Aragno: Biblioteca Aragno
1940. La disfatta
Georges Bernanos
Libro
editore: Aragno
anno edizione: 2025
pagine: 104
Negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale, in Europa, e in maniera per vero epidemica, si diffuse un micidiale «equivoco»: che non ci fossero alternative al totalitarismo, fosse esso di destra o sinistra. Breve: Hitler-Mussolini-Franco da un canto, Stalin dall'altro. Sì che, quando nel 1940 si consuma la disfatta della Francia, l'unico baluardo (e poco conta, ora, risapere se tale baluardo fosse in concreto nulla più che un fantoccio di carta, percome fu, oppure un simbolo, a dirittura uno stemma della libertà insopprimibile), l'unico baluardo, dicevamo, contro la tirannia pare, a milioni di occhi per tutto il mondo, non solo crollato, ma assorbito senza più nel corpo del Nemico. Tra le voci che si levano (nel senso ortopedico del termine) contro questo «scandalo dello spirito», dal remoto Brasile, c'è quella di Georges Bernanos. Indomabile e altera. Oggi, a tanti anni di distanza (ma nel frattempo il 1940 non è tramontato: anzi), gli interventi che Bernanos pubblicò sulla stampa brasiliana, e che qui si presentano al lettore, continuano a ruggire.
Teatro
Franco Branciaroli
Libro
editore: Aragno
anno edizione: 2025
pagine: 370
Si credeva che la "decostruzione" e l'operare in suo nome sui palcoscenici o anche per terra o in acqua e ovunque fosse conforme alla volontà di straziare il teatro dialettico nato dove le pietre erano capaci di trasudare l'assurdo o il tragico dell'esistenza, fosse il re Mida che trasformasse in aura festa il teatro futuro detto, terzo, quarto, quinto, ma tutto quello che è riuscita a fare finora è stato semplicemente distruggere la reputazione e l'autorevolezza della più antica forma particolare di conoscenza riducendola alla stregua di un'operetta dal tono sinistramente amatoriale. Queste pagine concorrono alla costruzione di un'idea archeologica del teatro che appare lontana anni luce dal teatro contemporaneo ma che proprio nella sua inattualità testimonia paradossalmente la sua urgenza. Il testimoniato qui di seguito non si rivolge a teatranti che chiedono di riposarsi, si rivolge a chi non è pigro, discretamente dotato e soprattutto che abbia molto tempo a disposizione perché solo così il teatro, che per me è solo dialettico, se gli si concede tutto questo, offre in cambio molto più di quello che ci si può attendere ragionevolmente: svelare l'enigma della vita; essa è coincidenza tra soggetto e oggetto. Quello che accade sul palco non è oggetto fuori di noi, esso è dentro di noi, è noi stessi, è soggetto. Per questo il monologo che si rivolge allo spettatore è mortale, perché si esibisce come oggetto. Il palco è il tavolo e il sipario è la porta dell'armadio. Il tavolo dove si dialoga, dove si cerca la sintesi che di solito tragicamente o anche drammaticamente non si trova se non nella morte o nell'abbandono; e l'armadio racchiude il mistero di questa mancanza. Si dirà che il tavolo del teatro greco non aveva il sipario, porta dell'armadio, ciò non è vero, esso consisteva nel buio della notte che sopraggiungeva al tramonto e alla fine della tragedia. Ma con la scusa del pop il teatro odierno semplifica e fraintende, ci fa sentire separati dagli uomini nonostante cerchi invano di farsi capire. Queste pagine si tingono, magari invano, di un'urgenza inaggirabile che suggerisce come proprio nella riflessione e nella dialettica sia la chiave per abitare il mondo: scopo della mia vita: voler trasfigurare, creare, dare un senso ad ogni istante della mia esistenza da viverlo nel mondo più nobile, più alto, più bello.
Spinoza o la dinamite filosofica
René Daumal
Libro
editore: Aragno
anno edizione: 2025
pagine: 82
Pochi pensatori, nella tradizione filosofica europea, hanno seppellito tanti candelotti di dinamite nella propria opera, al pari di Spinoza. Del che si accorse, e non per caso, quel divino scapestrato, a cavallo tra Dante e Jarry, che fu René Daumal. In un articolo uscito sulla N.R.F. del 1° maggio 1934 - titolo: Spinoza o la dinamite filosofica - egli proponeva infatti d'individuare la carica eversiva, irriducibile, del tritolo spinoziano nel concetto sanscrito di advaita, cioè a dire: «non-dualismo». Ché mira precipua di Spinoza fu, altronde, cotesta: far saltare il putrido, corrotto, delirante bastione della nostra civiltà (ovvero barbarie) occidentale. Il come, è presto detto: revocando tutti i dualismi. Confondendo indiscernibilmente vita e pensiero. Permodoché, da ultimo, Spinoza più che filosofo, nelle pagine di Daumal ci parrà saggio indù. O meglio: anarchico bombarolo.
Elogio della stupidità
Lev Šestov
Libro
editore: Aragno
anno edizione: 2025
pagine: 100
Lev Šestov nell'Elogio della stupidità (1907) parte dalla considerazione comunemente accettata che la stupidità sia il contrario del buon senso. Ma allora perché lodare qualcosa che si oppone alla ragionevolezza? Il dubbio che egli semina è che nella stupidità ci siano più potenzialità e più ricchezze che non nel buon senso: «La stupidità ha le sue leggi che non si sottopongono né al controllo né alle limitazioni. Essa è bellissima, non si discute, il buon senso invece ha stancato da morire ed è noioso, come una vecchia bigotta».
Un altro Settecento
Pietro Citati
Libro
editore: Aragno
anno edizione: 2025
Occorrono davvero troppe vite per fare un critico come Citati. I capitoli della sua parabola ermeneutica sono frutto di una meditazione lunga, di una serie di fascinazioni, mai superficiali, ma sempre vissute interamente. In altre parole, riscoprire i passaggi che hanno fatto di Citati non uno studioso in senso stretto, ma un pioniere capace di reinventare dall'interno la prosa messa al servizio delle opere altrui, significa rileggere in un'altra luce momenti diversi del modo in cui la critica italiana si è confrontata, tra primo e secondo Novecento, tanto con i testi della sua tradizione quanto con le novità provenienti dalle letterature straniere. In una lettera a Paolo Lagazzi, a commento del suo splendido saggio per il volume dei "Meridiani" Mondadori, in cui era stata raccolta una parte significativa dell'attività critica di Citati, l'ormai anziano scrittore confessava che Lagazzi aveva colto nel segno nel porre al primo posto «l'amore per il Settecento magico». Certo, nelle pagine di questa tesi, così severa e rigorosa, sembra raccontarsi una storia altra: nessuna frivolezza, la naturalezza viene ricercata, come valore etico-politico, non nel gioco letterario, ma in una scrittura che trovi un rapporto con il mondo circostante. Ecco, l'azione tormentata, miope, lucidissima, lineare, tutta scosse dei fratelli Verri e di Parini. Sul baratro della Rivoluzione francese, sulla voragine di una realtà nuova. Eppure, già qui, a guardar bene si comprende che a emergere è il cantiere di lavoro e pensiero di Citati, che prepara la base per quell'arte del ritratto che inseguirà poi nel resto della vita.
Roma perduta
Mario Praz
Libro
editore: Aragno
anno edizione: 2025
In "Roma perduta" sono raccolti gli articoli che Mario Praz pubblicò su Paese Sera negli anni Sessanta, offrendo uno sguardo lucido e sensibile sulla città eterna durante una fase di profonda trasformazione. Non la Roma dei monumenti celebrati, ma quella di silenzi, dimore segrete e piazze concepite come "sale a cielo scoperto", oggi spesso travolte dal traffico e dall'incuria. Praz restituisce una città stratificata, dove il tempo antico e la vita moderna si confrontano, invitando a leggere Roma come organismo vivo e fragile, la cui memoria sopravvive nella parola e nell'osservazione attenta di chi sa custodirla.
Italia
Lev Tolstoj
Libro
editore: Aragno
anno edizione: 2025
Tema unificante di questo volume, e da qui anche il titolo, è il riferimento all'Italia dei quattro testi di Tolstoj che vengono raccolti. Il primo presenta la versione integrale di un suo diario di viaggio in Piemonte e Val d'Aosta (quando ancora le due regioni appartenevano al Regno di Sardegna) nel giugno del 1857. Nei tre successivi scritti l'Italia ritorna non come meta di un viaggio ma come occasione per riflettere su temi, che anche oggi risultano di stretta attualità, come quello della pace e dell'antimilitarismo, e ciò a partire da alcuni episodi cruciali quali la disfatta di Adua (1896) e l'uccisione del re Umberto I (1900) che avrebbero finito per segnare la storia del Regno d'Italia.
L'idealismo tedesco. Carteggio 1794-1807
Friedrich W. Schelling
Libro
editore: Aragno
anno edizione: 2025
L'idealismo «è la più importante rivoluzione del sistema delle idee di tutta la Germania». G.W.F. Hegel «Tutto dipende dal fatto che dei giovani, decisi a osare e intraprendere ogni cosa, si uniscano per dar seguito, da prospettive diverse, alla stessa opera, attingendo l'obiettivo non in uno, ma in tanti i modi, e sopra tutto accordandosi all'azione comune; ciò garantisce la vittoria» F.W.J. Schelling «Indubbiamente, le lettere scambiate con Schelling formano il cuore dell'epistolario hegeliano. Tutti gli altri interlocutori di Hegel, persino il sommo poeta Hölderlin, arretrano di un passo rispetto a Schelling. La ragione elementare [...] è che questo breve carteggio [...] segna l'atto di nascita della corrente di pensiero più importante dell'Europa moderna, l'idealismo tedesco» G.Raciti
Thomas Hobbes
Pierre Bayle
Libro
editore: Aragno
anno edizione: 2025
Una delle più singolari voci del sesquipedale, fino pantagruelico Dizio-nario storico-critico di Pierre Bayle, è proprio quella su Thomas Hobbes. E almeno per tre ragioni. Primo: vi si discute la vertiginosa questione del «popolo», o sia quella fantasmatica, umbratile entità che tanto im-pegnerà e conturberà le menti moderne fino ai giorni nostri. Secundo: vi si affronta, e nitidamente, il problema (sinistro quanto il precedente) dell'inaggirabile naufragio di tutte le idee astratte, tostoché risolvano di calarsi, o inverarsi, nella pratica. Tertio: vi emerge, in chiusa, la paura d'acchito inesplicabile che Hobbes, autore perlappunto d'una sulfurea o (meglio) famigerata opera intitolata: Leviatano, aveva delle apparizioni demoniache. Tre ragioni che, a vero dire, potrebbero compendiarsi in un solo e disturbante rovello: quello degli spettri. Spettri della politica, della filosofia; spettri di Hobbes. Spettri a oggi (ma lo saranno mai?) non ancòra pacificati.
Genealogia del contemporaneo
Max Dvorák
Libro
editore: Aragno
anno edizione: 2025
pagine: 696
Max Dvořák (1874-1921), grande esponente della Scuola di Vienna, fu allievo e poi successore di Franz Wickhoff alla cattedra di storia dell'arte e di Alois Riegl alla carica di Conservatore generale della tutela austriaca. La sua notorietà si deve soprattutto al Catechismo per la tutela dei monumenti (1916), considerato la "Marsigliese della conservazione" e uno dei fondamenti della disciplina. Il suo contributo maggiore fu di gettare un ponte tra storia dell'arte e tutela: Dvořák ha riportato l'arte al centro della tutela, ma in un'accezione della prima talmente dilatata da comprendere il quadro urbano, territoriale e ambientale; della seconda come fattore propulsivo della tendenza dell'arte e dell'architettura contemporanea. Il volume raccoglie i manoscritti dei due cicli di Lezioni sulla tutela tenute nel 1906 e 1910; un articolato panorama dei cantieri di conservazione di importanti capitali culturali e artistiche; le attestazioni della considerazione dell'Italia come paese simbolo dell'arte; i profili istituzionali che rendono originale la tutela austriaca; pionieristici interventi su arte dei giardini, storia del restauro, conservazione alla scala urbana, tendenza architettonica e ricerca artistica contemporanea. Completano l'edizione un'antologia di saggi che traccia le coordinate critiche e spazio-temporali del recupero di questo capitolo della cultura europea.
Lettere di botanica
Jean-Jacques Rousseau
Libro
editore: Aragno
anno edizione: 2025
Questo volume raccoglie le Lettere elementari di botanica (1771-1774), le nove lettere coeve inviate a Monsieur de La Tourrette e il Dizionario di botanica, redatto nello stesso periodo. Rousseau ci rivela un lato meno noto del suo pensiero: quello del naturalista. Le lettere, scritte in uno stile narrativo e discorsivo, guidano il lettore nella comprensione dei caratteri delle piante secondo il sistema linneano e invitano all'osservazione diretta, trasformando lo studio botanico in un'esperienza estetica e quasi affettiva. Il dizionario completa l'opera, fornendo strumenti chiari per orientarsi nei termini e nei concetti fondamentali della disciplina. Il tono intimo e confidenziale delle lettere mira a risvegliare curiosità e meraviglia, mostrando come il sapere botanico, lungi dall'essere nozionistico, possa diventare un esercizio dello sguardo e dell'animo. Un contributo significativo alla storia della botanica del XVIII secolo e alla comprensione della particolare dimensione naturalistica del pensiero rousseauiano.
Perché abbiamo bisogno di una Dea
Donatella Signetti
Libro
editore: Aragno
anno edizione: 2025
La Grande Dea è stata la figura divina centrale della prima concezione mitologica del mondo. Archeologia e mitologia ne conservano ancora le tracce, ma a un certo punto culti e narrazioni cambiano contenuto, mettendo al bando la sua memoria. Le storie che raccontiamo o che occultiamo influenzano il nostro modo di essere e di stare al mondo. Non c'è nulla di meno innocuo di una storia: noi umani da sempre ci influenziamo l'un l'altro grazie alle narrazioni. La storia della Dea ha bisogno di essere rinarrata, per colmare una mancanza, per dare forma a una nuova mitologia femminile o forse addirittura dell'umano, che passi attraverso il recupero di qualcosa che c'era ed è andato perduto. Il significato di fondo del mito della Dea, presente come una costante in tutte le sue varianti, è la visione del mondo come unità vivente. La Grande Dea, ovunque la si trovi, testimonia la percezione dell'universo come un tutt'uno vivente e sacro, in cui ogni cosa è tenuta insieme in una rete cosmica, dove tutti gli ordini della vita manifesti o immanifesti sono in relazione, oltre ogni dicotomia. Con la prefazione di Edmondo Lupieri e la postfazione di Ludovica Eugenio.

