66thand2nd: Vite inattese
Roger Federer è esistito davvero
Emanuele Atturo
Libro: Libro in brossura
editore: 66thand2nd
anno edizione: 2021
pagine: 352
Roger col completo bianco immacolato, l'iconica fascia da samurai, la bocca un po' triste e lo sguardo stretto e assorto. Quando cammina sul prato verde di Wimbledon, sul suo prato, nei momenti più duri o in quelli più felici, Federer non perde mai una profonda imperturbabilità, la forma di eleganza più apprezzata nel tennis. In uno sport sempre più dominato dall'atletismo estremo, Federer riesce a vincere mantenendo un'armonia neoclassica che lo fa apparire come la versione perfezionata dei tennisti del passato. In questo libro Emanuele Atturo indaga il mistero della presenza sacrale di Federer su un campo da tennis. Dai primi anni difficili e stranamente indisciplinati, a quelli del suo dominio incontrastato, per poi arrivare alle rivalità infinite, prima con Rafael Nadal e poi con Novak Djokovic, che col loro confronto di stili hanno fatto brillare ancora più intensamente l'unicità del tennis di Federer. Col passare del tempo le vittorie di Roger sono diventate più rare delle sconfitte, creando il paradosso perfetto del giocatore insieme più vincente e più perdente della storia. Il suo tramonto, così lungo ed enigmatico, ha reso la sua figura ancora più amata. Nei successi ma anche negli insuccessi, Federer è riuscito a incarnare l'essenza del suo sport, fino a diventare quasi più grande del tennis stesso.
Andrés Iniesta, come una danza
Gianni Montieri
Libro: Libro in brossura
editore: 66thand2nd
anno edizione: 2021
pagine: 192
Andrés «non tocca la palla, la accompagna». Pep Guardiola pronuncia questa frase assecondando il movimento con le mani. Lo spirito di questo libro di Gianni Montieri segue quel movimento. Al Barcellona e nella Nazionale spagnola Iniesta ha sempre ballato una danza tutta sua, fatta di intuizioni, scatti rapidi, improvvise frenate. Ha tenuto il pallone tra i piedi mai un secondo più del necessario, ha visto lo spazio dove passarlo quando nessun altro neppure lo immaginava. Ha sublimato le idee dei suoi allenatori, a cominciare proprio da Guardiola, e ha reso ancora più grandi i suoi compagni, Xavi e Messi in testa. Ha sentito gli avversari prima che gli arrivassero addosso, ha fatto sparire la palla e l’ha fatta ricomparire quando occorreva. L’ha spostata con la sua croqueta da un piede all’altro più veloce di un fulmine. Lo hanno chiamato «l’illusionista», non per caso. Iniesta ha vinto tutto quello che un calciatore può vincere e lo ha vinto sempre da protagonista, col Barça e con la Spagna. Andrés è anche l’uomo dei Mondiali del 2010, il suo gol nel secondo tempo supplementare ha regalato alle Furie Rosse il titolo tanto agognato. E quando ha capito di non poter più rendere al massimo ha convocato una conferenza stampa e ha detto, tra le lacrime e con semplicità, che sarebbe andato via dal suo mitico Barcellona. Anche per questa grazia nell’addio, Andrés Iniesta è stato un calciatore sublime e indimenticabile, uno dei più forti centrocampisti di sempre.
Zlatan Ibrahimovic, una cosa irripetibile
Daniele Manusia
Libro: Libro in brossura
editore: 66thand2nd
anno edizione: 2021
pagine: 176
Zlatan Ibrahimović è stato molte cose. Un predestinato, un talento unico ma impossibile da inserire in squadra, un alieno, un estraneo. Il giocatore che vinceva campionati e coppe nazionali ovunque andasse ma che non arrivava mai in finale di Champions League e non convinceva tutti. Dopo il grande rifiuto di Pep Guardiola, che lo ha espulso dal sistema del Barcellona in cui Ibrahimović aveva tentato di integrarsi, ha avuto inizio la seconda parte della sua carriera. Quando ha smesso di provare a piacere a ogni costo per essere sé stesso fino in fondo. A cominciare dalla notte del 14 novembre 2012, in cui è diventato l’unico calciatore a segnare quattro gol alla Nazionale inglese davanti al pubblico che più lo aveva criticato. E il quarto gol, una rovesciata impossibile, è entrato nella storia del calcio come uno dei più difficili e belli. Con il primo trasferimento al Milan, passando poi per Parigi, Manchester e Los Angeles prima di tornare di nuovo in rossonero, lo Zlatan maturo ha ribaltato la prospettiva. È riuscito a compiere un’impresa che pareva impossibile: adattare la realtà al suo talento e alla sua fantasia. Ma anche lui si è adattato agli anni che passavano, mostrandosi via via più disponibile verso i compagni e offrendo un esempio di professionalità e concentrazione, dentro e fuori dal campo. Sempre con uno stile che è solo suo, è arrivato a quarant’anni e chissà… la sua storia non è ancora finita. Daniele Manusia dipinge un ritratto a tutto tondo di un campione irripetibile che ha sconfitto anche il tempo.
Italia-Francia, l'ultima notte felice
Stefano Piri
Libro: Copertina morbida
editore: 66thand2nd
anno edizione: 2021
pagine: 176
Cosa vuol dire che una partita di calcio è entrata nella storia? Quali tracce permanenti lascia davvero nella memoria qualcosa di così transitorio come un evento sportivo? Il risultato? Un coro da stadio senza parole? Lo sguardo febbrile di un terzino poco conosciuto che fissa il portiere avversario prima di tirare il rigore più importante del mondo? Zinédine Zidane piegato in avanti con la testa che aderisce al petto di Marco Materazzi, le due silhouette che si uniscono per un attimo come in una scultura? Stefano Piri racconta la finale del Mondiale 2006, Italia-Francia, come lo snodo dove si incrociano e si risolvono alcune delle narrazioni più potenti del calcio degli anni Zero. Quella paradossale di Zidane, ritornato in Nazionale dopo essersi ritirato perché voleva essere ricordato come un eroe. Quella emblematica e per certi versi religiosa della Nazionale italiana, che con la vittoria cancellò in un attimo i peccati di Calciopoli e di un movimento in realtà già in crisi da anni. Ma non saremmo onesti se ci limitassimo a canticchiare ancora una volta po-po-po-po-po-po-po senza riconoscere che quel trionfo del 9 luglio 2006 - con i caroselli per strada e la grande festa al Circo Massimo - è l'ultima notte felice d'Italia, il momento più luminoso di una stella che in realtà, al punto di origine, si era già spenta. Perché di una partita entrata nella storia come la finale di Berlino vale la pena raccontare quello che tutti ricordiamo, ma anche quello che abbiamo preferito dimenticare.
Valentino Rossi, il tiranno gentile
Marco Ciriello
Libro: Libro in brossura
editore: 66thand2nd
anno edizione: 2021
pagine: 160
Valentino Rossi è un’espressione sincretica fatta di velocità, cambiamenti del corpo e traiettorie impossibili. Un tiranno gentile che ha dominato la storia delle corse in moto. Un ragazzo da bar, prestato alla popolarità, che ha riportato il fattore umano, il pilota, nel cuore delle gare. Partito imitando i giapponesi, ha creato un nuovo tipo d’italiano, dove l’antica magia degli etruschi si fonde con la cocciutaggine dei samurai delle motociclette, innestandosi sulle manie imperiali romane. Discende dai meccanici silenziosi di Giovannino Guareschi disseminati lungo l’Appennino, stando in bilico tra le storie di Pier Vittorio Tondelli e Andrea Pazienza. Tra riviera e pista, spiaggia e paddock, impegno e divertimento, ha segnato e segna il suo tempo. Nove volte campione del mondo, oltre vent’anni di duelli e sorpassi, di rivalità aspre e di scelte coraggiose, è ormai entrato in una dimensione d’attesa. Si è trasformato in un marchio, una scuderia, un’Academy, mantenendo sempre la dimensione artigianale, genuina, felliniana all’interno di un successo hollywoodiano. Ha attraversato la vittoria, la sconfitta, il dolore per la morte di Marco Simoncelli, allievo, amico, erede. Ora è solo in pista, un alieno: per età, comportamenti, lingua e carattere. Fa a sportellate con una nuova generazione di piloti, ritrovandosi davanti la sua versione aggiornata, Marc Márquez, e anche se non riesce a cannibalizzarli come un tempo, li spaventa rincorrendoli, per quanto lontano dal podio. Corre, corre, corre e questo gli basta, con il sorriso come maschera della cattiveria che il tiranno deve avere per il bene del regno.
Serena e Venus Williams, nel nome del padre
Giorgia Mecca
Libro: Libro in brossura
editore: 66thand2nd
anno edizione: 2021
pagine: 168
Due sorelle, due destini, due campionesse. E dietro di loro un padre. Questa storia americana di famiglia e successo comincia in un giorno di giugno del 1978, con la romena Virginia Ruzici che vince la finale del Roland Garros e guadagna in una settimana quarantamila dollari. Richard Williams guarda per caso la partita, considera il tennis una noia mortale, ma rimane impressionato dal montepremi. «Dobbiamo fare due figli» dice alla moglie Oracene. «E pregare che siano femmine». È un uomo fortunato, Richard Williams. Il 17 giugno 1980 viene al mondo Venus Ebony Starr, quindici mesi dopo, il 26 settembre 1981, Serena Jameka. Giorgia Mecca racconta la fenomenale carriera delle due tenniste, da figlie obbedienti e sorelle devote a numero uno e due della classifica mondiale e stelle della cultura pop. Dai campi comunali di Compton, periferia della periferia di Los Angeles, al Centrale di Wimbledon, la cattedrale dei gesti bianchi, costretta dal loro arrivo a vestirsi di nero. Le sorelle Williams hanno conquistato complessivamente 30 titoli del Grande Slam, 44 se si considerano anche le vittorie in doppio. Per riuscirci hanno dovuto combattere avversarie, razzismi, ingiustizie arbitrali, pregiudizi. E hanno dovuto piegare il proprio corpo. Soprattutto hanno dovuto smettere di sentirsi sorelle e diventare nemiche. Fino a ritrovarsi il 28 gennaio 2017, vent’anni dopo il loro primo faccia a faccia, sotto rete a scambiarsi il definitivo segno di pace. Sempre e comunque nel nome del padre.
Roberto Mancini, senza mezze misure
Marco Gaetani
Libro: Libro in brossura
editore: 66thand2nd
anno edizione: 2021
pagine: 256
Il corpo di tre quarti, la gamba destra piegata all’indietro, il tacco che colpisce il pallone e manda fuori tempo gli avversari. Se si potesse fermare la carriera di Roberto Mancini in un attimo, riassumerla in un solo gesto, sarebbe questo. Una vita calcistica trascorsa all’insegna del colpo a effetto, con un bagaglio tecnico sterminato e una personalità dirompente, quella che gli ha permesso di vincere trofei con la Sampdoria, compreso uno scudetto che rappresenta una delle ultime grandi imprese del calcio italiano e del quale proprio nel 2021 cade il trentennale, e la Lazio. Vittorie significative, arrivate fuori dal giro delle «grandi» storiche. Ma forse quel carattere e quella personalità hanno finito per impedirne un’ascesa ancora maggiore. Marco Gaetani racconta uno dei talenti più limpidi passati per la Serie A negli ultimi quarant’anni, e non ne nasconde gli eccessi caratteriali. «Mancio», esploso ai massimi livelli quando era ancora un adolescente, ha saputo adattarsi presto a un mondo di altissima competitività, senza mai rinunciare al suo modo di intendere la vita e il calcio. Tanti hanno provato a trasformarlo in un centravanti moderno ma hanno dovuto fare i conti con la sua voglia di essere un numero 10, tanti lo hanno amato a prescindere dai suoi improvvisi momenti no. Con la maglia azzurra Mancini è stato atteso invano: il feeling, almeno sul campo, non è mai nato. È poi sbocciato da allenatore, al culmine di un altro percorso, avviato quando ancora non sentiva di aver davvero tolto gli scarpini. E ora, forse, Mancio ha finalmente fatto pace con l’Azzurro.
Paolo Maldini, 1041
Diego Guido
Libro: Libro in brossura
editore: 66thand2nd
anno edizione: 2021
pagine: 256
Pare che a Maldini lo abbia raccontato un suo ex compagno. In una lezione al corso allenatori di Coverciano, un docente aveva spiegato alcuni fondamentali: «Su un lancio lungo avversario, il terzino che difende deve correre verso la propria porta tenendo avversario e pallone tra sé e il fallo laterale. E per minimizzare i rischi, deve compiere l’intervento voltandosi verso l’esterno del campo». Poi aveva aggiunto: «A meno che tu non sia Maldini». Nella storia del calcio sono pochissimi i giocatori che nel corso di una carriera vissuta sempre nella stessa squadra hanno vinto tutto e insieme hanno ridefinito quello che si può fare in campo. Paolo Maldini è uno di loro. Col Milan ha conquistato la sua prima Coppa dei Campioni a vent’anni e l’ultima solo un mese prima di compierne trentanove. Nelle sue 1041 presenze ufficiali ha trasformato il ruolo del difensore, appropriandosi dell’enfasi e dell’estetica del gioco come se fosse un fantasista, caricando alcuni suoi recuperi in scivolata con lo stesso peso emotivo di un gol. Ma il racconto idealizzato e addomesticato di Paolo Maldini ha finito spesso per nascondere la ricchezza di una figura molto più complessa. In questo libro Diego Guido non si è fermato alla superficie. Ha intervistato i protagonisti – Maldini naturalmente, e poi Sacchi, Ambrosini, Prandelli – e ha scelto di raccontare tutte le sfaccettature di un mito del calcio moderno che non ha mai fatto pace con alcuni aspetti di quel mondo.
Ernesto Colnago. Il maestro e la bicicletta. Conversazione con Marco Pastonesi
Marco Pastonesi
Libro: Libro in brossura
editore: 66thand2nd
anno edizione: 2020
pagine: 144
Ernesto Colnago ripercorre la sua storia (l'infanzia povera, le avventure come corridore, l'inizio dell'attività da garzone a operaio, la dura strada da meccanico ad artigiano, le creazioni da eccellenza del Made in Italy), la sua geografia (dai Giri d'Italia al seguito di Fiorenzo Magni ai Tour de France al servizio di Eddy Merckx, dai Mondiali di Vittorio Adorni e Giuseppe Saronni alle Olimpiadi non solo con l'Italia ma anche con la Russia), la sua scienza (l'età dell'acciaio, l'età dell'alluminio, l'età del carbonio), tra incontri (con Fausto Coppi, Gianni Brera, re Juan Carlos...) e folgorazioni (con Tullio Campagnolo, Enzo Ferrari, papa Wojtyla...). E ancora: pensieri e certezze rotonde, filosofia e religione del lavoro, fino alla clausura per la pandemia e alla nuova esplosione delle due ruote. Al centro della sua vita, la bicicletta: «Pedalare è un bellissimo verbo di movimento: ci sono i piedi come radice, ci sono le ali come suffisso, e c'è lo stesso infinito – are – di andare e volare, ma anche di pensare e immaginare, disegnare e organizzare».
Not a game. Storia di Allen Iverson, il ribelle della NBA
Kent Babb
Libro: Libro in brossura
editore: 66thand2nd
anno edizione: 2020
pagine: 336
We talkin’ about practice, man. Not a game. «Stiamo parlando di un allenamento, amico. Non di una partita». È il ritornello che Allen Iverson, in preda ai fumi dell’alcol, pronunciò all’infinito in una famigerata conferenza stampa del 2002. I suoi Sixers erano stati buttati fuori dai playoff e lui si era scontrato per l’ennesima volta con il coach Larry Brown. È attorno a questo episodio, presagio di una vertiginosa caduta, che si avvolge come una spirale l’irrequieta esistenza di A.I., o The Answer, com’era noto a quei tempi. La maglia numero 3, le treccine, i tatuaggi, i quattro titoli dei punti, le Finals da protagonista contro i Lakers di Bryant e O’Neal; ma anche le violenze coniugali, l’infanzia senza padre, un patrimonio da milioni di dollari sperperato per mantenere amici, parenti e auto di lusso, la rissa nella sala da bowling e l’arresto a diciassette anni che per poco non gli bruciò la carriera. Qui c’è tutto Iverson, scontroso, lunatico, ribelle: il cestista più elettrico della Nba, forse il più amato dai tifosi (che nei suoi difetti e nella sua statura si identificavano), il ragazzo dal sorriso disarmante che amava correre sul ciglio dell’abisso. Basandosi su centinaia di articoli e interviste, oltre che su una mole preziosa di documenti processuali, Kent Babb ripercorre la parabola di un’icona del basket e della cultura hip hop, un talento eccentrico e dirompente, le cui fortune hanno virato più in fretta del suo irresistibile crossover.
Steffi Graf. Passione e perfezione
Elena Marinelli
Libro: Libro in brossura
editore: 66thand2nd
anno edizione: 2020
pagine: 240
Novembre 1999. Buio sugli spalti del Madison Square Garden di New York. Un’emozionata Steffi Graf, ormai non più giocatrice, entra in campo. Illuminata dall’occhio di bue va a ricevere ciò che le spetta: le istituzioni del tennis sfilano davanti a lei e le donano quadri, fotografie, targhe, come farebbero i magi con una dea. La ragazzina che amava lo scambio e il gioco più di ogni altra cosa, però, si infiamma solo quando scopre il regalo del Roland Garros, il suo Slam preferito: l’anta dell’armadietto dello spogliatoio femminile che ha sempre usato, il numero 19. Oggi al Roland Garros l’armadietto numero 19 non c’è più, tra il 18 e il 20 si trova il 18 bis. Il 19 è di Steffi Graf, così come lo sono i sei Roland Garros vinti, i sette Wimbledon e il Golden Slam del 1988. Ripercorrendo la carriera di Steffi Graf dagli esordi al ritiro nel 1999, questo libro racconta in modo intimo la formazione di una delle più grandi tenniste di tutti i tempi. Racconta le sue convinzioni e le sue spigolosità ma anche gli slanci e i sogni. Racconta le partite giocate in singolare più esaltanti e quelle più buie, i duelli epici con Martina Navrátilová, Chris Evert, Gabriela Sabatini, Arantxa Sánchez Vicario, Martina Hingis e naturalmente con Monica Seles, la sua avversaria più temibile e insieme la più sfortunata. Ma soprattutto Elena Marinelli racconta il legame della tennista con il suo sport, un rapporto privilegiato, che ha tutti i lineamenti, le gioie e le sofferenze, di un amore infinito.
Vincere a Roma. L'indimenticabile impresa di Abebe Bikila
Sylvain Coher
Libro: Libro in brossura
editore: 66thand2nd
anno edizione: 2020
pagine: 144
Roma, sabato 10 settembre 1960, penultimo giorno dei Giochi olimpici e ultimo del calendario etiope. Sulla linea di partenza i corridori si scaldano in attesa del colpo di pistola che sancirà l’inizio della maratona. Tra loro un atleta sconosciuto, serio in volto e taciturno. È scalzo. Il suo nome è Abebe Bikila, caporale della guardia reale del negus. È lì per vincere, e vincerà. Due ore, quindici minuti e sedici secondi di corsa sui sampietrini della via Sacra, l’asfalto rovente della Colombo, il basolato di via Appia, accarezzando a piedi nudi il selciato della Città Eterna come fosse la terra dei suoi altopiani. «Vincere a Roma sarà come vincere mille volte» aveva detto l’imperatore Hailé Selassié, una rivalsa a ventiquattro anni dalla presa di Addis Abeba a opera delle truppe di Mussolini. E così Abebe corre, misura il ritmo delle falcate, risparmia il fiato, ascolta i muscoli che vibrano e mordono il freno in attesa dello sprint finale. Ad accompagnarlo la sagoma sfocata del grande Emil Zátopek e un uomo in carne e ossa, pettorale 185, misterioso contendente con cui percorrerà appaiato più di venticinque chilometri per poi staccarlo nel finale e andare da solo verso il trionfo. Un oro olimpico che incorona non soltanto Abebe ma l’intero continente africano in un’epoca in cui gli imperi coloniali si stanno sfaldando e si alza forte il grido dell’indipendenza. Accordando la sua prosa al passo instancabile del maratoneta, Sylvain Coher s’insinua nella mente di Bikila sotto forma di Piccola Voce e racconta dall’interno una delle imprese più memorabili nella storia dello sport: l’epopea del corridore scalzo, la nascita di una leggenda.