ABE: Le regine di Sicilia
Iolanda di Andria: Yolanda de Brienne dei re di Gerusalemme
Arturo Bascetta, Sabato Cuttrera
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2023
pagine: 106
Con la regina in attesa di partorire l'erede di Gerusalemme, la primaria operazione fu quella di partire per la Terrasanta per farsi riconoscere tutore reggente del nascente Corradino. Federico II le pensava tutte, solo che la morte improvvisa della Regina sconvolgerà un po' i piani, costringendo l'Imperatore a recarvisi ugualmente, ma in tutta fretta, per essere confermato a legittimo erede del trono. Stavolta non prima di aver tumulato la sfortunata moglie. C'è un po' tutta la storia dei Brienne, che generarono Iolanda, in questo libro, ma anche quella del Principato di Puglia, traslocato da Barulo a Andria, dopo le alchimie di Innocenzo III che la fece città della Chiesa. Qui i Brienne di Gautier, giustizieri di Puglia per il Papa, divennero i padroni, dopo essersi insediati a Lecce, col titolo di Marchese (Principe, Duca e Conte). Ma fu all'eredità della Trinità dei Brienne a cui puntò Federico II, dopo che mortente la madre Costanza il Papa aveva confermato il ritorno dei Templari a Barletta. E così, dal mistero di Andria, la città del faro di Lucera, assistiamo alla scalata dei Brienne del Lussemburgo con Maria Monferrato Regina Jerusalem e Giovanni de Brienne del Lussemburgo che generarono la bella Iolanda. Nacque da regina, come la nonna isabella, perché del sangue dei Brienne e di Re Corrado. E Re Giovanni non ebbe dubbio: Federico II era il marito giusto per la figlia. Ma Federico II scippa subito i beni ai templari perché vuole la vicaria armena di S.Matteo e affretta i tempi con lo sposalizio per procura, avvenuto in S.Giovanni d'Acri, di Iolanda già incoronata Regina di Gerusalemme a Tiro. Per lei l'Imperatore rifonda la vicaria di Puglia e nasce Nova, dove accoglierà la sposa sbarcata a Brindisi, anche se da subito profanò il talamo nuziale amoreggiando con la cugina di Ysabella fra le 12 colonne di Castel del Monte, mentre la povera Regina restava segregata nel palazzo di Andria, dove divenne madre e poi spirò.
Anne de Bretagne: Anna di Bretagna. La regina che partorì il duca erede di Napoli
Sabato Cuttrera
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2022
pagine: 144
Anna di Bretagna, anzi Anne de Bretagne, nacque nell'era delle conquiste, quando il Regno di Napoli di Re Ferrante e Giovanna d'Aragona vedeva la sua corte colpita dalla peste. Sono gli anni delle tresche, in cui i figli del papa, maschi e femmine, vengono utilizzati da Alessandro VI per assicurarsi un pezzo di Napoli, al fianco di un principe o di una principessa. Del resto i brutti presagi della magia popolare non erano stati così infondati con l'ascesa di Alfonso II che fu oscurata solo dalla forza, dalla tenacia, e dalla perseveranza di una donna come Anna che considerava un nemico politico per quello che era: il nulla. Anna nacque di sangue della casa reale di Francia e di Navarra che l'aiutarono a divenire erede al trono, sposando sulla carta l'Imperatore Massimiliano I e poi, in carne e ossa, Carlo VIII di Francia che la incoronò Regina. E francese fu la prima provincia d'Italia che sventolò le sue bandiere, vale a dire l'Abruzzo, nonostante Papa Borgia avesse consolidato amicizia con il Re-consuocero. Fu Anna a convincere Carlo VIII a partire, ormai che il Principe di Salerno, signore più potente del reame, avesse sposato la causa francese di impadronirsi del Regno. E il bottino fu proprio la metà del suolo napoletano, con la spartizione a tavolino concordata con la Spagna, pur di sopprimere gli Aragonesi di Napoli. Fu allora che tutta la Puglia sventolò la bandiera di Anna e Carlo VIII finché non divenne imperatore. E di Anna furono i libri più belli di Napoli trafugati a Palazzo, mentre il nemico fuggiva a Ischia e in Sicilia. Ciò permise a Carlo di entrare a Caserta e Napoli, comprando dal papa la corona del Sud in cambio di Benevento. Fu allora che Anna divenne Regina di Sicilia, quando per tutta la Francia fece sventolare bandiere e alimentare falò per le piazze. La cosa in verità durò ben poco. Anna però perse il Regno di Sicilia, ma non il titolo, come dimostra la corrispondenza con Napoli, dove fu il suo Carlo a fondare per la prima volta il Comune amministrativo. La notizia della sfilata delle insegne reali con le sigle di C (Carlo) e A (Anna) fece il giro d'Europa, con la corte francese ormai in pianta stabile a Castelcapuana, creando s.Agostino per la prima volta a sede del Consiglio comunale cittadino. La Festa in Francia, i colori, la musica: Anna era stordita da tanta paventata ricchezza. Poi la morte del marito, il lutto. Anna è vedova, ma dal suo grembo è già nato chi porta in eredità il titolo di Re di Sicilia; nato già padrone di Puglia e Calabria: Canosa e Venosa. Carlo sfilò senza la Regina, ma con la corona in testa, como ad Re de quisto Regno. Chissà quanto avrebbe voluto farlo con accanto la bella Anna di Bretagna, alla quale, in fondo, non aveva dato nulla che un titolo, senza neppure la soddisfazione di un matrimonio sfarzoso, di un figlio che potesse vivere da principe. Il suo nome era comunque ovunque, benché puntato, su tutti gli scudi: «C.», per Carlo, e «A.», per Anna, si ritrovavano impressi ovunque, dalla veste reale alle armi. Amore, soldi e conquiste: erano questi i pensieri che affollavano la mente del nuovo sovrano di Sicilia, mentre si avviava a prendere possesso del reame degli avi. Era preceduto dalla processione, mentre egli andava sopra uno cavallo liardo chiaro con le areze moze socto el palio de brocchato la barrecta che portava in testa era de velluto negro, con certe frise de oro dentro la piega de la barrecta quali frisi erano la corona, la veste de panno de oro, lo septro et lo pummo. Innanzi a lui luceva la spada regia; dietro, spiccavano due corseri copertati.
Elena d'Epiro di Sicilia. Elena Ducas degli Angelo-Comneno
Arturo Bascetta, Sabato Cuttrera
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2022
pagine: 110
Il 2 giugno del 1259 giunse nel Regno la fresca sposina del Re Manfredi. Era bella, di persona, e di gentili maniere, nei più verdi anni dell'età sua, «quando passò a marito». Oltre a questi pregi naturali ella portò in dote molte Terre, che nell'Epiro le furono date da Michele suo padre: fatto su cui gli scrittori hanno taciuto, ma che un rescritto ci ha fatto sapere. Con questo matrimonio Manfredi non solo estese l'ampiezza dei Regni del padre, ma con Michele il Despoto acquistò un amico vicino e potente, sia per l'estensione dei suoi stati che per essere questo Principe prode e valente di sua persona». Così l'Anonimo: - Arrivao in Apulia cu octo galere la Zita de lo seniore Re Manfridu fillia de lu Desportu de Epiru, chiamata Alena accompagnata da multi Baruni et damicelle de lu nostru Reami, e de quillo de lo soi palre, et sbarcao in lo portu de Tranu dovi l'inspectava lu seniore Re lu quali quando scisce la zita da la galera l'abbrazzao forti, et la vasao». Lo sposalizio avvenne a Trani e non a Barletta, forse per fare più colpo sul suocero, tale fu la pompa sfoggiata dal Re e dalla corte, le sete di Bari indossate dai cortigiani, e le divise sfoggiate dai cavalieri per non sfigurare con una regina come Elena che amava il lusso in cui era cresciuta. «Dopo che l'appo conducta per tutta la nostra Terra tra l'acclamazione de tutta la genti, la mennò a lu castiellu, dove ze foro grandi feste et suoni, et la sera foro facti tanti alluminere, et tanti falò in tutti li cantuni de la nostra terra, che paria che fosse die. Lu juomo appressa lu seniore Re creao multi cavalieri tra li quali foro li nostri concittadini messeri Cola Pelaganu et Fredericu Sifula che aviano accompagnata la Reina in lu viaggiu cuui le doi galeri della nostra terra. La dicta Reina è multa avvenente et de bona manera, et è più bella de le prima mogliera de lu Re; et se dize, che non have più de dizesette anni». A gloria e onori non mancarono conferme greche per lo Svevo, al quale il despota cedette le conquiste sulle coste di Durazzo e Valona, che andavano a integrare la dote principesca di Elena, con ex territori normanni, quali Corfú, Butrinto e Kanina. Ma l'euforia durò poco e quando scese Re Carlo d'Angiò, il primo pensiero fu quello di entrare in Benevento per donarla al Vaticano, essendo già stata città del Papa, e perciò fu punita dalla Chiesa e dal Re. Essa fu «messa a sacco, gli abitanti sgozzati, l'Arcivescovo confessore di Manfredi spogliato delle insegne ed incatenato, le Chiese stesse spogliate dei sacri arredi. Carlo ebbro della vittoria raccoglieva i tesori di Manfredi conservati dal vile Maiella; e dando notizia al Papa della vittoria, lo gratificava con una parte delle regie spoglie, così spartendosi la veste della vittima». A dire del cronista stessa sorte subirono «i devoti di Manfredi, o spenti con lui o preda del vincitore, o esuli e raminghi sui monti e fuori i confini del regno». Giovanni da Procida fu tra costoro e subito dopo corse anche a Roma per «trionfar con la scienza de' nemici e de' tempi», con Re Carlo che fece della vittoria una barbarie. L'infelice vedova Elena «alla trista nuova passò con i suoi quattro figlioletti da Lucera in Trani, per fuggire in Epiro, e nel dì tre marzo si rifugiò nel castello. Ma anche sugl'innocenti vegliava l'ira implacabile di Roma; e venuto questo a conoscenza di alcuni frati, che a commissione di Papa Clemente girandolavano pel regno per ribellarlo a Manfredi, tanto si adoperarono che la fecero chiudere in quel castello, e ne diedero avviso al Re Carlo». Ben due ragazzi si salveranno per dare altrove seguito alla dinastia Sveva, mentre la Regina fu costretta a ricorrere ad uno stratagemma per avere salva la pelle e rifarsi una vita...
Béatrice de Provence
Arturo Bascetta, Sabato Cuttrera
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2022
pagine: 128
Beatrice non poté godere a lungo della gloria e dei frutti della conquista del reame. Pertanto, forse consapevole della malattia, così come già aveva fatto in passato, riprese a scrivere, anzi a dettare le sue ultime volontà. All'epoca era immersa nella pace dei colli che circondano Forenza, baluardo dei templari combattuto fra chi risale l'Ofanto e chi il Basento, nella già nota dimora di Lagopesole, già Principato di Taranto degli Altavilla periti a Venosa, nella giurisdizione dell'antica Acheruntia. La nostra Regina Beatrice di Provenza, invece, trapassata la madre, secondo Matteo Spinelli, sarebbe morta nell'ottobre del 1267, ma «con buone ragioni e documenti si dimostra come quella morte abbia a fissarsi nel marzo dell'anno 1268. E non crede né pure che sia stata seppellita, come riferisce il Summonte, in Nocera. La lapide che vedesi tuttavia nella Chiesa di S.Maria Mater-Domini, guasta e corrosa dal tempo, sarà giudicata falsa dallo storico. Nella Valle Basilicata, quella che racchiude gli antichi territori della Fiumara e del Fiumitello da Forenza a Lagopesole, la corte al seguito della sovrana si fermò dal 6 aprile al settembre del 1266. Il 30 giugno Beatrice era in camera palatii Lacuspensilis. Qui, la Regina, dilaniata dalla malattia, dettò le sue ultime volontà, senza più sperare di poter trascorrere una sola giornata di svago fra i colli della distrutta Civitate Florentia. Al suo capezzale non c'era alcun messere di Venosa, Acerenza o Gravina. Donna Beatrice, degna erede di sua maestà Beatrice di Savoia, volle che l'attorniasse solo la corte, quella che la seguiva in Provenza, come nelle vicarie del suo reame. E Bartolomeo Pignatelli, arcivescovo di Messina, Goffredo di Beaumont, cappellano del papa e cancelliere reale, Giovanni d'Acy, il comandante Barral di Beaux, e il milite Pietro di Cambelin furono pronti per quest'ultimo atto di affetto verso la di loro sovrana.70 Beatrice non aveva avuto tempo di vedere terminato il Palazzo di Valle Basilicata, in quel di Lagopesole, base militare degli Angioni. Non ebbe tempo neppure di dare seguito alle rifiniture operate dai grandi maestri del marmo di Forenza, o dalle altre maestranze che da Venosa e da Acerenza si partivano per fare bello il suo reame. Sembrava scaduto tutto il tempo necessario per inaugurare questa nuova reggia itinerante, che Carlo I d'Angiò, marito allegro e premuroso, aveva dedicato alla sua dolce moglie. Da allora per i sudditi non ci sarebbe stata altra occasione se non quella della preghiera, specie verso Montevergine. E a quella madonna che proprio da qui, nell'immenso dei boschi forentani, gli Angioni mostrarono i segni della devozione, ora un intero popolo volgeva lo sguardo. Le campane festose che suonavano a distesa da S.Angelo a S.Maria degli Armeni, o a S.Martino de Pauperibus, ultimo baluardo gerosolomitano dei Cavalieri Templari di Barletta, smisero all'improvviso di gioire, annunziando per prime al mondo che la più giovane fra tutte le regine di Napoli aveva appena chiuso gli occhi al mondo. L'atto venne rogato dal regio notaio Reginaldo da Coney.71 Morirà un anno dopo, il 23 settembre del 1267, proprio in quell'antico castello allora chiamato Lagopesole. Il suo corpo sarà poi tradotto e sepolto nel duomo di Napoli, indi, nel 1277, trasportato in Aix-en-Provence, nella chiesa di S.Giovanni di Gerusalemme, dove riposavano i genitori.
Bèatrix de Savoie. Beatrice di Savoia. La Regina del Regno di Sicilia. La marchesa di Saluzzo moglie di Re Manfredi di Svevia
Arturo Bascetta, Sabato Cuttrera
Libro
editore: ABE
anno edizione: 2021
pagine: 128
Re Manfredi, a marzo del 1247, si prese il lusso di nominare Gualtieri d'Ocra arcivescovo di Capua a procuratore imperiale per trattare il matrimonio con Beatrice. Nonostante la giovane età e la discreta figliolanza, Beatrice di Savoia avrebbe partorito un erede anche per la casa siciliana, donando ai fratellastri di Saluzzo la possibilità di godere dello splendore di Costanza II, che per la bellezza dei suoi occhi lasciò a bocca aperta lo stesso Stupor mundi. Manfredi ebbe da Beatrice una figlia tutta sua che riempì di gioia tutta la città di Catania quando nacque l'erede di Sicilia. La sposa sabauda partorì Costanza Costanza nel 1249, allattata a corte dalla giovane regina figlia di Amedeo di Savoia, di cui già godeva, per eredità dotale, di alcuni feudi. Ma ebbe anche una dama per nutrice, chiamata Bella d'Amico, fresca sposa di Laùria, suffeudatario calabrese, anch'ella puerpera, essendo madre del piccolo Ruggiero di Laùria, suo fratello di latte e poi di vita. Bella fece da nutrice e da dama di compagnia, restando per sempre donna di camera della principessa, come una seconda madre.
Constança de Sicìlia. Costanza di Svevia fu Beatrice di Savoia e Re Manfredi di Puglia
Arturo Bascetta, Sabato Cuttrera
Libro
editore: ABE
anno edizione: 2021
pagine: 108
La principessa ebbe il nome della bisnonna, sangue di Ruggero II Altavilla. Si capì subito l'amore dei genitori verso le casate degli avi, immersi nei possedimenti, giunti al ramo svevo, per acquisizione tanto della Puglia, quanto della Sicilia. L'imperatore Federico II, suo nonno, non era ancora morto, prima di Natale del 1250, che lei era già nata, da suo figlio naturale, Re Manfredi, che mantenne la Corona di Sicilia per ben sedici anni. Sia ben chiaro, Principato del Regno fu sempre il Gargano, ma a Beatrice, fresca sposa sabauda, piaceva Catania, e lì nacque l'adorata creatura. Le fu posto nome di Costanza anche per attenuare pene e sofferenze della casata degli Svevi del Principato pugliese, che riuniva il suo Parlamento in quel di Barletta. Costanza fu allattata a corte dalla giovane regina figlia di Amedeo di Savoia, di cui già godeva, per eredità dotale, di alcuni feudi. Ma ebbe anche una dama per nutrice, chiamata Bella d'Amico, fresca sposa di Laùria, suffeudatario calabrese, anch'ella puerpera, essendo madre del piccolo Ruggiero di Laùria, suo fratello di latte e poi di vita. Bella fece da nutrice e da dama di compagnia, restando per sempre donna di camera della principessa, come una seconda madre, specie dopo la morte di Beatrice, avvenuta prima del 2 giugno 1259, data del secondo matrimonio di Manfredi, Principe di Taranto, con Elena Ducas, almeno a dire di Bartolommeo di Neocastro. Alla morte di Federico II, infatti, fu il figlio vedovo Manfredi, pur essendo spurio, a reggere il trono, come recita il testamento. Il patto era di riconsegnarlo all'erede legittimo, il fratellastro Corrado IV di Germania, che però la malaria volle colpire a morte, in quel di Lavello, nel 1254, dopo un paio di mesi di malattia, in cui corse anche voce che Manfredi lo avesse fatto avvelenare. Delle sue spoglie, il cui cuore e le viscere furono tumulate a Melfi, mentre il resto del corpo giunse a Messina, dove si svolsero nuovi funerali (prima della sepoltura definitiva a Palermo). A tal proposito il mesto avvenimento, per via del gran numero di ceri, è ricordato perché nel corso del rito si sviluppò il furioso incendio che distrusse il Duomo, senza mai capirne le vere cause.3 be potuto andare a Venezia per spendere le somme cospicue che gli vennero addebitate…. Costanza mostrò la sua abilità politica di sovrana e di cristiana, dopo aver sistemato anche le figlie: Isabella a Regina del Portogallo e Violante a sposa di Roberto d'Angiò. La perdita del primogenito Re Alfonso Il Liberale e del secondogenito Pietro, Principe d'Aragona e di Sicilia, restò una piaga insabile, ma c'è da dire che anche gli altri tre maschi non fecero altro che le sue volontà, fino all'ultima trama di questo lungo film, riavvolto a Roma dai pontefici. Qui, durante il pellegrinaggio, come la migliore suddita al mondo, guardata a vista da Giovanni da Procida, chiese e ottenne ogni giorno indulgenze, in attesa che il figlio Re d'Aragona venisse a trattare la pace con Re Carlo d'Angiò e con suo fratello Re di Sicilia. Poi se ne tornò felice in Catalogna, dove dispensò amore al popolo per l'anima del fu marito, e per la sua, facendo innalzare molti monasteri. Così il cronista: - Feu molt de be per l'anima del senyor Rey en Pere, marit seu, e per la sua, e feu molts monestiri e molts d'altres bens.102 Quando raggiunse Barcellona, per lealtà e imparzialità con la prole, li donò alla casa dei frati minori dell'altro figlio, che era Re Namfos d'Aragona, sposo dell'Infanta, e lì restò, dove morì vestita con l'abito dei frati minori…
Maria di Bretagna, Marie de Blois
Arturo Bascetta, Sabato Cuttrera
Libro
editore: ABE
anno edizione: 2021
pagine: 144
Re Luigi lasciò Arles a mezzanotte del giorno 23, travestito di piquet da cameriere, insieme a otto compagni, vestitz totz de pigetz coma vailetz. Montpellier accenna alla bellezza di questa ragazza tenuta in gran segreto, da essere sconosciuta a tutti, a meno del fratello. Tornò ad Arles il 26 novembre, all'epoca dei Vespri e il 1 dicembre, Yolande d´Aragon, fece il suo ingresso ad Arles attraverso la Porte della Cavalleria, dopo aver dismesso il vestito da viaggio e indossato per ornamento la sua corona di Regina, e onorato le reliquie portate dalla città benedette dall'arcivescovo di Marsiglia. La nuova Regina di Sicilia salì poi su una corriera adorna alla maniera regale, facendo il suo ingresso dalla Porta principale e ricevendo grandi onori dai quattro amministratori della città, che indossavano un baldacchino blu decorato, preceduta dal suo futuro marito, scortato da Carlo di Taranto e dal Conte aragonese di Prade. Il matrimonio reale restò per molti anni impresso nella memoria dei marsigliesi. Maria passò a miglior vita il 7 novembre del 1404, prima che Luigi II tentasse la sua seconda riconquista del Regno di Sicilia. Scrive Francois Arlot che neppuglie ad Arles fu dimenticata, con una bellissima cerimonia funebre, il 21 settembre del 1405. È in Saint Trophime che il suo feretro ebbe un catafalco ricoperto da una tela nera d'oro, fra 100 torce e 400 candele che ardevano tutt'intorno. La messa fu officiata dall'arcivescovo e tutte le chiese della città suonarono il campanello. Ogni amministratore offrì in devozione una torcia, sfilando in silenzio, seguiti dalla gente comune e dai bambini con una candela di cera. Furono presenti quattro ordini mendicanti, le monache di Saint Césaire, cappellani e canonici della cattedrale per una donna che si era comportata come un Re. Aveva superato molti principi, per dirla con le parole del Bourdigné, in coraggio e in saggezza. Proprio come una vera sovrana: Marie de Blois, Regina di Sicilia…
Isabel de Castilla. Isabella la Cattolica. Regina di Spagna e di Sicilia
Arturo Bascetta
Libro
editore: ABE
anno edizione: 2020
pagine: 144
"Le simpatie del Gran Consalvo verso la regina crescevano ogni giorno di più, anche durante le conquiste dei castelli, quand'ella seguiva il re negli accampamenti. Un'amicizia stretta che il giovane le dimostrò bruciarono le più segrete masserizie donnesche di lino. Consalvo non perse tempo e chiese alla moglie donna Manrica, che era nel vicino Castello di Lora, di donarle il necessario ornamento e pannilini del suo corredo. Atto che permise alla regina di ringraziarlo, dicendo che quell'incendio le era tornato molto utile, al punto che alcuni credettero che la regina si fosse innamorata. La vita di corte era pur sempre meglio della guerra. Scambi di occhiate furtive e di baciamano, fra un accampamento e l'altro, rallegravano i giorni morti di tutti. Ma ciò presupponeva anche sfarzo e spese che non sempre erano alla portata di chi, come Consalvo, si era affacciato da poco a Palazzo. Ecco perché giocò anche d'astuzia, cullandosi piacevolmente della simpatia che per lui nutrivano la corte e, soprattutto, la regina. Era in uso a corte donare a chi si batteva per la Corona i proventi della riscossione di una tassa sui vassalli. Così accadde per Ignigo di Mendoza conte di Tendiglia, che donò la casa e la rendita ricavata dalla gabella della seta. Consalvo divenne sempre più addentro e istruito negli artifici della vita cortigiana. Uno svago che accompagnava piacevolmente alle virtù militari e, quando veniva il tempo del motteggiare, ognuno era preso dalla vaghezza delle sue parole..." Una ricca appendice sugli amanti della regina, il Gran Consalvo e Cristoforo Colombo. Questa biografia si nutre di ulteriori fatti di cronaca ricercati con piglio dall'autore che nel corso degli anni ha prodotto innumerevoli biografie su re, regine e principesse del Rinascimento.
Isabella d'Inghilterra: Isabella l'imperatrice segregata a Foggia da Federico II di Svevia
Arturo Bascetta, Sabato Cuttrera
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2023
pagine: 174
Isabella, figlia di Isabella e di Re Giovanni, dopo la morte del padre e l'abbandono materno, visse l'adolescenza col fratello Re Enrico III che la promise in sposa allo Spupor Mundi. Le nozze furono da favola e Federico non le fece mancare un lauto pranzo, accettando la mano della sorella del Re d'Inghilterra, essendosi dimostrato il migliore offerente. Toccò al sarto della futura Regina renderla ancora più bella, sebbene ella comprasse al mercato e spesso fosse trattenuta dal germano al soggiorno forzato nella Torre di Londra. La tradizione inglese dei regali di Natale però ce la racconta gioiosa per il viaggio verso lo sposo e la festa teatrale tenutasi a Colonia, dove finalmente Isabella scioglie i veli e mostra il suo volto fra le braccia del Re. Le nozze in pompa magna e il lauto pranzo, la magia dei doni a corte per scalzare la fede sono gli elementi che già annunciano al mondo il temperamento del giovane imperatore che si allontana dalla Chiesa. Ma Federico si allontana presto anche da questa moglie, deciso a costituire un harem, simile a quello che ha visto a Cipro o a Costantinopoli, capitale del mondo antico che sceglierà dopo la cacciata da Gerusalemme. Nel mentre le accuse di eresia per lo sfrenato amore verso le altre donne e la morte del figlio Giordano, costituiscono il primo dolore per l'Imperatrice inglese di Gerusalemme che segue il marito e onora la traslazione di s.Elisabetta, sperando che la riconquista e la rinascita del Regno di Langobardia a Pavia possa concludersi presto. Ma nulla in realtà sarà come ella sognava, anzi, Isabella viene esiliata in Sicilia, a Civitate Adrium, e si rivede giusto a Natale, in quel di Parma, per il battesimo che viene rinviato: ora c'è Foggia da sciegliere come sede del nuovo Principato. L'imperatrice passa così dalla Sicilia di Capua e dalla Sicilia i Palermo alla Apulia, col ritiro definitivo fra Andria e Foggia, assistendo alla atroce morte dei preti detenuti a Napoli voluta dal marito, mentre il fratello Principe Riccardo in Sicilia e non riesce neppure a vederla perché segregata a Foggia, dove spense la sua vita. L'omaggio dei regnicoli al figlio Enrico, le lettere federiciane sull'eccidio dei Crociati, l'assassinio del principino ucciso dal fratellastro Corrado completano questo nuovo lavoro pubblicato da ABE sulle Regine del Regno di Puglia e di Sicilia che spesso riunirono i popoli divisi dalle ambizioni imperiali dei sovrani.
Germaine de València. Germana de Foix
Arturo Bascetta
Libro
editore: ABE
anno edizione: 2020
pagine: 144
Carlo V, divenuto poi imperatore, fece risposare la giovane nonna e le concesse il titolo di viceregina della regione di Valencia. Germana lo accompagnò nel suo viaggio verso l'incoronazione a re di Spagna e a imperatore in Aquisgrana, dopo il matrimonio, nel giugno 1519, con un personaggio della sua corte, il marchese di Brandeburgo, fratello del principe elettòre che l'avrebbe spinto nella corsa politica. Carlo I re di Spagna divenne in fretta nuovo arciduca d'Austria, sostenuto dal marchese di Brandeburgo che gli preparò il terreno affinché i principi elettori gli concedessero il titolo imperiale. Perciò, nel mese di giugno, aveva favorito le nozze di Germana de Foix e Giovanni di Brandeburgo-Ansbach. Il matrimonio avvenne a Barcellona, con gran dispiacere delle corti di Castiglia e d'Aragona, perché Carlo mantenne a Germana il vitalizio di 50.000 fiorini lasciatogli dal defunto Fedinando, nonostante che la clausola testamentaria prevedesse di perderli in caso di nuova unione. Ma non solo. Carlo V creò Germana luogotenente generale del regno (così come il nonno aveva fatto per l'ex regina Giovanna la Vecchia di Napoli) e, tornato in Spagna, la nominò viceregina di Valencia (dove si recherà a prendere possesso della città nel dicembre 1523), assegnando al marito il titolo di capitano generale. Ma il secondo matrimonio di Germana fu ancora più infelice, restando presto sola, e senza figli, per la morte del Brandeburgo nel 1525. Diventata nuovamente vedova, un anno dopo, sposerà Ferdinando d'Aragona, duca di Calabria, il quale attuò una politica di repressione per i malumori scoppiati contro Carlo. In ogni caso, la viceregina non ebbe figli neppure dal tenente generale di Valencia finché visse (1490-1536), lasciando Ferdinando vedovo, ma non proprio desideroso di essere seppellito al suo fianco, nel monastero di San Michele, in quanto, secondo alcuni, si risposò nel 1541 con Mencìa de Mendoza (1508-1554) marchesa di Zenete...