Neri Pozza
Opere complete. Volume Vol. 2/1
Ivan Illich
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 720
Prosegue con questo volume la pubblicazione della prima edizione mondiale delle Opere complete di Ivan Illich, un autore la cui inattualità categorica non cessa di illuminare il presente e di inquietarlo. Si propongono in questo volume, articolato in due tomi, gli scritti degli anni 1971-1977, apparsi al culmine di una “vita attiva” iniziata tra le file del clero cattolico e proseguita, dopo il 1969, nella libera comunità di ricerca, o “contro-ricerca”, del CIDOC di Cuernavaca. Si tratta di scritti – come Descolarizzare la società e Nemesi medica – che hanno fatto rapidamente il giro del mondo e che sono tuttora di ispirazione per gruppi di lavoro e intervento sociale nei più diversi Paesi. Illich vi mette in discussione alla radice gli assunti della civiltà industriale e del suo cosiddetto progresso, mostrando quale devastazione umana vada provocando, insieme al lavoro alienato, il consumo coatto di beni e soprattutto di servizi. Miti indiscussi delle società contemporanee (scolarizzazione obbligatoria, motorizzazione di massa, universalismo sanitario) vengono spietatamente dissacrati alla luce della polarizzazione sociale da essi risultante e del radicale impoverimento di autonomia individuale e creatività comunitaria che essi provocano. Mentre una opposta antropologia – della libertà, dell’equità e del limite – trova qui difesa e promozione, nella prospettiva di una società conviviale, sottratta agli imperativi economici e tecnologici dominanti.
Il signorino
Natsume Soseki
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 192
Il protagonista di questa storia ha un complesso di inferiorità. Il padre gli preferisce chiaramente il fratello maggiore; la madre, in compenso, lo degna di attenzione solo quando lui si caccia in qualche guaio, circostanza che si verifica con una certa frequenza. L’unica persona a trattarlo con affetto è la domestica Kiyo, una donna all’antica che, oltre a volergli un gran bene, con devozione quasi feudale lo considera un vero e proprio padroncino. È Kiyo a chiamarlo affettuosamente Bocchan, termine che in Giappone corrisponde al “signorino” di casa, ma anche a un bambino un po’ ribelle e dispettoso, che riflette dunque a pieno la sua essenza. Il signorino cresce, conservando tuttavia l’aria svagata, una sfrontata mancanza di rispetto per l’etichetta e una sincerità disarmante. Si ritrova insegnante di matematica in un villaggio di pescatori grande come un quartiere di Tokyo, in una scuola di chiassosi allievi zucconi e colleghi arroganti e ipocriti. All’ipocrisia, che pare diventata norma nel Giappone moderno, dovrebbe rassegnarsi, eppure non cessa un solo istante di difendere con irruenza e commovente ingenuità l’antico senso dell’onore. Scritta di getto nel 1906, Il signorino è l’opera più autobiografica della produzione di Natsume Sōseki, ritenuta da molti il suo capolavoro. Ritratto di un giovane eroe ribelle e inusuale, in cui l’autore esprime la propria estraneità alle norme sociali, l’amore-odio per la cultura occidentale, la sua visione del mondo, ironica e a tratti amara, questo è un vero classico moderno, che fa per la letteratura giapponese ciò che Il giovane Holden farà per la letteratura occidentale.
E poi
Natsume Soseki
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 320
È l’inizio del Ventesimo secolo e in Giappone l’Era Meiji, l’epoca del grande Rinnovamento, avanza impetuosa con il suo carico di mutamenti. Daisuke, rampollo di antico lignaggio, è un trentenne moderno fiero di esserlo, un dandy che ama la letteratura occidentale e trascorre la sua languida esistenza fra le pagine di D’Annunzio e quelle, sfacciatamente decadenti, degli scrittori francesi. L’educazione raffinata e l’acuta sensibilità comportano però un caro prezzo: una fragilità nervosa, un cruccio, un’ansia fuori dal comune, che Daisuke tenta di frenare col placido ritmo della sua esistenza inoperosa, fatta di lunghi momenti di riflessione, sporadici incontri con amici, visite saltuarie ai familiari. In quella quieta indolenza irrompono tuttavia due eventi: l’insistente raccomandazione paterna affinché Daisuke ceda a un matrimonio d’interesse, unico modo per mantenere il suo stile di vita ozioso, e soprattutto il ritorno a Tokyo di due vecchi amici, Hiraoka e sua moglie Michiyo, straordinaria bellezza dai profondi occhi scuri. Daisuke ha sempre nutrito affetto per lei, ma quello sguardo e la vaga malinconia che emana da Michiyo si trasformano d’incanto in uno struggimento irresistibile. Il Giappone non è così moderno da poter accettare l’infrangersi della condotta morale a cui il suo popolo è rimasto fedele per millenni. Daisuke, per la prima volta nella sua esistenza priva di conflitti, si trova a dover scegliere tra l’onore della famiglia e il proprio sentimento. Scritto nel 1910, "E poi" è uno dei libri più moderni di Sōseki, il romanzo più occidentale del «genio della letteratura giapponese» (Japan Quarterly).
La porta
Natsume Soseki
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 240
Sōsuke e Oyone sono due sposi che conducono una vita sobria e, in apparenza, tranquilla. Sōsuke è un modesto impiegato statale, Oyone si occupa delle faccende di casa. La loro esistenza è scandita da piccole cose: il sole dell’autunno che penetra tiepido dalla finestra, il tintinnio delle stoviglie in una cucina operosa, la bellezza della vetrina di un orologiaio, col suo dispiegarsi geometrico di forme e colori. Una quieta malinconia li avvolge come un bozzolo, anche se non riesce a proteggerli da una persistente sensazione di fugacità, di tedio. Nei loro cuori tuttavia alberga, feroce, il rimorso. La loro unione, scaturita tempo addietro da una passione proibita, ha determinato infatti la rovina di Yasui, l’elegante, spensierato compagno d’università di Sōsuke. Una spina nel cuore per gli sposi, a cui si aggiungono il rovello delle ambizioni frustrate di Sōsuke, che per nascita e talenti avrebbe potuto aspirare a ben altra carriera; la mancanza di figli, nella quale Oyone scorge un castigo del Cielo; le ristrettezze economiche che condizionano entrambi. Quando un giorno Sōsuke rischia di incontrare di nuovo Yasui a casa di un facoltoso vicino, le sue ansie, fino a quel momento faticosamente tenute a bada, esplodono. Pur di non trovarsi faccia a faccia con il suo passato, e sconvolto all’idea che la slealtà sua e di Oyone diventi nota, Sōsuke cerca rifugio in un tempio zen. Ma l’inanità e l’egoismo con cui ha finora condotto la sua vita lo fermeranno sulla soglia. La porta è un romanzo sull’amore coniugale e l’irreversibilità della colpa, sul crollo delle illusioni e la perdita dell’identità in un paese che va incontro ai tempi moderni.
Tornare al Cairo
Denise Pardo
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 352
Millenovecentoquaranta. A Kate Lambert bastano pochi giorni al Cairo per innamorarsene perdutamente. Si è lasciata alle spalle una Londra plumbea su cui già soffiano i venti della nuova guerra. La capitale egiziana è luminosa, rifulge perfino di notte del chiarore del deserto, una babele di odori, cibi, lingue, religioni che non conosce barriere né diffidenza, solo accoglienza e curiosità. A un primo sguardo, Kate è come molte donne inglesi, gli occhi azzurri, i capelli dorati, i lineamenti fini. La sua fame di vita però la rende diversa. I luoghi prediletti dalla comunità cosmopolita, come il Shepheard’s Hotel e la Pasticceria Groppi, sono magnifici, ma lei preferisce perdersi nei vicoli polverosi, respirare il profumo di gelsomino e di legno di Agar, camminare lungo la Corniche del Nilo. Crede nella libertà dei suoi vent’anni che si spalancano davanti a lei come una promessa. Fino all’incontro con Hafez. Di lui non sa nulla se non ciò che vede, gli abiti occidentali, l’accento di Oxford, anche se percepisce qualcosa di sfuggente e misterioso. Non sa ancora che Hafez ha un profondo legame con Gamal Abd el-Nasser, quel Nasser che trama insieme a un gruppo di ufficiali per rovesciare re Farouk e restituire l’Egitto agli egiziani. Che fomenta il sentimento antibriannico e l’antisemitismo dilaganti per sancire la fine del colonialismo e il nuovo corso del Levante. L’amore tra Kate e Hafez è un terremoto che li trova impreparati e li distoglie dal loro destino. Da Londra al Cairo, da Alessandria a Beirut, arriverà il tempo della scelta fra la loro unione o l’Idea più grande che potrebbe distruggerla. Tornare al Cairo è un romanzo che dice della nostalgia per il dialogo fra civiltà, per il luogo e il tempo in cui la magica alchimia è stata possibile.
L'innocenza
Tracy Chevalier
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 416
Londra, 1792: nel quartiere di Lambeth, un groviglio di carrozze e cavalli, grida di pescivendoli e lustrascarpe, Jem Kellaway trasporta all’interno della sua nuova casa, una dopo l’altra, le sedie Windsor che il padre ha costruito con le sue mani. Occhi azzurri infossati e capelli biondo - rossi, il ragazzino si è appena trasferito con la famiglia dal Dorset perché suo padre sarà il capo carpentiere del famoso circo Astley. Saranno a pigione dalla signorina Pelham, una donna chiassosa che proprio in quel momento sta sbraitando all’indirizzo di una ragazza dall’aria sfrontata che punta su di lui il suo sguardo di volpe: è Maggie, figlia del vicino Dick Butterfield, quell’impudente che ha avuto l’ardire di vendere alla signorina Pelham falsi merletti delle Fiandre. Jem, introverso per natura, si sente frastornato da quel caos assordante, quando a un tratto la strada piomba in uno strano silenzio. Un uomo attraversa la via. Fronte spaziosa, prominenti occhi grigi e cappello con coccarda blu, bianca e rossa: ecco uno degli abitanti più noti di Lambeth, il pittore e incisore che crea figure mistiche, il poeta che stampa “strani libretti” e inneggia alle idee incendiarie d’oltremanica. Ecco William Blake. Così si apre il sipario di questo romanzo, in cui Tracy Chevalier mette in scena la Londra georgiana, misera e splendida, con i suoi segreti, gli amori pericolosi, i loschi affari, la rutilante magia circense. E il suo grande protagonista, il cantore dell’innocenza e dell’esperienza, con le sue folgoranti apparizioni.
I taccuini di Norimberga. Uno psichiatra a colloquio con i criminali nazisti
Leon Goldensohn
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 656
Non sapevano niente; sapevano ma non parteciparono; si erano limitati a passare gli ordini; erano contrari alla Soluzione finale, ma come opporsi? Il 20 novembre 1945 si apre il processo che sarà considerato da molti pietra miliare del diritto internazionale e verrà celebrato nella città-simbolo del Reich millenario, Norimberga, che vide i raduni del Partito nazista e diede nome alle leggi razziali. La città rasa al suolo dalle bombe alleate, che per un capriccio della sorte avevano risparmiato il palazzo di giustizia e la prigione. Alla sbarra, i massimi gerarchi nazisti chiamati a rispondere di crimini immani per i quali non c’è nome né esatta contezza; a giudicare, otto membri per le quattro potenze vincitrici. Il mondo intero, dunque, guarda all’Aula 600 quando Leon Goldensohn, psichiatra militare ebreo americano, varca le porte del carcere di Norimberga. Per la scienza, è un’occasione irripetibile: il suo compito è individuare col dovuto distacco professionale la patologia che – dev’essere così – accomuna quella manciata di uomini spiegando le loro aberrazioni. Per sette mesi, quasi ogni giorno, si reca nelle celle, annotando con precisione conversazioni, visite mediche, test psicodiagnostici e sedute terapeutiche. I suoi incontri ravvicinati con Göring, Dönitz, Hess, von Ribbentrop, Rosenberg, Streicher, von Schirach, tra gli altri, sono una testimonianza dal valore unico documentale e umano. Mentre il medico ascolta in presa diretta menzogne e reticenze, deliri egotici e ossessioni degli imputati, non smetterà mai di cercare il germe del male, il peso della colpa.
Le opere di Dio
Giuseppe Berto
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 192
L’esordio di Giuseppe Berto sulla scena letteraria avviene nel dopoguerra: "Il cielo è rosso", uscito nel 1947, narra la crudeltà del conflitto e la degenerazione morale e materiale che ne deriva. Ma il primo vero romanzo dello scrittore risale ad alcuni anni prima, a guerra ancora in corso: è nel campo di prigionia americano di Hereford, Texas, che Berto compone "Le opere di Dio", pubblicato poi soltanto nel 1948. È un romanzo breve scritto all’insegna di un «inconsapevole approccio neorealistico», come spiega lo stesso Berto nel testo che, a partire dalla seconda edizione, sempre lo precederà. Se ne "Il cielo è rosso" si narrava di un gruppo di ragazzi che si arrangia a vivere fra le rovine di una città distrutta, ne "Le opere di Dio" sono le vicende di una famiglia di sfollati a occupare la scena. Poche le figure, ed essenziali: il capo famiglia Filippo Mangano, sua moglie, la figlia Effa, il figlio Nino, una nuora – la Rossa – e un nipote, il piccolo Filippo. La loro cascina è minacciata dalle bombe, dall’avanzare degli Alleati da sud, quando decidono di partire. Caricate le loro povere cose su un carretto, atteso il sorgere della luna, vanno. È l’inizio di una «corsa – a casaccio, a perdifiato – contro la morte», come la definisce Giulia Caminito nella sua prefazione: un viaggio che ha lo spazio di una notte nel corso della quale la famiglia si disgrega, senza ragione, improvvisamente. Mentre tutt’attorno si fa silenzio, le donne, con la loro forza, con la loro pietà, si assume - ranno il fardello della vita che deve continuare. Quella disperazione, quella compassione rendono ancora oggi "Le opere di Dio" un apologo senza tempo: testimonianza dell’orrore che colpisce le vittime di ogni guerra, ma anche racconto dolente di un desiderio – insopprimibile, seppure vano – di pace.
Tennis partner
Abraham Verghese
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 416
Il medico si è vestito elegante per il primo giorno del suo nuovo lavoro a El Paso, Texas. Una vita nuova lo aspetta in quella città tagliata in due dalla montagna, dove si è appena trasferito con la moglie e i figli ancora piccoli. In ospedale conoscerà i suoi specializzandi, sguardi ansiosi, camici candidi, stetoscopi scintillanti. Futuri medici a cui insegnare il fondamentale rito della rilevazione del polso, il mistero complesso della diagnosi, l’infinita responsabilità della cura. Ma in questo nuovo inizio, il dottor Abraham Verghese ripone la speranza di salvare il suo matrimonio, la speranza che le parole dette e le cose accadute possano essere dimenticate. David Smith ha tante cose da dimenticare, una carriera da tennista abbandonata, una tossicodipendenza annosa punteggiata di dure riabilitazioni e ricadute rovinose, gli studi di medicina da sorvegliato speciale. Una partita di tennis diventa il primo atto di un rituale che coinvolge lo studente e il suo insegnante, con i ruoli che si invertono come in un gioco di specchi. In campo, Abraham guarda a David con ammirazione e stupore, in corsia David ascolta Abraham con rispetto e devozione. Dalla passione per il tennis che li ha avvicinati, nasce un legame cauto ma profondo, in cui due uomini soli liberano le paure, espongono le ferite, trovano sostegno l’uno nell’altro. Ma come due bambini costruiscono un castello di sabbia ignari della marea che arriverà, quando la bestia crudele si risveglia dal suo sonno, tutto ciò in cui Abraham ha creduto e per cui ha lottato rischia di finire travolto. In queste pagine di tennis e di vita, l’autore de Il patto dell’acqua racconta, con la sobrietà e il nitore di sempre, i fallimenti, le speranze, le rinascite. L’eterna battaglia dell’uomo contro la solitudine.
Ti ritrovo nel silenzio
Geraldine Brooks
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 208
Una donna e un uomo si scelgono, vivono un lungo amore dolce, una vita piena, con due figli e due carriere luminose nel giornalismo e nella scrittura. Finché, in un giorno qualunque, tutto finisce. Quando Geraldine Brooks riceve la notizia che suo marito Tony Horwitz, sessant’anni, si è accasciato per strada senza più riprendere conoscenza, sta lavorando al romanzo che il suo editore aspetta da tempo. Quell’istante brutale separa per sempre ciò che è stato da ciò che non potrà essere mai più. Ma Geraldine non può concedersi l’autocommiserazione, non può crollare: ci sono i suoi figli. Ci sono tutti quegli atti pratici, necessari e urgenti, dettati dal momento. Deve indossare una maschera per ogni viso che incontrerà, trovare le parole per rispondere alla commossa partecipazione degli altri. Poi i giorni diventano mesi, e a un tratto sono trascorsi tre anni, durante i quali il mondo intero di Geraldine è rimasto vuoto seppur traboccante di persone e successi letterari, la vita priva di qualunque pienezza reale. Ed ecco che all’improvviso si fa strada una consapevolezza: il suo dolore non ha avuto spazio per gridare, è ancora lì, grumo rovente e intatto sotto la pelle. Geraldine ha inconsciamente obbedito ai dettami di una cultura – la nostra – che prova fastidio davanti al protrarsi della tristezza, che confina il lutto al rito funebre. Così, finalmente, un’isola di lancinante bellezza al largo della Tasmania, con le sue rocce incendiate di colore e le spiagge avvolte di silenzio, diventa il tempo e il luogo per un inizio nuovo. Con la voce asciutta e potente della grande scrittrice, Brooks lascia da parte per un momento la finzione letteraria e spalanca le porte della vita vera, celebrando l’amore, lo strazio della perdita, la gioia e il mistero dell’esistenza.
Il destino di Sofonisba
Chiara Montani
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 352
Cremona, 1546. È poco più di una bambina Sofonisba Anguissola quando riconosce l’unica cosa che possa renderla davvero felice: dipingere. La sua non è solo un’inclinazione, è una passione dirompente; lei non vuole riempirsi gli occhi con l’arte, vuole crearla. Sebbene la sua epoca non sia affatto generosa con le donne intraprendenti, il nobile Amilcare Anguissola decide di non frustrare le aspirazioni della figlia consentendole di prendere lezioni private, a patto che non vada a bottega, non venga a contatto con gli altri apprendisti, e che le vengano precluse geometria, prospettiva e anatomia. Sofonisba può dunque spingere l’ambizione oltre ciò che mai avrebbe creduto possibile. Nonostante le molte limitazioni, fin da subito dimostra di riuscire a fermare sulla tela le emozioni e i moti dell’anima più profondi di coloro che ritrae. È qualcosa che non si può insegnare, un talento naturale che si unisce al dominio quasi assoluto del mondo inafferrabile di pigmenti, oli, resine. Il suo dono straordinario la porta lontano dalla sua Cremona, a Milano e poi fino alla Spagna degli Asburgo, dove diventa, per quanto non ufficialmente, pittrice di corte. Ma ogni successo lascia un segno, come lo lascia ogni battaglia combattuta per vedere riconosciuto un ruolo appannaggio dei soli uomini. Una sorte avversa costringe Sofonisba a rinunciare al grande amore della vita e il monarca spagnolo Filippo II la obbliga a un matrimonio di convenienza. Nulla invece, nella sua lunga esistenza, la distoglierà mai dalla sua più grande opera d’arte: la costruzione del suo destino di artista libera, che lo scorrere dei secoli non ha scalfito.
I frutti del vento
Tracy Chevalier
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 256
1838. James e Sadie Goodenough sono costretti ad abbandonare la fattoria di famiglia. Il padre di James ha parlato chiaro: il suo secondogenito e la troppo prolifica consorte devono cercare fortuna altrove. Magari all’Ovest, dove la terra abbonda. Il loro carro però si ferma nella Palude Nera, una landa desolata in cui l’acqua puzza di marcio e il fango scuro si incolla alla pelle. Anziché spingersi fino alle fertili praterie, proprio qui, sulle rive del fiume Portage in Ohio, James decide di costruire una casa di legno dove crescere i suoi cinque figli. Secondo la legge di quello Stato, un colono può far suoi i terreni se riesce a piantarvi un frutteto di almeno cinquanta alberi. Una sfida irresistibile per James, che ama gli alberi più di ogni altra cosa. Così, in quel luogo di putridi acquitrini, selva fitta e malaria, l’uomo cresce e cura cinque file di meli. Un magnifico meleto che diventa la sua ossessione, la prova, ai suoi occhi, che la natura selvaggia, con il suo groviglio di splendori e insidie, si può addomesticare. Gli anni passano, e una sorte crudele sembra perseguitare i Goodenough. James tuttavia non versa una sola lacrima, se non quando è costretto a sacrificare uno dei suoi meli. Ma la natura umana non si domina. Una terribile disgrazia si abbatte sulla famiglia e a pagarne lo scotto sono coloro che restano: i figli, frutti spontanei di un infelice raccolto. Con quest’opera, Tracy Chevalier nutre la tradizione della grande narrativa americana di frontiera, in una storia di sogni coltivati e speranze disattese, che illumina le parti più inaccessibili dell’animo umano.

