimo, adibito a museo diocesano. Il frutto di questi studi e dell’impegno di questi anni, trova una preziosa sintesi nelle pagine di questo interessante volume che fa il punto degli studi sull’antico complesso di Brugnato, valorizzandone le strutture architettoniche e le bellezze artistiche con nuove scoperte. L’opera, di sicuro interesse storico religioso, archeologico e culturale riesce ad approfondire i diversi aspetti, grazie allo studio degli autori che con testi efficaci e fotografie di pregio rendono piacevole e interessante la lettura. La ricerca bibliografica e cartografica, con le interessanti cartografie catastali, aiuta a ripercorrere visivamente e a rivivere la scansione del tempo, la crescita di una comunità locale e dei suoi insediamenti abitativi. Ma è la cura dei particolari, la loro puntuale sottolineatura che invita ad una lettura più attenta e affascinante della storia, e aiuterà i visitatori di Brugnato, a una maggiore godibilità della bellezza del patrimonio storico. La minuziosa ricostruzione delle fasi architettoniche e strutturali delle chiese, del palazzo vescovile, gli sviluppi e le trasformazioni subite nei secoli, accompagnate dai cenni storici che ne inquadrano il momento, la situazione politico-ecclesiastica dell’epoca, i conflitti e le alleanze che li hanno determinati, rendono la ricerca viva e appassionante. Conoscere l’origine di Brugnato, la sua storia sviluppata attorno al primo insediamento monastico riscoperto con gli scavi, il palazzo vescovile, l’architettura che ha guidato le costruzioni nel tempo, gli argenti del Museo Diocesano rafforza inoltre il senso d’identità della popolazione ed il suo legame con le origini, le tradizioni e la cultura che le appartengono. Questo volume, grazie all’intelligente opera di Luisa Cascarini che l’ha curato con capacità e gusto e ai contributi di qualità degli approfondimenti tematici effettuati dagli autori dei testi, rappresenta il valido strumento di conoscenza e di promozione del territorio. Testi: Anna Caprioli, Luisa Cascarini, Piero Donati, Giorgio Fasoli, Raffaella Fontanarossa, Alessandra Frondoni, Silvia Landi, Barbara Musetti, Valentina Ottone Caserta, Federica Ratti, Giorgio Rossini. Rilievi ed elaborazioni grafiche: Silvia Landi, Giorgio Rossini, Rita Scartoni, Roberto Sabelli, Laura Tomasi.
Storie e leggende di Spezia e della costa dei pirati
Anna Valle, Francesco Musante
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2001
pagine: 48
Le più belle storie e leggende popolari di Spezia e della costa dei pirati. Le antiche leggende di mare e le favole tradizionali della costa occidentale del Golfo da Portovenere a Spezia, tra pirati corsari e lupi di mare! Un nuovo volume della collana di storie e leggende illustrate con le bellissime tavole a colori di Francesco Musante.
Un albero alla sera
Giliola Roversi, Nicola Perucca
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2001
pagine: 48
«Cara Giliola delle Meraviglie, che dono del mattino queste tue poesie - se peculiari del mattino sono ancora la grazia e la limpidezza leggera. Leggendole, mi dicevo: in quale inesplorato paese sono capitato? Chi c’è acquattato dietro l’acqua di queste parole? Alice? Il Gatto e la Volpe - però del tutto ammansiti? Pollicino o l’Albero del Riccio? Una lacrima del Piccolo Principe? C’è la neve? la sera? Il Gomitolo delle parole per le Cose Gentili?» (dalla prefazione di Paolo Bertolani)
I racconti del Prione. Premio internazionale di narrativa «Il Prione» 2001. Premio speciale teatro
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2001
pagine: 256
Il Premio Internazionale di Narrativa "Il Prione" è giunto nel 2001 alla nona edizione, con più di 300 fra racconti brevi e atti unici per la speciale sezione Teatro, provenienti dall'Italia e dall'estero. Il volume raccoglie, oltre ai testi critici ed alle note di commento sulle opere vincitrici del Premio, i primi trentatrè racconti classificati e l’atto unico premiato. «Scrivere significa fingersi un altro mondo, un’altra vita, parallela e simile alla propria, magari depurata da incongruenze e contraddizioni o, al contrario, una vita del tutto diversa, che scorre misteriosa come un fiume sotterraneo in una direzione opposta, al di fuori di ogni banale "normalità". E tuttavia la vita, se la guardi da una certa angolatura, è anche commedia, più spesso che non si creda, e persino le proprie disavventure possono prestarsi al riso, che, come ognun sa, è liberatorio: il riso, e non solo il pianto, è insito nelle cose umane, si può affermare che siano due facce della stessa medaglia. Da tale considerazione, appunto, in quanto anche negli anni precedenti un certo numero di racconti inviatici aveva un’impronta che si può genericamente definire umoristica (pur se il "riso" assumeva varie sfumature e connotazioni, dal più tenue sorriso al più sferzante sarcasmo) è nato - altra novità di quest’anno - il premio speciale per il racconto umoristico. L’umorismo, notiamo, è molto umano, se "umana" è la ragione, in quanto nasce sempre da una riflessione razionale sulla realtà vista attraverso la la lente deformante dell’ironia, che la svelenisce finendo talvolta persino per accettarla, non prima, d’altra parte di averla alleggerita del suo contenuto drammatico, non di rado mostruoso, della sua opprimente pesantezza: una condanna (la vita) volontariamente accettata» (dall’introduzione di Anna Valle). Testi di: Fiorella Borin, Gianfranco Sorge, Giovanni Rosa, Rosanna Figna, Fabrizio Parrini, Eugenio Azzola, Gabriella Sessa, lab. teatrale della Scuola Media “J. Piaget”, Alberto Arletti, Gianluigi Colombo, Teodoro di Leva, Dario Fani, Giuseppe Fiore, Anna Hurkmans, Lorenzo Lupi, Silvana Perotti, Francesco Rainone, Erminio Serniotti, Michela Torcellan, Lorino Trimarchi, Costantino Quarta, Aida Stoppa, Paolo Tognocca, Silvia Crovara, Renzo Noberini, Alessandro Barbolini, Mariano Cerignoli, Lida De Polzer, Vincenzo Napolitano, Marco Panini, Valentina Romeo, Egidio Ruggiero, Gianfranco Sodomaco, Giovanni Tranfo. Introduzione di Anna Valle. Illustrazioni di Amedeo Reggio.
Arcola, storia e istituzioni
Emilia Petacco, Franco Bonatti, Elisabetta Coruzzi
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2001
pagine: 224
«La situazione del paese è amena per la prospettiva, sana per l’atmosfera, temperata e tiepida anzi che no per il clima e le acque potabili. Vi è abbondanza di frutti squisiti, e precipuamente di viti che danno un ottimo liquore, di olivi, di castagne, di fichi ecc., talché ivi si trova, quanto può desiderare l’umana vita dal lato dell’aria, dell’acqua e del suolo. Il popolo di carattere vivace è per la maggior parte agricolo, le donne industriose e dedicate in buon numero al piccolo commercio o ai lavori di pizzi e di dozzinali trine». Questo il ritratto che il Repetti ci dà di Arcola nel suo "Dizionario storico geografico", invero lo storico apuano non fu il primo ad essere favorevolmente attratto dalle condizioni climatiche e dalla bellezza del paesaggio arcolano, il Targioni Tozzetti, acuto indagatore degli usi, costumi e bellezze artistiche e naturali della Toscana e zone limitrofe, fu attirato in particolare dalle salubri acque che sgorgavano limpide tra colline e boschi nel territorio del Comune di Arcola. Tuttavia il Repetti non si è fermato a questa descrizione esteriore, ma ci ha dato un succinto quadro della storia della comunità a partire dal documento del 1033, quando il marchese Alberto del ramo Obertengo donò al monastero di Santa Maria di Castiglione nel piacentino beni nel territorio arcolano. Lo studioso carrarese attingendo dall’Antichità Estensi del Muratori e da altre fonti ricostruisce i dati più significativi della storia arcolana dal diploma di Arrigo IV del 1077, con cui conferma al marchese Folco d’Este il feudo di Arcola tra gli altri possessi oltre Appennino, al passaggio ai Malaspina nel 1245, fino alla vendita del castello al Comune genovese nel 1278, cui fu costantemente legato, seguendone le alterne vicende. Con il progredire dell’organizzazione politica il Comune ha sentito il bisogno di dare un carattere di organicità e di regolarità alla formazione ed alla conservazione dei propri archivi, ordinando in serie i suoi principali atti da quelli deliberativi, ai registri contabili, dagli estimi, ai catasti fondiari, ai carteggi. Pertanto questa massa di documenti ci offre la testimonianza della vita giuridica, amministrativa ed economica dei nostri Comuni e ci offre insieme la documentazione relativa ai fatti ed alle persone, che con l’Ente hanno avuto rapporti. Seguendo questi indirizzi metodologici, abbiamo premesso all’inventario dell’archivio storico comunale alcuni lineamenti di storia politico istituzionale arcolana, inquadrati nell’ambito della Repubblica di Genova, di cui Arcola fece parte, seguendone le alterne vicende fin dal 1278. Il materiale documentario arcolano ci ha permesso di individuare non solo l’organizzazione giuridico amministrativa della comunità ma anche l’organizzazione della sanità, dell’assistenza, dell’istruzione. Le stesse istituzioni ecclesiastiche erano collegate strettamente alla dinamica della comunità; organi comunitativi come i massari, amministravano i beni ecclesiastici ed avevano cura delle chiese loro affidate; la comunità si mostra in più occasioni gelosa di queste sue prerogative nei confronti della stessa autorità ecclesiastica, pertanto anche le istituzioni religiose sono state oggetto di trattazione in relazione al loro rapporto con la comunità, sono stati ovviamente tralasciati altri aspetti, quali quello devozionale e della pietà popolare già ampiamente trattati. Nel delineare l’assetto istituzionale della comunità abbiamo fatto riferimento allo statuto locale, che regola le attribuzioni delle varie magistrature e riporta la normativa consuetudinaria; un testo giuridico quale lo statuto ci presenta piuttosto un quadro di riferimento che la realtà effettuale dei fatti, pertanto si è cercato di «inverarlo» con i registri della comunità. Con fotografie d'oggi e documenti d'archivio.
Giornale storico della Lunigiana e del territorio lucense, anni 1995-1996. La Chiesa romanica di Santa Maria di Vezzano Ligure. Un edificio ritrovato
Giorgio Rossini, Piero Donati, Alessandra Frondoni
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2000
pagine: 384
Atti della giornata di studio. "Il Giornale storico della Lunigiana e del Territorio Lucense" è una pubblicazione a carattere scientifico, volta alla promozione e pubblicazione di atti di convegno, ricerche, rendiconti, notiziari, di carattere storico e archivistico, archeologico e artistico, linguistico, demologico e folkloristico, e corredata, limitatamente alle miscellanee, di una rassegna bibliografica degli studi che riguardano il territorio, oggi diviso fra più regioni, ma pur sempre corrispondente all’antica Lunigiana storica e etnica. La rivista, rinata come terza serie nel 1950 dall’appassionato sodalizio fra Ubaldo Formentini, direttore dei Civici Biblioteca e Museo della Spezia, e Nino Lamboglia, direttore dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri, è organo della Sezione Lunense, costituitasi in quella data in seno all’Istituto stesso. Dal 1961, cambiato anche l’aspetto tipografico, si sono aggiunti contributi del vicino territorio Lucense, un rappresentante del quale è nel Comitato di Redazione. "Il Giornale" trae le sue radici dalle componenti culturali più rappresentative dell’Ottocento e Novecento spezzino e ligure, nel momento della grande crescita demografica e quindi anche del bisogno di consapevolezza storico-culturale, che si esprimeva nella ricerca e riflessione sul proprio passato. Infatti la prima serie della testata fu fondata nel 1909 dal sarzanese Achille Neri e dallo spezzino Ubaldo Mazzini e la rivista fu poi edita, come seconda serie, nonostante la guerra, fino al 1923 ad opera, oltre che del Mazzini, di Giovanni Sforza. Essa raccoglieva inoltre, in quel processo naturale di emancipazione e crescita territoriale dell’epoca, la tradizione di una precedente pubblicazione, con numerosi contribuiti lunigianesi, ma stampata a Genova dal 1874 al 1898: il "Giornale Ligustico di Archeologia, Storia e Letteratura", con la condirezione di L.Tommaso Belgrano e di Achille Neri e sotto l’egida della Società Ligure di Storia Patria, divenuto dal 1900 "Giornale Storico e Letterario della Liguria", sovvenzionato e edito dalla Società di Incoraggiamento della Spezia, per cui possiamo in realtà considerare una tradizione editoriale, sia pure con qualche soluzione di continuità, di 127 anni. Come matrice della pubblicazione possiamo anche riconoscere il "Giornale Ligustico di Scienze Lettere Arti", pubblicato a Genova fra il 1827 e il 1838, una pubblicazione legata all'ambito erudito del primo Ottocento. Parallelamente alla rivista, dal 1950 la Sezione Lunense ha curato anche la pubblicazione di monografie nella "Collana Storica della Liguria Orientale" (nove volumi) e di atti di convegno, nazionali e internazionali. Con fotografie e documenti.
Bonassola... Ein Name, der Gutes, Wohlbefinden, Sonne un Ruhe vespricht (Sem Benelli)
Giovanni Busco
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2000
pagine: 48
Edizione tedesca della guida del territorio comunale di Bonassola con carta dei sentieri allegata. La storia, le tradizioni, i monumenti e il paesaggio di Bonassola e delle frazioni.
Leggere Fossoli. Una bibliografia
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2000
pagine: 288
«A oltre mezzo secolo dalla Liberazione, le nostre conoscenze sul lager di Fossoli rimangono ancora largamente lacunose. Per questa ragione è parso al Comitato scientifico della Fondazione ex campo Fossoli che fosse opportuna una ricognizione la più accurata del modo in cui è stata operata in primo luogo la ricostruzione storica degli accadimenti nel lager di Fossoli e dell’impatto che sul territorio circostante hanno avuto le strutture del campo, attraverso anche il mutamento di destinazione e di uso tra guerra e dopoguerra, che ha rappresentato comunque un modo per tenere legata l’attenzione della popolazione al campo come luogo della storia. Attraverso la cronaca della stampa quotidiana è possibile ricostruire sia i provvedimenti politico-amministrativi che hanno presieduto - dopo decenni di abbandono - alla conservazione dei resti del campo, sia i modi in cui la presenza del campo, pur attraverso le destinazioni mutate nel tempo, è stata percepita e recepita dalla popolazione. Alla memoria ufficiale si affianca così la memoria collettiva di una società per la quale la presenza del campo ha rappresentato, anche attraverso il ricambio generazionale, un filo di continuità e un punto di riferimento per leggere oltre mezzo secolo di una storia che non è solo storia locale. Sotto quest’ultimo profilo, l’analisi della pubblicistica censita nella bibliografia può sollecitare qualche significativa riflessione. Al di là del ritardo con il quale la stampa quotidiana locale ha mostrato la consapevolezza della necessità di uscire dalla mera commemorazione per approfondire in termini storico-critici con strumenti metodologici adeguati - bisogna arrivare agli anni Settanta per registrare i primi veri studi -, nella vicenda del campo di concentramento di Fossoli, evidente risulta la sproporzione tra la quantità di testimonianze dirette e talvolta indirette che sono registrate nella bibliografia e l’assai limitato numero di studi espressamente dedicati a Fossoli. Appare evidente, almeno fin quando non si pervenne alla definizione del Museo nel Palazzo dei Pio e alla dichiarazione dell’area del campo come monumento nazionale, che la memoria di Fossoli fu associata più strettamente al ricordo dell’eccidio degli antifascisti portato a termine a Cibeno nel luglio 1944 che non alla funzione del campo come anticamera dei campi di sterminio, quasi ad anticipare un conflitto tra memorie che continua ad affiorare talvolta anche in manifestazioni odierne. Il fatto che Fossoli non sia stato esso stesso materialmente un campo di sterminio (come pure talvolta erroneamente è stato definito) non cancella la circostanza che la sua storia sia comprensibile soltanto se viene inserita come uno dei suoi anelli nella macchina dello sterminio nazista. Una considerazione che appare fondamentale per almeno due ragioni: perché nella vicenda della deportazione razziale dall’Italia, e in misura minore anche per quella politica, è a Fossoli che si perdono le ultime tracce di migliaia di deportati: e in secondo luogo perché Fossoli sottolinea anche questa corresponsabilità dell’Italia e della Repubblica Sociale Italiana per la "soluzione finale" che a troppi farebbe comodo dimenticare. La tardiva coscienza che la società italiana ha acquisito della responsabilità del regime fascista nella persecuzione razziale e della sua corresponsabilità perfino nella "soluzione finale" è certo all’origine anche di questa percezione squilibrata della funzione del campo». (Luciano Casali, Enzo Collotti)
Gli affreschi di Nicolò Corso alle Grazie. Una guida alla lettura del più importante ciclo di affreschi della Liguria orientale
Piero Donati
Libro
editore: Giacché Edizioni
anno edizione: 2000
pagine: 24
I monaci di Monte Oliveto si insediarono nell’isola del Tino e nell’insenatura delle Grazie con modalità del tutto analoghe a quelle che avevano connotato il loro insediamento a Quarto, primo convento da essi posseduto in Liguria. Qui essi erano ufficialmente entrati il 17 giugno 1389, incorporando una preesistente fondazione dei Gerolamini - da qui l’intitolazione a san Gerolamo del complesso conventuale - che era ridotta, a quella data, a due soli membri; allo stesso modo, il 2 maggio 1432 essi ottennero da Eugenio IV, da poco salito al soglio pontificio, l’abbazia benedettina del Tino, priva ormai di monaci, al cui vasto patrimonio fondiario si aggiungerà, nel 1441, quello dell’abbazia di San Venanzio di Ceparana. Eugenio IV, nello stesso atto di donazione concernente l’abbazia del Tino, riconobbe agli olivetani il possesso dello 'heremitorium cum eius ecclesia' intitolato alla Vergine delle Grazie ('Sancta Maria de Gratia nuncupatum') e posto nelle vicinanze di Portovenere ('iuxta opidum Portus Veneris'). Si rinviene qui la prima attestazione del toponimo Le Grazie e si ha inoltre la prova del fatto che la devozione alla Madonna delle Grazie non fu introdotta dagli Olivetani. Gli storici dell’arte, peraltro, hanno stabilito che l’immagine mariana che è testimonianza prima di tale devozione fu eseguita da Andrea de Aste nel terzo decennio del secolo XV e quindi prima dell’arrivo dei frati di Monte Oliveto. Come a Quarto, costoro non cercarono di obliterare il culto ricevuto in eredità ma lo riproposero all’interno del loro orizzonte devozionale; in termini architettonici, ciò significò l’inglobamento della chiesetta attestata nel 1432 - identificabile nel corpo di fabbrica a due campate che ospita oggi gli altari di Sant’Anna e di San Venerio – all’interno di un più ampio edificio ecclesiale (menzionato per la prima volta in un atto del settembre 1452) che è rimasto sostanzialmente intatto fino ai nostri giorni. Sono infatti ben visibili i costoloni, con relativi tondi serravolta figurati e peducci a piramide rovesciata, così come è ancora ben leggibile, nel vano absidale, il gioco delle vele, al quale fa eco, nella zona inferiore, la serrata scansione degli stalli del coro intarsiato, eseguito da Paolo da Recco fra il 1496 ed il 1501. Meno facilmente percepibile è l’antico assetto degli spazi del convento, e ciò a causa delle profonde (e talvolta irreversibili) trasformazioni subìte dall’edificio dopo il 1798, e cioè dopo il forzato allontanamento dei monaci. Benché i primi brani degli affreschi abbiano cominciato a riemergere nel 1902, occorre giungere fino al 1966 per assistere al passaggio della proprietà dell’immobile dai privati ad un pool di Enti Locali, mentre soltanto nel 1977 poté essere avviato, con fondi statali, il restauro delle decorazioni a fresco.