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ABE

Grazie a te di niente. Una senilità senza condizioni

Antonio Sasso

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 118

"Grazie a te di niente", di Antonio Sasso, è un'opera scritta di getto dallo stile ruvido ma funzionale, che nasce dalla necessità di diffondere un messaggio con vorticosa forza. Questo metodo concede al lettore la possibilità di aprire una finestra nelle nostre menti. È il punto di vista di chi ha vissuto con sacrifico e passione la propria vita e ora ha la possibilità di creare in noi una profonda riflessione. È un libro dalle molteplici complessità che si sofferma sulla dialettica tra generazioni; dialettica che non deve solo essere scontro, ma opportunità di crescita. È il mezzo con cui le divergenze generazionali possono assottigliarsi, e le storie dei personaggi, in questo senso, ci permettono di empatizzare con un vissuto non nostro, ma impossibile da ignorare. Altro tema centrale è la scoperta del proprio io alle porte della senilità: l'analisi tra alti e bassi di un età che non deve essere vista come vuota, priva di emozioni, ma traboccante di sentimenti e nuove esperienze. È l'era in cui ci si sente liberi dalle costrizioni di una società contemporanea che ci vuole sempre più vincolati ad uno schema produttivo, senza lasciar spazio agli affetti e alle cose semplici. La senilità è metafora del ritorno alla natura ed al benessere che solo le cose sincere possono regalarci.
16,00

Carapelle in capitanata profilo storico sul comune della Puglia piana

Virgilio Iandiorio

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 100

"Mi sono accinto a raccontare di Carapelle come può fare un archeologo quando inizia uno scavo in un sito dove si presume che ci siano stati degli insediamenti. Si cercano nelle cose ritrovate , gli indizi utili per raccontare delle vicende storiche. Gli indizi, però, non sempre sono numerosi e non sempre molto chiari. Mi sono riproposto di far raccontare a loro, agli indizi, le loro vicende, con le loro parole, non attribuire ad essi le parole che noi vorremmo che dicessero, o i fatti che noi vorremmo sentire raccontare. Non siamo mica in uno studio televisivo, quelli delle inchieste e dei commenti sui fatti di cronaca, dove ognuno se la canta e se la suona come gli pare. Perciò ho cominciato col riportare storie realmente accadute e riferite in atti degni di fede, il racconto di uno storico del XV secolo (Giovanni Pontano) la relazione di un avvocato del XVII secolo (Eliseo Danza) con riferimento ai luoghi della Puglia Piana, dove è ubicata la città di Carapelle che porta lo stesso nome del fiume che scorre vicino. L'attenzione al popolamento delle aree della Puglia Piana, come veniva anche chiamata la Capitanata, ci riporta a momenti della storia antica e soprattutto a quella medievale. Quanta gente abitava questi luoghi? Come vivevano? Domande a cui si può rispondere con la storia di millenni, in cui si sono visti incrementi demografici e depauperamento. Ed è la nostra storia. Venendo a tempi a noi più vicini, arriviamo alle opere di bonifica del territorio (Storia delle bonifiche di Raffaele Ciasca), e all'insediamento nelle aree così recuperate con nuovi abitanti e nuovi abitati. La formazione recente di autonomia comunale segna la nascita di Carapelle. Ma è superfluo parlare di quello che tutti possono vedere con i propri occhi. Anzi potrebbero essere proprio gli abitanti di Carapelle a raccontarci la loro storia di questi anni, di più di mezzo secolo di storia. Perché è la loro. V.I."
26,00

Salerno città del papa. L'urbe nello stato della chiesa governata da Lucrezia Borgia e Alfonso d'Aragona sposi

Arturo Bascetta

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 228

"Osservarlo ed ascoltarlo, già la prima volta, fu un tutt'uno e conseguenza del fatto rivelatorio. Un fluire incandescente di pensieri, sillabe, frasi e parole il manifestarsi del logos; come immaginavo avvenisse sotto i portici dell'Accademia di Atene, tra allievi frenetici e solenni cattedratici maestri. Come avveniva per le frequentazioni nel foro, da parte d'indomabili giureconsulti o di stupefacenti curiosi, arrivando ad rostra, estasiati davanti ad epigoni di un Cicerone o di un Ortensio e anche di Antonio Oratore. Fiammeggiare di perifrasi e splendore di metafore, con metonimie d'anguille viscide, similitudini lunghe come di treni, carichi di alabastri. Il divenire dei metri sui piedi della poesia, mutata in musica da miti viventi di arpe d'avorio o tube celestiali: scrivere per ogni artista della penna d'oca o di computer è un disco verde verso infiniti azzurri, spalancati da occhi viperini. La dolcezza di una chitarra, in mano a Garcia Lorca, un calendario sfogliato da Leopardi. Per Arturo Bascetta è dare ascolto alla voce di dentro, alla tarantola che gli rode le visceri. Un ineludibile comandamento dello spirito. Non so dove gli derivi, ma certamente Arturo ha la scorza dello storico. Presumo ambiziosamente la vocazione l'abbia colto, in qualche stellata pausa serale del suo soggiorno nei campi Flegrei, dove Virgilio è di casa, ma anche Omero è un fantasma di sogni ellenici. A sentire Croce, però, lo storico locale non ha bisogno d'ispirazione, nè di modelli. E'. Come Iddio e come la Musa Clio. Arturo dell'amore per i suoi paesi di montagne innevate o aspre rocce, di monconi e moncherini d'alberi, di capre lanose e di lupi accesi nel buio profondo delle notti ululanti, ne ha fatto una religione. Incanta con le sue argomentazioni, Arturo. Non solo bravo giornalista, testardo nel servire la sua devozione di pennaiolo che butta sudore e stenti per realizzarsi, ma anche storico e scrittore brillante. Non era nato a fare lo storico, vi dirà. Invece, sa di spacciare bugie. Egli è uno storico, da mandare in brodo di giuggiole anche il più asettico lettore, il meno influenzabile editore. Storico locale, urliamolo con Croce. Cioè vero storico. Gli altri ci guarderanno e ci commiseranno? Non lo credo. Perché il grande Frodoto incominciò con i logoi, che recitava, tutto compito e partecipe, ad Atene, finì con il diventare il massimo degli storici, insieme a Tucidide. Quest'ultimo più scrittore o narratore, meno storico/geografo/militare come l'autore delle lunghe battaglie di popoli di Ellade e di Asia, e dell'invasione persiana. Io, qualcosa, vorrei dirla per contrastare Arturo; «che ce lo troviamo dappertutto?» Per quanto riguarda però l'età moderna, ad andare a spulciare registri e documenti, Arturo Bascetta è capace di strabiliare, è veramente un folletto imprendibile."
55,00

Alfonso II d'Aragona. Il re lascivo. Storie di donne e di bastardi del tiranno impudico di Napoli

Arturo Bascetta

Libro: Libro rilegato

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 176

I capitoli amorosi sui sovrani aragonesi, tratti dalla cinquecentina di silvio corona, che a quanto pare vede per la prima volta la luce in una collana dedicata, sono il cuore della stesura, pubblicata a capitoli in forma fedele all'originale, che arricchiscono questo volume. Il piacere di ritrovare materiale inedito a distanza di 1500 anni è incommensurabile per chi fa questo lavoro, mirando a editare testi sempre più oggettivi. Pertanto, sebbene ancora presi dall'euforia per il manoscritto ritrovato, pubblichiamo anche gli amori di Re Alfonso II, aggiornati alla trascrizione dalla cronaca rinvenuta, che arricchiscono la biografia del terribile erede di Re Ferrante. La trascrizione del manoscritto originario di silvio corona differisce di poco, soprattutto nel linguaggio del copista, da quello successivo a firma di silvio e ascanio corona, probabilmente letto e posseduto da minieri ricci, allorquando fece l'ultimo inventario della sua biblioteca. La copia settecentesca rinvenuta appare meno fedele perché susseguente, ma paree coincidere nei contenuti, almeno quelli relativi agli amori della corona, con quella un tempo posseduta dallo storico. Questa trascrizione b, però, sembra essere più insistente a riguardo degli amori lascivi, quasi a sottolinearne la gravità dei peccati commessi, appartenenti al secolo precedente, e lasciando un'ombra negativa sui sovrani aragonesi in piena Inquisizione.
60,00

Il generale di Napoli: Don Giovanni d'Austria, il figlio di Carlo V Imperatore a Granada, Lepanto e Bruxelles nel manoscritto inedito di Corona

Arturo Bascetta

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 118

Prima non c'era e adesso c'è. Il manoscritto di Silvio Corona di fine Cinquecento vede la luce a stampa tipografica, sebbene diviso in capitoli per l'elevato numero di episodi amorosi e non riferiti ai suoi protagonisti. Stavolta Bascetta ha riletto e trascritto in volgare il capitolo, mai dato alle stampe, dedicato a Don Giovanni d'Austria. La nascita da madre vergine, fatta risposare dall'amato Imperatore Carlo V all'avvocato di provincia, è un buon inizio per la trama sottile portata avanti da Corona, e poi dal figlio Ascanio, nell'altra copia letta e perduta della biblioteca di Minieri Riccio, che differisce in diversi episodi dall'originale trascritto da Bascetta. E' la storia del piccolo Jeromin, canzonato dal figlio del fratellastro Re delle Spagne, Filippo II, perito in prigione per volere dello stesso genitore che seguì le volontà testamentali di Carlo V: Don Giovanni non si tocca. Un motto che valse per chiunque e che presto lo vide alla guida degli eserciti imperiali, sopratutto quelli dei popoli italici e degli amati napoletani. E così, il garzone del balio camerario, cresciuto nell'ombra e come in una favola, si trasforma da servitore a servito e diviene signore del finto padre. Bellissimo, ricchissimo e potentissimo, Don Giovanni ci mise poco, stando all'affascinante cronaca del Corona, a scalare tutte le tappe degli uomini d'arme, a danno della carriera da Cardinale, che pure avrebbe perseguito, e a cui rinunciò per non diventare di sicuro papa. Gli amori perduti di belle milanesi e focose napoletane, proprio in questa cronica, che è il trionfo del Rinascimento, vengono però offuscati da due guerre che volgono al termine. La conquista di Granada con la cacciata dei Mori, dopo 600 anni, è un punto di arrivo inimmaginabile per un giovane di 21 anni. Ma è soprattutto è la deportazione dei vinti a Castiglia, ovvero la consegna dell'Andalusia ai coloni di Galizia e Asturia per il ripopolamento di quei territori, strappati ai Maomettani e da ricristianizzare, a fargli guadagnare le eccessive simpatie del Papa. Proprio per l'operazione compiuta egli merita il vessillo del Vaticano per un'ultima Crociata contro gli infedeli, che bruciano credenti e miscredenti nelle mandre dei loro stessi maiali. Glielo consegna in S.Chiara uno dei più invidiosi diplomatici, il nunzio apostolico Granvelle, che presto odierà a morte, appena sarà indicato proprio a Viceré di Napoli. Intanto c'è la missione delicata da portare a termine per cacciare i Turchi, alleati dei barbari africani, infedeli che non intendono abbandonare il Salento, ovvero l'ex Calabria Ultra di una volta. Ma Don Giovanni, ora Capitano generale di terra, ora Ammiraglio di mare, è ormai il cavaliere più potente d'Europa. Tanto è vero che mentre i Veneziani s'accordano a Leuca per evitare la battaglia di Otranto, lui, alla guida della flotta, composta per la quasi totalità da Napoletani, fionda su Lepanto e ottiene la vittoria più famosa del tempo contro gli Ottomani. Un temerario viaggio, da Messina a Marsala e da Marsala sulle coste africane, gli fa riconquistare l'antica Lilibeo dei Romani, dove nasce il Porto d'Austria a lui dedicato. La vita scorre e l'eroe di Corona corre a visitare la sorella Margherita, sposa a L'Aquila. E' tempo di godere dei festeggiamenti a lui riservati, da Parma a Vigevano, anche se cominciano le prime perdite proprio in Calabria. L'omicidio mancato del Viceré, e qualche occhiatina di troppo alla moglie del sindaco di Napoli, gli procurano l'odio che lo porta a esiliarsi in Procida prima di ripartire per la conquista di Tunisi e dell'Albania. La voglia di riscatto e la sua potenza sono tali da rinunciare alla corona albanese. Depone anche le armi dell'amore per la baronessa, per la bella Diana di Sorrento e per Donna Zenobia. Rinuncia perfino all'affetto per la figliola Giovanna, frutto degli intrighi, affidata alle monache di S.Chiara.
35,00

Delitto a Spaccanapoli di Carlo Gesualdo: l'assassinio di Maria d'Avalos e Fabrizio Carafa

Sabato Cuttrera, Arturo Bascetta

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 136

La collana sugli omicidi del secolo si arricchisce con la ricostruzione del doppio omicidio di Spaccanapoli, un altro giallo che turbò l'Italia dell'epoca, per chiuso velocemente per ammissione dei colpevoli assolti dal Viceré. Ma l'epoca in cui assistiamo al prolificare dei delitti d'onore è pregna di amanti uccisi dall'acqua tofana, per via dei costumi leggiadri che imperversano non solo a Spaccanapoli e Piombino, luoghi dei primari omicidi, ma in tutti i posti che si rinvengono fra copie e originali di manoscritti diversi, da quelli dei Corona alle sentenze, ma anche negli studi di tanti storici. Certo è che la via alla «Informazione» ufficiale sulla «misera morte» degli amanti D'Avalos-Carafa viene spianata da una miriade di indizi sulla bellissima Principessina di Venosa, corteggiata perfino da Giulio Gesualdo, zio del marito prossimo assassino, padrone di una miriade di feudi, da Gesualdo a Calitri, poi ereditati dal musico-assassino dopo la sua morte. Carlo infatti non possedeva che poco, essendo il genitore ancora padrone del Principato di Venosa. E fu proprio lo zio spione, amante solitario della bella moglie del nipotino, a spianare la via della vendetta, confinando al consanguineo il posto di Chiaia dove gli amanti copulavano. Carlo appare smarrito, benché spesso a riposo nel suo stesso palazzo, dove il corpo della moglie veniva di nascosto posseduto dal Duca d'Andria. Almeno fino a quando ebbe predisposta l'imboscata, in accordo con altri cavalieri e parenti, pronto a profanare la reputazione della nobile famiglia legata al Vaticano, e non solo per la figura dello zio del Cardinale Alfonso, finito anch'egli additato per istigazione alla tragedia. La casata, l'amore focoso, il Palazzo d'Andria e le serenate di Fabrizio sotto casa mentre Carlo dorme, fanno delle cronache e degli atti ufficiali riportati in questo testo una ricerca degna di tal nome che annulla l'amicizia fra le famiglie e punta a spiegare la storica vendetta del giovane che trascorreva le sue serate col prete musicista e la sua corte di armigeri, erari e servitori, pronti a uccidere per il padrone. Le serrature bloccate, la scusa di andare a caccia, l'amante a letto e in camicia da donna, e le grida sulle corna in Casa Gesualdo: gli elementi del giallo napoletano ci sono tutti per offrire al lettore l'ora della fine: le pugnalate del mandante sui corpi senza vita. La «Informazione» tratta dalla Vicaria, il processo scritto sulla scena del crimine, i testimoni, i tre esecutori materiali, e l'assoluzione finale di tutti, col placet del Viceré, riassumono questa storia nel dolore di una madre, costretta a spegnere la sua gioia davanti alle atrocità commesse dal nipote assassino della fanciulla più bella di Napoli.
29,00

Presepolis. L'incantesimo dei pastori. Fiaba in versi napoletani

Gaetano Iodice

Libro

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 112

""Te piace 'o presepio?" Con questa iconica domanda, Luca Cupiello, alias Eduardo De Filippo, nell'intramontabile commedia "Natale in casa Cupiello" esorta più volte il figlio Tommasino, (Luca De Filippo) non solo a rispondere per ricevere un elogio e compiacersi del lavoro svolto nel riprodurre la commovente scena della natività, ma a riporre le proprie speranze d' uomo, afflitto dalle vicende famigliari, nella incoscienza fanciullesca, che trascende i malesseri della vita creando un "submondo" in grado di alleviare i dolori e le incertezze del piano esistenziale. La domanda stessa pone l'uomo dinanzi a un bivio da cui non può sottrarsi; Sei disposto a sacrificarti per amore, o preferisci voltare le spalle ai sentimenti, per il solo ego personale? Detto così, Luca Cupiello appare egoista, un uomo che discerne i problemi, ma finge di non vederli. In realtà il suo è un atto di fede, la fede in un bambino nato al freddo e al gelo in una grotta dimenticata dal tempo e dagli uomini, ma non da Dio, che intenerisce i cuori persino degli stolti. Luca è semplicemente un uomo umile e l'umiltà rende umani, ed il presepe è forse uno dei più tangibili atti d'umiltà intrapresi dall'uomo nel mondo artistico e soprattutto col presepe napoletano si è ripresa con prepotenza l'idea di un Dio incarnato in mezzo agli uomini, più di quanto la Chiesa stessa abbia mai saputo annunciare in due millenni di storia. Napoli e il suo popolo, con pregi e difetti, virtù, bellezze e nefandezze, Santi e peccatori, riuniti in una scena di vita quotidiana, mentre il Salvatore geme, sorride, piange, tra le braccia e il seno di Maria, pronto al sommo sacrificio che da li a pochi anni sarebbe inesorabilmente sopraggiunto. Chi ama il presepe quindi, non può che essere un uomo d'amore, (Luciano De Crescenzo docet) un uomo appassionato, sincero, semplice, che antepone avidità e cupidigia, all' amore per il prossimo, attingendo la propria gioia da questo intenso vortice di emozioni positive, scaturite dal donare più che dal ricevere. Presepolis nasce sotto la mia buona stella cometa, archetipo di quella inseguita dai magi, che ha viaggiato lungo l'arco della mia vita, consegnandomi frammenti di luce artistica: I già citati, Natale in casa Cupiello, il presepe napoletano, ed anche la Cantata dei pastori e pochi ricorderanno un film d'animazione datato 2003, Opopomoz, ambientato a Napoli, laddove due bambini tramite una formula magica, entrano in un presepe per sottrarre al diavolo il piano malefico di evitare la nascita del Divin Bambino. Ricordo una delle colonne sonore cantata da Peppe Barra, intitolata "Chesta felicità", felicità che viene e va e solo un uomo generoso può sperimentarne il senso profondo che prescinde dai beni materiali. Perfino il "Canto di Natale" di Charles Dickens ha lasciato in me i suoi proseliti, rinvenendo il commovente cambiamento avvenuto nel protagonista, Ebenezer Scrooge, che messo dinanzi al triste commiato della sua avida esistenza da tre spiriti, (del Natale passato, presente e futuro) si ravvede per redimersi e modificare il corso degli eventi. Sono vari e tutti interconnessi gli elementi fondanti di questa fiaba napoletana, lungi da me paragonarla ad una di queste o a ritroso, a quelle del Basile, ma ho cercato e ricercato per lunghi tre anni, uno stile tutto mio, che rendesse affascinante la storia, disponendo elementi dal sapore teatrale sette/ottocentesco, dai sentori Petitiani, volti a rendere la lettura leggiadra, spassosa, irriverente, finanche drammatica e di morale certamente Cristiana, nella quale mi riconosco fieramente."
20,00

Salerno imperiale. Dissertazioni

Arturo Bascetta

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 170

Osservarlo ed ascoltarlo, già la prima volta, fu un tutt'uno e conseguenza del fatto rivelatorio. Un fluire incandescente di pensieri, sillabe, frasi e parole il manifestarsi del logos; come immaginavo avvenisse sotto i portici dell'Accademia di Atene, tra allievi frenetici e solenni cattedratici maestri. Come avveniva per le frequentazioni nel foro, da parte d'indomabili giureconsulti o di stupefacenti curiosi, arrivando ad rostra, estasiati davanti ad epigoni di un Cicerone o di un Ortensio e anche di Antonio Oratore. Fiammeggiare di perifrasi e splendore di metafore, con metonimie d'anguille viscide, similitudini lunghe come di treni, carichi di alabastri. Il divenire dei metri sui piedi della poesia, mutata in musica da miti viventi di arpe d'avorio o tube celestiali: scrivere per ogni artista della penna d'oca o di computer è un disco verde verso infiniti azzurri, spalancati da occhi viperini. La dolcezza di una chitarra, in mano a Garcia Lorca, un calendario sfogliato da Leopardi. Per Arturo Bascetta è dare ascolto alla voce di dentro, alla tarantola che gli rode le visceri. Un ineludibile comandamento dello spirito. Non so dove gli derivi, ma certamente Arturo ha la scorza dello storico. Presumo ambiziosamente la vocazione l'abbia colto, in qualche stellata pausa serale del suo soggiorno nei campi Flegrei, dove Virgilio è di casa, ma anche Omero è un fantasma di sogni ellenici. A sentire Croce, però, lo storico locale non ha bisogno d'ispirazione, né di modelli. È. Come Iddio e come la Musa Clio. Arturo dell'amore per i suoi paesi di montagne innevate o aspre rocce, di monconi e moncherini d'alberi, di capre lanose e di lupi accesi nel buio profondo delle notti ululanti, ne ha fatto una religione. Incanta con le sue argomentazioni, Arturo. Non solo bravo giornalista, testardo nel servire la sua devozione di pennaiolo che butta sudore e stenti per realizzarsi, ma anche storico e scrittore brillante. Non era nato a fare lo storico, vi dirà. Invece, sa di spacciare bugie. Egli è uno storico, da mandare in brodo di giuggiole anche il più asettico lettore, il meno influenzabile editore. Storico locale, urliamolo con Croce. Cioè vero storico. Gli altri ci guarderanno e ci commiseranno? Non lo credo. Perché il grande Frodoto incominciò con i logoi, che recitava, tutto compito e partecipe, ad Atene, finì con il diventare il massimo degli storici, insieme a Tucidide. Quest'ultimo più scrittore o narratore, meno storico/geografo/militare come l'autore delle lunghe battaglie di popoli di Ellade e di Asia, e dell'invasione persiana. Io, qualcosa, vorrei dirla per contrastare Arturo; «che ce lo troviamo dappertutto?» Per quanto riguarda però l'età moderna, ad andare a spulciare registri e documenti, Arturo Bascetta è capace di strabiliare, è veramente un folletto imprendibile. Gianni Race †
55,00

L'amante di re Alfonso D'Aragona: Gabriele Correale, il paggio di Sorrento

Arturo Bascetta

Libro: Libro rilegato

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 160

Lungi dalle intenzioni di tracciare un profilo su Alfonso I d'Aragona, conosciuto come il Magnanimo, ma questo testo vuole però contribuire a dare il giusto valore alla personalità del reale tanto amato per le sue virtù. Lo fa rispolverando qualche parabola del sovrano, a tratti intrisa di classicismi, a volte pregna di sarcasmo, ma sicuramente degna di un Re di tal portata. Per questo lo arricchisce l'appendice dedicata alle parabole alfonsine celebrate da uno storico come Domenichi. L'attenzione è tutta volta a un viaggio interiore, che scruta l'animo di un sovrano, volto alla bellezza e al bello delle cose, amato dalle donne, ma al quale, non sfuggì naturaliter una vera storia d'amore per il suo paggio, elevato a cavaliere, e perfino a nobile possessore terriero, sia per lo splendore del corpo, che per la dolcezza dei suoi modi gentili, propri delle persone che si lasciano amare. Ma a Re Alfonso, a dire di pochi, benché sottaciuto da molti, Gabriele Curiale, era piaciuto in carne e ossa, così come gli apparve, restandone rapito fin dal primo giorno, alla sfilata d'onore dell'entrata in Napoli, folgorato dal luccichìo del carro trionfale. Quel giorno il corpo di quel paggio divenne per lui un miraggio da vivere, da preservare, da osservare, ogni qual volta ne sentisse l'esigenza; e da amare, al punto da essere considerato un pezzo della propria vita, da cambiargli perfino il cognome di Curiale in Correale, perché Gabriele fu questo: un core-reale, il cuore del suo Re, fermo restando il suo grande amore per Lucrezia d'Alagno, che andrà a soppiantare tutti gli altri del 'giovanil' furore del neofita. Che il sovrano fosse attratto anche dalla bellezza maschile, insomma, sembra svelarlo lo stesso biografo Domenichi. Solo che, volontariamente o involontariamente, egli indica nei suoi scritti tante debolezze umane, in cui traspare da una parte un frenetico amore per i deboli, i poveri, gli ammalati, gli emarginati, insomma quasi francescano, e dall'altro l'essere circondato da stretti cavalieri, ritenuti di famiglia, ma spesso ragionando d'amore e di risentimento. Il piacere di ricevere attenzioni da Manetti, oratore fiorentino, è accentuato. Piccoli indizi che si ricavano dagli aforismi riportati da Domenichi, quale, ricordando che Cosmo de' Medici «voleua poco bene ad Alfonso», gli aveva donato le Deche di Tito Livio che non toccò perché «sospetto di veleno». La lite fra i paggi sul chi dovesse possedere la tazza dove bevve il Re e lo scatto sdegnato del sovrano, armato di pugnale nel rincorrere uno di essi, ricordano molto la morbosità amorosa dei fanciulli. L'eccesso di pietà mostrato per il corpo nudo del soldato genovese spiaggiato a Pozzuoli durante la guerra contribuisce a costruire una figura pia pervasa dai ricordi che esplode, in tutta la sua umana pietà, nel rivedere Sorrento, la patria donata all'amato giovanetto defunto. A questo punto il Re Magnanimo, il conquistatore di Napoli, l'eroe forte con i duri, mostra uno dei suoi lati migliori: il pianto. Alla vista della città più bella del mondo Alfonso non riesce a «guastarla» perché lì sono i suoi ricordi d'amore e lì «fu veduto spesso venirgli perciò le lagrime agli occhi». È su queste considerazioni che può essere letto l'amore sfegatato per un pezzo del suo cuore, quello che egli considerava la miglior parte di sé; quello corrisposto dal suo paggio fin dal giorno del primo incontro. Gabriele, questo il suo nome, sorrideva e gli sfilava accanto, senza mai mollare gli occhi di dosso. Egli giunse all'improvviso, nel bel mezzo della festa e della storia, proprio come fa solo un vero amore, inaspettato, ma non impossibile. Era esattamente ciò che piaceva al suo sovrano, come tutte le altre cose di gusto, apprezzate da un Re Magnanimo, colui che dona in continuazione, sapendo di non poter chiedere nulla in cambio.
60,00

Ferdinando d'Aragona: Le amanti del re (edizione cartonata su Re, Regno e Regine di Napoli)

Arturo Bascetta

Libro: Libro rilegato

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 160

Da diversi anni, alcuni studiosi franco-anglofoni, puntano la ricerca storica sul filone di bastardy e bâtardises, focalizzando l'attenzione sui matrimoni di interesse più in vista del Quattrocento. Il tema ruota intorno alla procreazione degli eredi, avuti da donne diverse, e non sempre nascosti alla Chiesa, al solo fine di reggere il potere. Siamo ai primordi del concetto di famiglia allargata, sviluppatosi a Corte propagatosi fra i nobili alla moda, quasi fosse il progresso dello struscio, un doveroso seguito alla poesia dei menestrelli rinascimentali. In realtà, almeno per i reali, fu solo il tentativo, molto riuscito in Francia, di istituire una Casa reale, il luogo ideale dove poter attingere dame e cavalieri generati a batteria e utilizzati come pedine per occupare le massime cariche statali: politiche, militari e religiose. Ferrante I non solo mise al mondo i sette figli legittimi, ma ne ebbe almeno otto bastardi e tre spuri, fra cui due in trono. Amanti e concubine erano tutte più o meno riconosciute, o conosciute a Corte, in quanto assidue frequentatrici, ora tutrici dei figli scolaretti, ora animatrici rispettate in presenza e ai convenevoli. Alcune di esse sono citate da più di un cronista. Diana Guardati divenne madre di Ferrante il Bastardo e di tre femmine. Intorno alla sua figura aleggia il fantasma di Vico, ma è attestata la sua presenza a Sorrento. Riempì la corte di figli, nipoti e pronipoti. Il Re non fu fedele, ma ebbe due matrimoni da favola, con Isabella dei Chiaromonte, grazie alla quale recuperò il reame ormai perduto, e con l'Infante di Spagna, Giovanna di Trastámara, allorquando la Corona stette per perdere il regno che aveva recuperato, offuscato dalle amanti e dalla sete di vendetta. Questa prima parte della vita di Ferrante viene accompagnata da episodi popolari legati alla nascita della prima pietra del pesce, alla perdita di Benevento in ducato del Papa, agli incontri con S.Francesco da Paola che ridà vita ai pesci arrostiti. E' la vita di corte in una Reggia che si fa sempre più bella, pregna di vitalità e di giochi d'acqua, di libri proibiti e di amori traditi. Nell'Appendice Documentaria il lettore troverà l'elenco dei libri, in parte perduti, posseduti da Minieri Riccio; e il capitolo sugli amori di Re Ferrante tratto da una copia ms. di uno di quei libri che si ritenevano «scomparsi» e che, a quanto pare, viene dato alle stampe per la prima volta.
60,00

Madam of Florence: Marie de Valois

Sabato Cuttrera

Libro: Libro rilegato

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 180

In the Italian middle ages an exceptional female figure left an important mark on history: Marie de Valois, daughter of King Charles of France. Her life offers us a fascinating portrait of that transitional era that would later lead to the explosion of the Renaissance. This book tells us about her life, how the French princess moved to Naples and then later found herself in the heart of Tuscany. In these pages, we explore her youth at court, her marriage to the Duke of Calabria Charles of Anjou in 1324, and her stay in Florence. In the Tuscan town, Marie found herself attending the marvelous celebrations for the feast of San Giovanni in June. The Florentines gathered to celebrate fervently this occasion, considering this saint 'a symbol of political correctness and moral rectitude'. The streets of the city turned into a stage for sumptuous festivities with papier-mâché candles on processional floats, creating a magical and enchanting atmosphere, with art and culture dancing together in a symphony of splendor and magnificence. Marie immersed herself in this new culture, embracing the beauty of Florentine life. Pierpaolo Tavino
60,00

Isabella of Balzo. The Queen of Naples, Puglia and Sicily

Arturo Bascetta

Libro: Libro rilegato

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 164

Isabella del Balzo, born in 1465 into a noble family in Apulia, was destined to become the Queen of Naples when she married Frederick I of Aragon in 1479. This union marked the beginning of an extraordinary adventure that would lead Isabella to become the Queen consort in 1496, although for a brief period of only five years. Her journey to Naples represented an epic for herself, crossing lands and seas, a momentous change that would transform her into one of the most influential figures in that city's history. The words of «Lo Balzino», a valuable work of the period, offer us a unique window into the life and deeds of Isabella del Balzo. This historical text, written by Rogeri di Pacienzia in Nardò in 1499, allows us to immerse ourselves in the details of the Queen's life, giving us an authentic and valuable perspective on her administration, political influence, and character. In 1501, as King Louis XII of France and King Ferdinand II of Aragon fought over the succession to the throne of Naples and Sicily after the death of Charles VIII of France, Frederick was deposed and forced into exile, taking with him Isabella and their children. This book is a journey through the extraordinary life of Isabella del Balzo, from her origins through her entry into the Neapolitan court, to the key years of her reign. Through historical research and the exploration of documents from the period, we will immerse ourselves in her skill in the art of administration, her influence on the political landscape, and her resolute character. We will discover how Isabella, in a time of crisis and change, established herself as one of the central figures in the history of Naples. With her intelligence, strength, and commitment, Isabella del Balzo deserves to be redeemed from the oblivion of history. Pierpaolo Tavino
60,00

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