Negli anni del regime fascista, come in quello franchista, il teatro ha come scopo il puro intrattenimento, la trasmissione di un messaggio propagandistico e ancora la celebrazione del cattolicesimo e del nazionalismo, attraverso i rispettivi valori. Finalità, queste, che spesso vengono perseguite mediante l’uso di personaggi della storia e della cultura nazionale tramutati in miti identitari. Se è vero che in Spagna è quindi prevedibile l’uso di Cervantes e il suo don Chisciotte per glorificare la nazione e il suo passato, vediamo come l’eco del personaggio cervantino, ormai riconosciuto come un classico senza patria e senza tempo, riecheggia anche nell’Italia di Mussolini. Nelle riscritture e negli adattamenti teatrali oggetto di questo studio l’immagine di don Chisciotte subisce una risemantizzazione con una forte accezione politico-religiosa. Il cavaliere errante per antonomasia può rappresentare un’intera nazione, la Spagna, in un momento in cui questa sente l’esigenza di rialzarsi ed uscire dal baratro in cui è caduta; può diventare il leader di una giustizia fascista, in grado di guidare un popolo verso la salvezza intesa perlopiù in senso metaforico-religioso; ma può incarnare anche un cavaliere della fede come inteso da Unamuno, un imago christi, redentore di un’umanità che necessita di essere riscattata.
Il cavaliere militante. Riscritture e adattamenti teatrali del «Don Chisciotte» negli anni del fascismo e del franchismo
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| Titolo | Il cavaliere militante. Riscritture e adattamenti teatrali del «Don Chisciotte» negli anni del fascismo e del franchismo |
| Autore | Stefania Di Carlo |
| Argomento | Arti, cinema e spettacolo Studi teatrali |
| Editore | Accademia University Press |
| Formato |
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| Pagine | 320 |
| Pubblicazione | 11/2025 |
| ISBN | 9791255001232 |

