fbevnts Vendita online di DVD e libri di narrativa, tascabili, per ragazzi, professionali | Libreria Storielleria
Vai al contenuto della pagina

ABE: Giallo Medioevo

Delitto a Itri sulla via di Napoli. Zuppa al veleno per il cardinale De' Medici fermato dal Viceré Don Pedro de Toledo per presunto ordine di Alessandro De' Medici Duca di Firenze dopo il suo tentato omicidio che coinvolse il Cardinale Cybo

Delitto a Itri sulla via di Napoli. Zuppa al veleno per il cardinale De' Medici fermato dal Viceré Don Pedro de Toledo per presunto ordine di Alessandro De' Medici Duca di Firenze dopo il suo tentato omicidio che coinvolse il Cardinale Cybo

Sabato Cuttrera, Arturo Bascetta

Libro: Libro rilegato

editore: ABE

anno edizione: 2024

pagine: 148

I delitti del Cinquecento sono infiniti. Storie d'amore e di tradimenti, politici e familiari: i gialli storici si moltiplicano solo a ripescarli dal cilindro dei secoli. È il sangue di amici e parenti trafitti che ribolle, rivoltando sottosopra gli stati della povera Italia, dalla Duchessa d'Amalfi, uccisa a Venezia, agli amori all'acqua tofana. Costumi leggiadri che colpiscono Spaccanapoli e Piombino, con gli assassinii del secolo, del Principe Appiani e della Duchessa Maria d'Avalos, per finire con Bianca Cappello a Firenze e con il Principe e la Principessa di Salerno, nelle mire del Viceré di Napoli. Il nostro prologo sulle storie insanguinate alimenta la collana sulle storie insanguinate dal potere degli uomini e giunge al Cardinale Ippolito de' Medici, giovane rampante, abbandonato da Carlo V, pronto a preferirgli il cugino Alessandro, per Duca e per genero, e a lasciarlo morire lontano dalla Patria, in odore di rivolta e avvelenato fra gli strazi. Una pena durata dieci lunghi giorni, mentre mezza Firenze si recava a Napoli per trattare con quel Re e Imperatore. Eppure Ippolito, stando al resumé storico, fu Cardinale scelto dalla sua stessa Casata, fatta tornare a Firenze per riconquista imperiale, e perciò pronto a rivendicare il posto di Duca, come erede più anziano, osannato a gran voce dai fuoriusciti e dalle famiglie più in vista. Né gli bastarono la cattedra di Monreale, la corte imperiale, i viaggi e l'essere paladino del partito di opposizione: lui voleva essere Duca. Ecco allora che la congiura si allarga e prende piede in suo nome, lasciando scoprire al vero Duca, Alessandro de' Medici, il disegno criminoso del parente stretto, pronto a farlo uccidere. Ora un filtro d'amore, ma non è veleno; ora una tregua per le nozze di Caterina in Francia, ma non è la pace; ora l'apertura in famiglia; ma non è il dialogo. Da qui la decisione di Ippolito di affrontare a viso aperto l'Imperatore, recandosi da Roma a Napoli, pronto a guastargli la festa della vittoria riportata a Tunisi. Sarà il suo ultimo viaggio, finito a Itri, proprio nei giorni in cui si annunciano le nozze napoletane fra la figlia di Carlo V e il Duca. A dargli la zuppa avvelenata fu il suo staffiere, frate Andrea, per ordine partito forse dal capitano fiorentino Vitelli e con l'avallo del Viceré di Napoli, Don Pedro di Toledo, prossimo a genero di Alessandro. Cinque giorni di agonìa in cui si processa lo scalco, il quale confessa, poi ritratta, poi viene arrestato e infine pagato e liberato in quel di Firenze. Questo mentre il povero Cardinale si spegne e finisce i suoi giorni più atroci, che ormai assommano a dieci. Il mattino dopo è proprio il Viceré di Napoli, l'uomo che bloccò il prelato in partenza per la Sicilia, prima ancor che per Napoli, per raggiungere l'Imperatore. Fu infatti Don Pedro a ignorare i verbali di condanna e la confessione dello staffiere, annullando ulteriori torture e l'esecuzione capitale, e infine a concedere la grazia al colpevole. E fu sempre lui, avvisato della morte di Ippolito a darne annuncio di suo pugno, al suo Re, per poi ricordargli, nella stessa missiva, la promozione per il figlio. Una lunga lettera del Cardinale, destinata al medesimo Carlo V e forse a lui mai giunta, chiude questo libello di intrighi, sconosciuti ai più, e apre la mente al lettore sul post Rinascimento. Sabato Cuttrera
44,00

Delitto a Via del Traditore, sgozzato alla befana: una lama per Alessandro I Duca di Firenze

Delitto a Via del Traditore, sgozzato alla befana: una lama per Alessandro I Duca di Firenze

Sabato Cuttrera, Arturo Bascetta

Libro: Libro rilegato

editore: ABE

anno edizione: 2024

pagine: 164

Solo chi ama non bada alle minacce dell'amico del cuore o dell'amato. E Alessandro De' Medici e i suoi cugini, figliocci dello zio Papa, a sentire i cronisti, pare amassero tutto e tutti: gli amici e le donne, il danaro e il potere, Firenze e la famiglia. A reggere le redini era il Papa. A chi aveva dato la bacchetta ducale, a chi l'onore dell'ambasceria a chi del segretariato, ma a tutti quello di essere inconsapevoli spie nelle sue mani. Lui decise la pace fasulla con i Francesi: al futuro cristianissimo Re diede in sposa Caterina e al di lei fratello affidò la fede di Margherita d'Austria, figlia di Carlo V ancora in fasce. La bambola imperiale non crebbe all'improvviso, ma nel mentre visitò il futuro sposo a Firenze, lo Zio acquisito in Vaticano, e la bella Napoli, capitale di quel Regno, dove restò a studiare e a fare propri i modi gentili della corte dove si 'allevavano' tutti i principini d'Italia. Alessandro, già cresciuto, fra amicizie particolari e avventure amorose, impiegò il suo tempo a fortificare la città, allontanando da essa fuorusciti, condannati e avversari politici che si rifacevano al partito di Strozzi. Il Duca si fidava solo di Cosimo, e di Lorenzaccio, con i quali andava a spassarsela, passando da un letto all'altro, fra un consiglio dell'uno e il filosofare dell'altro. Poi Carlo V tornò vincitore dall'Africa e accelerò i tempi per incontrare tutti a Napoli, dove diede decine di feste durate decine di giorni in quei lunghi mesi di vacanza-lavoro a cavallo fra il 1535 e il 1536. Sembrò talmente motivato alla pace che, fra donativi e donazioni, condannò i dissapori e facilitò le unioni a ogni costo. Gli risultò però difficile dirimere la causa fra fuoriusciti fiorentini e il loro Signore, beffeggiato finanche a Partenope, tagliando corto con i suoi avversari e annunciando le nozze napoletane, seduta stante, fra la figlia e il Duca. E come da contratto, la cerimonia continuò a Firenze, dove il ritorno restò proibito agli esclusi i nemici, e dove gli sposi dispensarono baci e abbracci ai cardinali e agli artisti che ne dipinsero le lodi e forse le necessarie dosi di veleno almeno per il Cardinale Ippolito. Da quest'altro caso irrisolto nacque forse il risentimento del congiunto Lorenzaccio che iniziò a pensare, e a volte dire, di voler uccidere il cugino, padre e padrone di Firenze. L'odio divenne di dominio pubblico, ma il Duca diede poco retta a quelle dicerie di Cosimo e del Vettori, continuando a dare e a ricevere amore, più che fraterno, da Lorenzo, nel suo stesso letto di casa. Ma il cugino davvero premeditava il peggio, con la complicità di Scoronconcolo e di Freccia, che aveva tirato fuori dai guai, disposti perciò a tutto, perfino ad ammazzare il Duca. La qual cosa presto gli fu richiesta, dopo il consueto ballo in maschera della Befana, quando il Duca, un po' stanco e un po' invaghito di un amore inesistente, attese la morte nel letto del palazzo vuoto, di poi abbattuto dal successore, facendo nascere giustappunto la famosa via del traditore. Ma dalla spada alle chiacchiere passarono troppi giorni, quelli utilizzati da Cardinale Cybo per far credere ai Fiorentini che il Duca fosse vivo, in attesa che i militari prendessero tutte le fortezze. E mentre l'abile prelato nascondeva il cadavere, il senato ratificava la successione sul petto di Cosimo e la giovane moglie versava le sue prime lacrime. Si era consumato a Firenze un omicidio di stato, commesso da un congiunto, che era anche l'amico più caro e amato dalla vittima. La cabala del « 6 » sbizzarrì i Fiorentini più dei Napoletani, ma ormai Alessandro era morto, e del suo assassino non restò che una lettera di giustifica al parentato. Troppo tardi: gli ottimati e il senato avevano già scelto Cosimo.
39,00

Delitto a ponte Santa Trinità, l'amato assassinato: Pietro Bonaventura, rivale del granduca Francesco I de' Medici di Firenze

Delitto a ponte Santa Trinità, l'amato assassinato: Pietro Bonaventura, rivale del granduca Francesco I de' Medici di Firenze

Arturo Bascetta, Sabato Cuttrera

Libro: Libro rilegato

editore: ABE

anno edizione: 2024

pagine: 200

Gli omicidi non sono tutti uguali e in questo libro non sono uguali neppure le tre storie sulla fine ingloriosa dello sposo più bello del Granducato di Toscana. L'efferata uccisione di Pietro Bonaventura, della stirpe dei Bonaventuri, gentiluomini di Firenze, rimase una macchia indelebile ai piedi del Ponte di Santa Trinita. E non solo perché il povero amante di Cassandra era a sua volta tradito dalla moglie Bianca col Granduca Francesco I de' Medici, ma anche perché furono in dodici a finirlo, mentre inseriva la chiave nella toppa di casa. Pezzi del suo cervello restarono sul muro, mentre ancora il commando, guidato dal nipote dell'amante, sferrava la coltellata n.24. Non un urlo gli uscì dalla bocca tremula, ma solo un ultimo flebile respiro di quel corpo senza vita: - Deh, non più, di grazia: poiché io sono morto! E' la stessa moglie Bianca Cappello a raccontarlo nelle sue Memorie del 1585, quelle che qui abbiamo posto al confronto con una novella di Celio Malespini, scritta appena vendi anno dopo e che lui stesso considera «istoria vera». Non contenti, come di stile, abbiamo inserito nel testo una terza cronaca tratta dal manoscritto originale di Silvio e Ascanio Corona, anch'esso dei primi del Seicento. Questo omicidio, così efferato, a cui seguì quello di Cassandra Ricci, amante uccisa sempre dal nipote, fu presto messo a tacere dal Granduca, il quale, da compagno della vedova, ne divenne sposo. La favola dell'amore ricco cancella quella dell'amore povero. La fine del bel fiorentino, che aveva rapito per amore la bella veneziana, viene così messa a tacere. È la stessa Bianca a scoprire le carte del complotto che l'ha fatta Granduchessa di cui appare mandante, pur non essendolo, proprio il Granduca. Le cronistorie di altri autori arricchiscono la premessa e l'appendice, alle tre cronache del testo trascritte in fedeltà, e aiutano il lettore a penetrare in questa storia vera. Egli si ambienta perfettamente negli anni di fine Cinquecento, respirando l'aria di quando l'amore vinceva sugli atti matrimoniali. Ma è proprio l'affetto così smodato, ineguagliabile, della favola vissuta da Bianca e Pietro, a vacillare e a mostrare il suo punto debole, ora nella forza del potere e del comando, ora in quella del danaro di una eredità, che è poi la stessa cosa. Le «corna» frapposte dai rispettivi amanti, accettate dalla forza dell'amore, cadono miseramente davanti alla possibilità di diventare ricchi. Ecco allora che il più grande dell'amore, quello che aveva falsamente rinunciato al vile danaro per essere vissuto in carne e ossa, fallisce e svanisce con la bellezza del corpo che lascia spazio solo al rammarico, al rimpianto e alla voglia di rifarsi una vita. L'arma della passione di un nuovo amante, quello che stavolta può farti diventare ricco, è l'unica salvezza dall'amore puro che ti vuole per sempre povero.
33,00

Delitto reale, assassinio in Ungheria: re Carlo III di Napoli

Delitto reale, assassinio in Ungheria: re Carlo III di Napoli

Arturo Buscetta, Sabato Cuttrera

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2022

pagine: 132

Barbiano e Naccarella cercarono di resistere all'agguato per tutta la notte. Pressati dai realisti, furono però spinti dietro la torre del castello, abbandonata su ordine del Re. Carlo sembrava alquanto ripreso da tutte quelle ferite sferrate alle spalle. Poi si aggravò e fu portato a Visegrád. Il nemico croato, vedendo la situazione disperata, era già partito per Zagabria nella speranza di accendere un'altra ribellione il prima possibile. Le condizioni del Re peggioravano. Poi i dottori gli diedero un farmaco che gli causò il gran dolore finale, tale che le forze diminuirono, minuto dopo minuto, a ripetizione. Riconoscendo egli stesso la criticità delle sue condizioni, Carlo III fece testamento, nominando erede il piccolo Ladislao. Il piccolo era da affidare alle cure di Naccarella, fedelissimo della Regina Margherita e della figlia. Un prete procedette quindi a confessare sua maestà che tre giorni dopo lasciò il rango dei vivi trafitto a tradimento. La triste notizia dell'assassinio di Carlo III giunse a Castel Nuovo la notte del 1 marzo, a festeggiamenti ancora in corso. A raggiungere la vedova fu l'ambasciatore fiorentino, ivi giunto per le celebrazioni. Re Maria aveva appena pubblicato un atto in cui si parlava della ricompensa per l'assassino di Carlo Durazzo. Ma chi aveva ucciso il Re di Napoli?
29,00

Delitto a Spaccanapoli di Carlo Gesualdo: l'assassinio di Maria d'Avalos e Fabrizio Carafa

Sabato Cuttrera, Arturo Bascetta

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 136

La collana sugli omicidi del secolo si arricchisce con la ricostruzione del doppio omicidio di Spaccanapoli, un altro giallo che turbò l'Italia dell'epoca, per chiuso velocemente per ammissione dei colpevoli assolti dal Viceré. Ma l'epoca in cui assistiamo al prolificare dei delitti d'onore è pregna di amanti uccisi dall'acqua tofana, per via dei costumi leggiadri che imperversano non solo a Spaccanapoli e Piombino, luoghi dei primari omicidi, ma in tutti i posti che si rinvengono fra copie e originali di manoscritti diversi, da quelli dei Corona alle sentenze, ma anche negli studi di tanti storici. Certo è che la via alla «Informazione» ufficiale sulla «misera morte» degli amanti D'Avalos-Carafa viene spianata da una miriade di indizi sulla bellissima Principessina di Venosa, corteggiata perfino da Giulio Gesualdo, zio del marito prossimo assassino, padrone di una miriade di feudi, da Gesualdo a Calitri, poi ereditati dal musico-assassino dopo la sua morte. Carlo infatti non possedeva che poco, essendo il genitore ancora padrone del Principato di Venosa. E fu proprio lo zio spione, amante solitario della bella moglie del nipotino, a spianare la via della vendetta, confinando al consanguineo il posto di Chiaia dove gli amanti copulavano. Carlo appare smarrito, benché spesso a riposo nel suo stesso palazzo, dove il corpo della moglie veniva di nascosto posseduto dal Duca d'Andria. Almeno fino a quando ebbe predisposta l'imboscata, in accordo con altri cavalieri e parenti, pronto a profanare la reputazione della nobile famiglia legata al Vaticano, e non solo per la figura dello zio del Cardinale Alfonso, finito anch'egli additato per istigazione alla tragedia. La casata, l'amore focoso, il Palazzo d'Andria e le serenate di Fabrizio sotto casa mentre Carlo dorme, fanno delle cronache e degli atti ufficiali riportati in questo testo una ricerca degna di tal nome che annulla l'amicizia fra le famiglie e punta a spiegare la storica vendetta del giovane che trascorreva le sue serate col prete musicista e la sua corte di armigeri, erari e servitori, pronti a uccidere per il padrone. Le serrature bloccate, la scusa di andare a caccia, l'amante a letto e in camicia da donna, e le grida sulle corna in Casa Gesualdo: gli elementi del giallo napoletano ci sono tutti per offrire al lettore l'ora della fine: le pugnalate del mandante sui corpi senza vita. La «Informazione» tratta dalla Vicaria, il processo scritto sulla scena del crimine, i testimoni, i tre esecutori materiali, e l'assoluzione finale di tutti, col placet del Viceré, riassumono questa storia nel dolore di una madre, costretta a spegnere la sua gioia davanti alle atrocità commesse dal nipote assassino della fanciulla più bella di Napoli.
29,00

Inserire il codice per il download.

Inserire il codice per attivare il servizio.