Mercurio

Qual è la funzione, lo statuto del mito nella riflessione filosofica di Hans Jonas? Perché egli scrive un racconto mitico, poi raccolto nella sua versione definitiva ne "Il concetto di Dio dopo Auschwitz"? Rispondere a tali questioni significa non solo approfondire i suoi studi di storia e fenomenologia della religione - dalle indagini sullo gnosticismo e su Agostino e Paolo, sviluppate sotto la guida di Heidegger e Bultmann, ai diversi contributi in questo ambito (anche inediti), elaborati lungo tutta la sua vita -, ma comporta anche un'interpretazione complessiva della sua proposta filosofica dalla filosofia della natura fino all'etica della responsabilità. Nel linguaggio mitico-simbolico si articola il rapporto tra funzione trascendentale e trascendente, tra delineazione di un orizzonte storico-spirituale di senso, nelle "immagini" di uomo, mondo e Dio che lo costituiscono e apertura a una dimensione di trascendenza divina. Proprio in questa forma di oggettivazione trovano espressione le opzioni metafisiche di fondo che guidano il suo pensiero, l'intenzione autentica che anima il suo filosofare: al "principio gnostico", anticosmico e demondizzante Jonas oppone il "principio responsabilità" come cura e partecipazione al mondo, luogo autentico di realizzazione della libertà umana.

"Vien voglia di accompagnare, attraverso una concreta immersione fisica negli spazi della risaia, la percezione visuale delle fotografie con gli ulteriori "miraggi" prodotti dagli altri sensi: dalle piste olfattive dei mille odori della natura ai rumori e ai suoni, dalla concreta fisicità tattile del terreno all'assaporamento gustativo dei prodotti di una "geografia gastronomica" sempre più riconosciuta. Non rimane, dunque, che aggiungere i propri miraggi sensoriali allo spartito visuale offerto dalle fotografie".

E' davvero singolare la figura di questo valsesiano geniale e testardo, capace di imprese che confinano ormai con la leggenda. Una storia emblematica che ha il fascino sottile di luoghi soltanto immaginati. Un brandello della vecchia Europa osservato "in diretta" da un testimone speciale.

Un canto d'amore per Torino e per lo sport in genere. Partendo dalla città della Mole, da sempre ricca di campioni, l'autore trae spunti per riunire in queste pagine le suggestioni, i drammi e i sogni legati a quell'infinto universo che è lo sport. Piccole e grandi storie di squadre e atleti incrociano con le loro vicende la vita di tutti i giorni, in cui irrompe la guerra e la tragedia della perdita. Eppure, dietro l'angolo, il sole sorge ancora, e regala altre gare, altri risultati, altre vertigini d'amore. Per una squadra, una maglia, una corsa, un gol. Un libro dedicato agli uomini e alla pace su questa terra.

In occasione del sessantesimo compleanno di Claudio Ciancio, amici e allievi hanno promosso un incontro seminariale incentrato sulla discussione del suo lavoro: questo libro reca traccia dei dibattiti di quest'intensa giornata e pone la filosofia di Ciancio al centro di un ampio e fecondo dialogo a più voci. "Ontologia e libertà", titolo dell'incontro e ora del libro, testimonia della fedeltà di Ciancio al pensiero del suo maestro, Luigi Pareyson, fedeltà che non si riduce in alcun modo alla semplice riproposizione delle tesi pareysoniane, ma, nella loro ripresa e nel loro approfondimento, trova il fertile terreno ermeneutico a partire dal quale dispiegare una limpida originalità di pensiero.