VJ Edizioni

I componimenti di questa raccolta testimoniano, come un diario di viaggio hegeliano, le tappe di uno spirito che si cerca e anela alla completezza. Restano presenti, sullo sfondo, le montagne e il mare. E una presenza costante, alla quale questa raccolta è dedicata: la poetessa Antonia Pozzi. I dettagli della natura montana e l’impiego che le rime ne fanno per delineare il senso esistenziale dell’anima vagante coincidono con la poetica della Pozzi. La solitudine del poeta che si cerca e soffre per la mancanza dell’Altro è quanto mai avvertita in questi versi. La solitudine del poeta diviene sofferenza che non si placa. Il rimando trascendente è onnipresente, e così la ricerca dell’impossibile unità agognata. La poesia diviene ricerca spirituale, unica espressione di un impossibile divenire. Poiché la poesia può dire l’impossibile: immaginarlo e cantarlo. È qui, allora, che il poeta riesce a soffermarsi, a riposare, componendo le parole che dicano l’essenza stessa di ciò che ci circonda.

"L’acquisto di questo libro aiuterà l’opera costante di Oasi Rifugio Crotone. Nata circa 20 anni fa dall’idea di Rosamaria Cozza, battagliera sognatrice che ha fatto del suo amore una concreta realtà. Il rifugio ha il compito di ospitare randagi in difficoltà e trovare loro un’adozione. Il tutto è portato avanti dalle volontarie e volontari che non con poche difficoltà si prendono cura delle centinaia di animali vaganti e abbandonati. Sono le donazioni dei singoli cittadini che sovvenzionano questo grande progetto di Amore a poter permettere l’esistenza di questo luogo. Il sogno è di un territorio senza randagi indifesi e maltrattati, e forse un giorno anche di gabbie vuote."

In un quadro appeso a una parete, una giovane donna ascolta una conchiglia. Non si tratta di una conchiglia qualsiasi, ma è una conchiglia magica, che racconta storie di mare, storie che trasportano in mondi fantastici. Un viaggio tra sogni e realtà, che celebra la bellezza dell’immaginazione e il potere delle storie. Età di lettura: da 10 anni.

Lo stile narrativo del libro Bagliori di Mamady Dioumessy tradisce la consapevolezza di uno scrittore ispirato. Lo stile focoso, dai tratti nervosi, riflette l’entusiasmo della giovane età dell’autore, catturato dall’ambizione di essere il più possibile esaustivo, totale, minuzioso e allo stesso tempo raro, ricercato, unico, innovativo, “postmoderno”, per sfuggire alla monotonia della banalità, del déjà vu e del già detto. L’autore stesso, nella introduzione, confessa che la sua opera è “… il frutto di una maturazione della consapevolezza letteraria… scritta con una nuova tecnica di scrittura postmoderna chiamata frammentazione narrativa”. Nonostante questa apertura alla novità, l’eco dei passi degli scrittori del passato risuona in penombra, discreta, sotterranea, invisibilmente visibile, palpabile, appassionata e con un atteggiamento di rispettosa fedeltà soprattutto verso i giganti della letteratura francese del XIX e XX secolo, a cui l’autore ha attinto nel corso della sua formazione accademica. Siamo, in ogni caso, di fronte ad una scrittura lucida, penetrante, acuta, desta, mai incerta o approssimativa.

Mi chiamo Laura, ho 44 anni, e sono mamma di Damiano e Martino, due gemellini di 5 anni. Damiano combatte dalla nascita la sua malattia con la forza di un gigante, ci ha insegnato che per ogni caduta bisogna rialzarsi due volte e che farlo col sorriso è lo spettacolo più potente, commovente, eccezionale che avremmo mai immaginato di vedere. Martino tifa per lui e crede in lui, è la sua spalla e la sua voce, la dolcezza e l’energia. Lo ha visto fasciato e attaccato ai tubicini tante volte, anche lui ha il suo bagaglio da portare che però ha già trasformato in un sogno : “da grande farò il tato bianco (medico) dei bambini!”. Questi i motivi per cui con questo racconto voglio celebrarli e passare il messaggio ai piccoli lettori che la diversità può essere guardata con ammirazione anziché con timore. Età di lettura: da 7 anni.

Come belve impaurite ci muoviamo furtivi nel cammino della nostra vita, attenti al prossimo agguato; pensiamo male, agiamo male, viviamo male, moriamo male. Come può esserci pace in tutto questo? Ci stiamo estinguendo ancora una volta, la nostra vibrazione cosmica si sta spegnendo sempre più, ma siamo ancora in tempo per cambiare rotta, e tornare a brillare in frequenza come un tempo. Smettiamo di cercare agguati al di fuori di noi, perché il vero agguato siamo noi. Ogni verità ha il suo lato oscuro da percorrere e da vivere, per poterne conoscere la sua piena essenza e profondità. Non può esistere un percorso evolutivo senza frustrazioni, dolori e paure: esse si presenteranno per affinare la nostra sensibilità e aprirci alla ricerca interiore della nostra divinità, per essere liberi dal grande inganno, dobbiamo prima imparare a non aver paura della vita, e solo dopo, della morte.

Romanzo della realtà, Decennio Rosso mostra i cosiddetti "anni di piombo" dal punto di vista di chi compì la scelta comunista e rivoluzionaria della lotta armata per alzare il livello di scontro con le istituzioni passando dal movimentismo alle organizzazioni combattenti, con l'idea di cambiare la storia d'Italia, sogno rischioso e alla fine dissolto, ma che dopo essersi elevato perdurò a lungo prima di decadere, perché comunque radicato nel tessuto sociale dell'epoca. In tal senso Decennio Rosso non è un romanzo cupo, di pentimento e di dolore ma attraverso le vicissitudini di Sofia e di Elio si rivela un racconto carico di umanità e speranza che mostra come una moltitudine di giovani animati da proposte culturali e politiche innovative e originali, pur se frazionata in mille gruppi, sia riuscita a emergere all'improvviso ponendosi con grande autorità al centro della società.

La raccolta "Neoviscerale" di Alessandra Pennetta si colloca in un preciso territorio nell’ambito nella contemporanea creazione poetica. L’autrice stessa, in una delle prime poesie della raccolta, definisce il percorso della parola e il suo particolare approccio alla poesia nella relazione col corpo. Dunque, per la poeta la parola dal corpo sorge e al corpo torna, laddove per corpo non si intende solo ciò che costituisce la fisicità dell’autore ma anche, e soprattutto, un richiamo ad un altro che si identifica nella Natura stessa. Allo stesso tempo, ed è davvero da rimarcarne gli esiti, la poesia di Alessandra Pennetta, pur definendosi viscerale, fortunatamente non si colloca nello strabusato ambito di una poesia solamente emozionale, ma descrive del corpo i movimenti profondi che scaturiscono in un versificare di pensiero e riflessione, mai scevro di spunto ironico.

In un mondo dove la materia si sgretola insieme alle certezze, Corpi in dissoluzione è un viaggio perturbante attraverso la fragilità delle percezioni. Le vite dei protagonisti, apparentemente ordinarie, vengono corrose lentamente da un mistero indecifrabile, che agisce come un acido invisibile, sciogliendo i confini tra corpo e spirito, vero e falso. La narrazione si muove tra atmosfere rarefatte e inquietudini viscerali, dove la realtà inizia a mostrare crepe, distorsioni. In questa raccolta il mistero non si presenta come qualcosa da risolvere, è una forza attiva che trasforma il reale in una zona di dissoluzione, dove la verità è un concetto liquido e ogni certezza viene annullata.

In un elegante quartiere intriso di quiete e memorie, l’apparente tranquillità viene spezzata da un delitto inatteso. Niente commissari infallibili o investigatori di mestiere: in Delitto per destino, è il mistero stesso a prendere per mano il lettore, in un gioco psicologico raffinato dove ogni personaggio – dalla zitella poetica all’intellettuale eccentrico – cela una parte d’ombra. Con scrittura evocativa e gusto retrò, Tiziana Mainoli rinnova il giallo d’autore restituendogli profondità emotiva e tensione interiore. Un mystery elegante, che vibra di nostalgia, poesia e interrogativi senza tempo.

Questo libro nasce dalla necessità di raccogliere e dare un minimo di dignità letteraria a pensieri, riflessioni e ricordi pubblicati in questi ultimi anni su Facebook. Ho preso questa decisione per due motivi: primo perché amici, parenti e conoscenti mi hanno più volte sollecitato a farlo, secondo perché mi è stata offerta una possibilità di poterlo fare alla quale difficilmente avrei potuto rinunciare nonostante la mia arcinota riservatezza. Auguro a questo piccolo libro un po’ di fortuna, sicuro di poter assicurare ai gentili lettori qualche motivo di riflessione e perché no, di svago.

C’era una volta un uomo che, con le mani callose e gli occhi pieni di passione, passava le sue giornate sui treni e sui binari. Un uomo che vedeva nelle ferrovie non solo un mezzo per spostarsi, ma una parte di sé, una sorta di casa mobile che attraversava città, paesi e montagne. Quell’uomo ero io. In queste pagine, ho raccontato non solo la storia delle ferrovie, ma anche quella di un legame generazionale che si rinnova. Un legame che mi lega a un passato che non voglio dimenticare, che guardo con gratitudine, e che, al tempo stesso, guarda verso il futuro. Quando ero giovane, ho fatto delle scelte, e spesso mi sono trovato a decidere in situazioni difficili. Se avessi preso altre strade, il mio cammino sarebbe stato diverso. Il libero arbitrio non è solo una questione di seguire il proprio cuore, ma anche di saper valutare le conseguenze delle nostre azioni, capire come ogni scelta ci fa crescere e ci porta verso nuovi orizzonti.