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Rizzoli: La grande storia

Storia africana dell'Africa. Dall'alba dell'umanità all'indipendenza

Storia africana dell'Africa. Dall'alba dell'umanità all'indipendenza

Zeinab Badawi

Libro: Libro rilegato

editore: Rizzoli

anno edizione: 2024

pagine: 468

Nonostante l’Africa abbia un passato ricchissimo – è la culla dell’umanità, ha visto fiorire antiche civiltà sulle rive dei fiumi o all’ombra delle montagne, imperi medievali guidati da re mitici e regine leggendarie, vivaci luoghi di cultura e di commercio –, per troppo tempo la sua storia è stata dominata dalle narrazioni occidentali di schiavitù, colonialismo e imperialismo, se non semplicemente ignorata. In questo libro appassionante Zeinab Badawi racconta la storia della più antica terra abitata del mondo dalle origini della nostra specie fino all’euforia delle indipendenze, e lo fa da una prospettiva ancora poco esplorata: quella degli africani. Attraverso un viaggio in più di trenta Paesi del continente, ascoltando le voci di studiosi, storici, antropologi, archeologi e testimoni diretti e indiretti degli eventi, e senza nascondere le proprie più intime emozioni, Badawi porta alla luce storie sepolte da tutto il continente e restituisce all’Africa il posto che le spetta nella nostra storia globale: un posto che merita più attenzione e rispetto di quanto abbia ricevuto finora.
25,00

Russia 1917-1921 Rivoluzione e guerra civile

Russia 1917-1921 Rivoluzione e guerra civile

Antony Beevor

Libro: Libro rilegato

editore: Rizzoli

anno edizione: 2023

pagine: 672

Nel 1917, dopo il crollo dell’impero zarista di Nicola II e la presa del potere da parte dei bolscevichi guidati da Lenin e Trockij, la Russia piomba nel caos. Il governo provvisorio si rivela incapace di tenere le redini del Paese, il quale, per i successivi quattro anni, è insanguinato da una devastante guerra civile che causerà milioni di morti. A contrapporsi sono le forze dei Rossi e vari gruppi di Bianchi controrivoluzionari, un’incompatibile alleanza fra socialisti moderati e monarchici reazionari nostalgici dell’antico regime zarista. La violenza che si scatena è senza limiti, con torture atroci ed esecuzioni sommarie messe in atto da entrambe le parti, e imperversa su un territorio estremamente vasto. Lo scontro assume i contorni di un conflitto mondiale «condensato» con l’adesione di Winston Churchill alla causa antibolscevica e l’arrivo di truppe straniere provenienti da Stati Uniti, Francia, Italia, Giappone, Polonia e Cecoslovacchia. Anche per questo, la guerra civile russa del 1917-1921 per molti rappresenta l’evento più influente dell’era moderna, i cui echi nefasti si percepiscono ancora oggi. Avvalendosi degli studi più aggiornati e di ricerche approfondite, Antony Beevor, autore di "Stalingrado", ricostruisce quegli anni cruciali intrecciando una narrazione che sa restituire la tragedia tanto nella sua dimensione militare quanto nel suo impatto quotidiano sulle vite delle persone, che si tratti di un operaio al lavoro per le strade di Pietrogrado, di un ufficiale di cavalleria sul campo di battaglia o di una dottoressa in un ospedale improvvisato. Grazie a un’incredibile varietà di fonti autorevoli e testimonianze, Beevor riesce a trasmettere l’orrore di quel feroce conflitto attraverso gli occhi di chi la storia la fa e di chi la subisce. Un libro necessario, che parla con forza al nostro drammatico presente e in cui, di questo presente, ritroviamo le radici.
32,00

L'Africa e la nascita del mondo moderno. Una storia globale

L'Africa e la nascita del mondo moderno. Una storia globale

Howard W. French

Libro: Libro rilegato

editore: Rizzoli

anno edizione: 2023

pagine: 504

Cos’ha portato alla nascita del mondo moderno? La storiografia tradizionale tende a rispondere elencando una serie di fattori: l’impatto delle grandi scoperte geografiche del XV secolo, che aprirono le rotte verso il Nuovo Mondo e resero più intensi i collegamenti tra Oriente e Occidente; lo sviluppo del metodo scientifico e delle innovazioni industriali; il diffondersi di nuove abitudini alimentari e di consumo; il ruolo giocato dalle società del Vecchio Continente, con la loro ingegnosità e inventiva, e il fermento dei grandi ideali civili... Una ricostruzione che ci appare ormai quasi scontata, ma è in realtà parziale e lacunosa, e a lungo ha minimizzato, banalizzato o colpevolmente ignorato un aspetto fondamentale della questione: il ruolo cruciale giocato dall’Africa, dalle sue società e dai suoi abitanti nello sviluppo di quella che oggi chiamiamo – con un certo orgoglio – “modernità”. È a questa mancanza che intende rimediare Howard French con il suo saggio. In un’ampia narrazione che abbraccia oltre sei secoli, dalle prime relazioni commerciali tra Portogallo e Africa all’abolizione delle leggi Jim Crow negli Stati Uniti, French ci ricorda che il destino dell’Occidente è stato forgiato sfruttando risorse e manodopera africane. Le prime mete ad attirare i navigatori europei furono le coste dell’Africa, dove prosperavano società ricche di oro. E la rivoluzione industriale non sarebbe stata nemmeno pensabile senza i prodotti delle grandi piantagioni, come la canna da zucchero e il cotone, capaci di cambiare per sempre la vita di europei e americani. Ma la «merce» più importante e dall’impatto maggiore furono i dodici milioni di schiavi deportati dall’Africa come manodopera a bassissimo costo. È al loro sacrificio che dobbiamo non solo l’ascesa economica dell’Europa, ma anche lo sviluppo e la diffusione degli ideali illuministici prima e democratici poi. Unendo il fiuto e l’attenzione tipici del reporter alla freschezza narrativa del grande divulgatore, French ci propone un’analisi tanto documentata quanto illuminante, per restituire a un intero continente il ruolo che gli spetta nelle pagine della storia.
25,00

Raccolto di dolore. Collettivizzazione sovietica e carestia terroristica

Raccolto di dolore. Collettivizzazione sovietica e carestia terroristica

Robert Conquest

Libro: Libro rilegato

editore: Rizzoli

anno edizione: 2023

pagine: 544

"Quando Conquest cominciò le ricerche per il libro alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, molta documentazione oggi conosciuta non era accessibile, eppure egli comprese il nesso tra la questione contadina e quella nazionale” (dalla prefazione di Marco Clementi). Pubblicato per la prima volta nel 1986, “Raccolto di dolore” è stato il primo libro a parlare in maniera esplicita di grande carestia organizzata, rompendo così la congiura del silenzio e costringendo il mondo accademico e l'opinione pubblica in generale a fare i conti con il più colossale e impressionante occultamento della storia contemporanea. Su incarico dell’Università di Harvard, Conquest realizza il primo, e per molti anni unico, completo resoconto storico di una delle più drammatiche e devastanti serie di eventi del mondo moderno: l’atroce moria per fame che tra il 1932 e il 1933 uccise in Ucraina milioni di persone. Dopo la sua pubblicazione, il libro è stato criticato in più occasioni dai filosovietici che lo liquidarono come “menzogna controrivoluzionaria” e bollandolo come utile solo a “servire i bisogni politici dell’anticomunismo”; ma è davvero raro, ormai, trovare qualcuno in grado di individuare una seria giustificazione all’operazione di sterminio deliberato voluta da Stalin, o di affermare che il regime che ha perpetrato tale rovina sia stato qualcosa di diverso da un disastro intellettuale, morale, demografico ed economico. E oggi che l’invasione russa dell’Ucraina rimette in discussione l’indipendenza nazionale, questo libro di ricerca, che è anche una storia appassionata, riconferma più che mai il proprio valore. “Il primo e definitivo racconto della carestia genocida di Stalin contro l’Ucraina." (dalla postfazione di Federigo Argentieri)
25,00

Nazionalismo. Lezioni per il XXI secolo

Nazionalismo. Lezioni per il XXI secolo

Eric J. Hobsbawm

Libro: Copertina rigida

editore: Rizzoli

anno edizione: 2021

pagine: 420

Negli ultimi vent'anni una parola si è andata imponendo sempre più nel discorso pubblico: «nazionalismo». Un termine legato a doppio filo con la storia del Novecento e oggi al centro dell'azione politica di molti partiti. Forze che si oppongono alla spinta imperante della modernità, quella globalizzazione che tende a trasformare radicalmente - o addirittura a spazzar via - confini e caratteri nazionali. Hobsbawm, uno degli storici più acuti e influenti dei nostri tempi, ha compreso prima e meglio di molti altri cosa comportasse questo recupero dei concetti di patriottismo e nazionalismo. Pur da posizioni fortemente critiche, non ha mai commesso l'errore di liquidare il fenomeno come assurdo, riconoscendone invece le radici, l'importanza e l'impatto sociale, e chiarendo le responsabilità che gli studiosi hanno a riguardo. Se, ricordava spesso, un tempo era convinto che gli storici non potessero causare disastri, a differenza di architetti e ingegneri civili, si era infine dovuto ricredere: nelle mani dei nazionalisti la storia può uccidere più persone di un progettista incapace. In questa raccolta di scritti, saggi e interventi pubblici possiamo apprezzare alcune delle più profonde intuizioni dello studioso di formazione marxista in merito a un tema senza dubbio controverso. Per chi, come lui, negli anni Trenta aveva abbracciato con convinzione il progetto della sinistra internazionalista, non era infatti accettabile affidare solo alla finanza e all'ecosistema di Internet la spinta all'integrazione mondiale, ma non era nemmeno possibile lasciare alle sole destre il primato del patriottismo. Le riflessioni di Hobsbawm, sempre attente e lucide, tracciano dunque un percorso essenziale per chiunque voglia comprendere davvero un fenomeno complesso come quello del nazionalismo, approfondendone la storia, l'evoluzione e le possibili conseguenze.
22,00

War. Come la guerra ha plasmato gli uomini

War. Come la guerra ha plasmato gli uomini

Margaret MacMillan

Libro: Copertina rigida

editore: Rizzoli

anno edizione: 2021

pagine: 360

«La guerra non è un'aberrazione, un evento da dimenticare il più in fretta possibile. Né è semplicemente assenza di pace, ossia di normalità». Molti di noi hanno l'impressione che, dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi, il mondo abbia vissuto un lungo periodo di pace pressoché ininterrotta. Eppure, in quei decenni non c'è stato un solo momento in cui, in qualche angolo della Terra, non si sia combattuto. La verità è che la guerra ci accompagna sin dai primordi della storia e può essere definita come la più organizzata di tutte le attività umane. Ha plasmato istituzioni, valori, idee, lingue. Ha influenzato l'economia, la scienza, il progresso tecnologico e la ricerca medica. Ha ispirato, nel bene e nel male, poeti, scrittori, drammaturgi, musicisti, pittori e registi. Senza i conflitti armati non avremmo conosciuto la penicillina, l'emancipazione femminile, i radar o i missili. Considerata per millenni un elemento ineliminabile della vita dell'uomo, solo a seguito dei due conflitti mondiali la guerra è stata unanimemente bollata come il male assoluto. Oggi, come ci ricorda Margaret MacMillan, «non prendiamo la guerra abbastanza sul serio. Preferiamo distogliere lo sguardo da un tema spesso tetro e deprimente, ma è un errore». Attraverso un viaggio lungo millenni, che parte dall'aggressività dei nostri antenati preistorici e arriva fino ad Al Qaeda, l'autrice ci racconta perché la guerra è un orizzonte inevitabile per le comunità umane. E tenta di rispondere alle domande che da sempre si pongono storici e filosofi: a quale momento nello sviluppo dell'umanità risalgono i primi scontri organizzati? È la natura umana che ci condanna a combatterci l'un l'altro? Riusciremo a liberarci totalmente dalla guerra? Attingendo agli insegnamenti del passato, la MacMillan ci mostra i molti volti della guerra, spiegandoci come ha determinato il nostro presente, la nostra visione del mondo e l'idea stessa che abbiamo di noi.
20,00

Il grande assedio di Przemysl. 1914. Storia di una battaglia dimenticata

Il grande assedio di Przemysl. 1914. Storia di una battaglia dimenticata

Alexander Watson

Libro: Copertina rigida

editore: Rizzoli

anno edizione: 2021

pagine: 392

Il 14 settembre 1914 la città-fortezza di Przemysl fu raggiunta dalle truppe in ritirata dell'esercito asburgico: a pochi mesi dalla dichiarazione di guerra, le propaggini nordorientali dell'impero stavano già cadendo in mano all'armata russa. L'Europa era ormai sprofondata in un conflitto che in molti avevano reputato impossibile, ed entrambi gli schieramenti avevano già subìto perdite inimmaginabili prima di allora. Di lì a poco i piani strategici elaborati tanto sul fronte occidentale quanto su quello orientale si sarebbero sgretolati, per lasciare spazio a una disperata improvvisazione tattica; e mentre a ovest lo scontro si trasformava in una guerra di trincea, a est gli occhi erano tutti puntati sulla vecchia fortezza austroungarica, giudicata la più grande e solida del tempo. Ma assaltandola a due riprese, tra l'autunno del 1914 e la primavera del 1915, le truppe dello zar avrebbero dimostrato che il gioiello degli Asburgo non poteva nulla di fronte ai progressi compiuti dall'artiglieria moderna. La vicenda di Przemysl tenne con il fiato sospeso l'opinione pubblica e suscitò una vasta eco nella stampa popolare; la strenua difesa di quella che sarebbe passata alla storia come la «Stalingrado austroungarica» ebbe il suo altissimo tributo di sangue tra soldati e popolazione civile. Alla fine, l'esercito nemico riuscì a espugnarla, ma quell'assedio - il più lungo della Prima guerra mondiale - fiaccò le forze russe prima che potessero dilagare nell'Europa centrale. Entrambi gli imperi uscirono indeboliti da quello scontro, che segnò uno dei punti di svolta nel conflitto. Eppure la tragica storia di Przemysl è stata quasi dimenticata in Occidente. Oggi, grazie a una rigorosa ricerca tra i documenti dell'epoca e i diari inediti degli abitanti assediati, lo storico e saggista Alexander Watson ci restituisce il vivido racconto di quell'epica resistenza. Mostrandoci che proprio lì vanno cercate le radici dell'orrore che avrebbe travolto la regione nei decenni a venire, tra nazionalismo, antisemitismo e furia sterminatrice.
24,00

1919. La grande illusione. Dalla pace di Versailles a Hitler. L'anno che cambiò la storia del Novecento

1919. La grande illusione. Dalla pace di Versailles a Hitler. L'anno che cambiò la storia del Novecento

Eckart Conze

Libro: Copertina rigida

editore: Rizzoli

anno edizione: 2019

pagine: 566

28 giugno 1919, Palazzo di Versailles. Nella stessa reggia che mezzo secolo prima aveva ospitato la proclamazione del Secondo Reich, siedono i rappresentanti di quarantaquattro Stati chiamati a ratificare il trattato che metterà la parola fine alla Grande Guerra. Un evento di portata globale, che - per la prima volta nella storia - attira l'attenzione massiccia di media e opinione pubblica. Sulla conferenza di pace si appuntano speranze, progetti e aspirazioni di natura diversa: richieste di indipendenza e autodeterminazione, bisogno di stabilità, l'esigenza di sancire un nuovo ordine che garantisca la concordia internazionale, ma anche desideri di rivalsa, spinte nazionalistiche, richieste di giustizia. E, su tutto, la rabbia delle popolazioni coinvolte nel conflitto. Elementi difficili da conciliare. Tanto che, già negli anni Trenta, in molti avrebbero attribuito alle scelte compiute in quella sede la responsabilità di ciò che si iniziava a delineare: la fine della Repubblica di Weimar, l'ascesa al potere dei nazisti e l'avvento della Seconda guerra mondiale. A cent'anni dalla controversa conferenza di pace, questo volume ne propone al lettore un bilancio lucido e scevro da pregiudizi, basato su una ricostruzione puntuale, precisa, documentata e al contempo avvincente. Eckart Conze ci mostra come il conflitto sia continuato nelle menti e negli animi di popoli piagati dagli scontri e infiammati dalla propaganda. Mentre antichi imperi venivano cancellati dalle cartine e nuovi Stati nazionali reclamavano il proprio spazio, le lotte proseguirono. E quella pace che nessuno voleva si mostrò presto per ciò che era realmente: una grande illusione.
28,00

Il genocidio dei cristiani. 1894-1924. La guerra dei turchi per creare uno stato islamico puro

Il genocidio dei cristiani. 1894-1924. La guerra dei turchi per creare uno stato islamico puro

Benny Morris, Dror Zeevi

Libro: Libro rilegato

editore: Rizzoli

anno edizione: 2019

pagine: 810

Genocidio: una parola che colleghiamo istintivamente ai più oscuri passaggi della storia mondiale. Come il massacro degli armeni in Turchia tra il 1915 e il 1916, uno sterminio del quale ancora si discute, tra tesi negazioniste e interferenze politiche. Ma siamo sicuri che quel biennio di atrocità sia un evento isolato? In effetti, tra il 1894 e il 1924, l'Anatolia fu attraversata a più riprese da venti di morte. Episodi fin qui analizzati come distinti – avvenuti sotto governi differenti e “giustificati” alla luce di specifiche contingenze storiche – ma collegati da un terribile fil rouge. Quei trent'anni segnarono in realtà lo sviluppo di un progetto organico di sterminio, volto alla creazione di uno Stato omogeneo dal punto di vista etnico e religioso. Cominciato con i massacri hamidiani sotto il regno del sultano Abdülhamid II, proseguito durante gli anni dei Giovani turchi e culminato quando al potere era già salito Atatürk, quel piano coordinato decimò la componente cristiana della popolazione, mietendo oltre due milioni di vittime. Retate, stragi, saccheggi, conversioni forzate, stupri, rapimenti e deportazioni hanno insanguinato la Turchia per mano di funzionari arrivisti e corrotti, militari sadici o indifferenti, tribù nomadi e semplici cittadini chiamati al fanatismo del jihad. Tutti pronti a massacrare il nemico armeno, greco o assiro che fosse, accusato di terrorismo e fiancheggiamento del nemico, ma in realtà colpevole solo di credere in un altro dio.
34,00

Il massacro di Addis Abeba. Una vergogna italiana

Il massacro di Addis Abeba. Una vergogna italiana

Ian Campbell

Libro: Copertina rigida

editore: Rizzoli

anno edizione: 2018

pagine: 660

Ci sono pagine della storia d'Italia che conosciamo ormai a memoria, e altre su cui ancora non è stata scritta la parola "fine". E poi ci sono le pagine dimenticate, relegate all'oblio perché troppo dolorose. Anche quelle, però, fanno parte del nostro passato. In questo caso, del nostro passato di "potenza coloniale". La mattina del 19 febbraio 1937, ad Addis Abeba, il viceré Rodolfo Graziani e le autorità italiane che da nove mesi governano un terzo dell'Etiopia celebrano la nascita del primo figlio maschio del principe Umberto di Savoia. Ma un gruppo d'insorti riesce a superare i controlli e, all'improvviso, otto bombe a mano seminano il caos tra quei notabili. Di fronte al bilancio - sette morti e decine di feriti, compreso lo stesso Graziani - il Duce ordina la repressione: "Tutti i civili e religiosi comunque sospetti devono essere passati per le armi". È così che si scatena uno dei massacri più ignobili della parentesi coloniale italiana: giorni di terrore, tra omicidi e saccheggi, durante i quali migliaia di innocenti vengono trucidati con sistematica brutalità. Repressione che culmina, nel maggio dello stesso anno, con l'eccidio di centinaia di monaci, preti e pellegrini cristiani della Chiesa copta, tutti disarmati, radunati nel monastero di Debra Libanos. Intanto, le Camicie nere ne approfittano per azzerare l'intellighenzia etiope, in un vero e proprio pogrom. Con precisione accademica e passo narrativo, Ian Campell ricostruisce in questo saggio una delle atrocità meno conosciute del regime fascista, analizzandone premesse e conseguenze, senza fare sconti a nessuno. Prefazione di Richard Pankhurst.
25,00

Pio XII e gli ebrei. L'archivista del Vaticano rivela finalmente il ruolo di papa Pacelli durante la Seconda guerra mondiale

Pio XII e gli ebrei. L'archivista del Vaticano rivela finalmente il ruolo di papa Pacelli durante la Seconda guerra mondiale

Johan Ickx

Libro: Copertina rigida

editore: Rizzoli

anno edizione: 2021

pagine: 416

Il 2 marzo 1939 il cardinale Eugenio Pacelli veniva eletto papa, e dieci giorni dopo saliva al soglio pontificio con il nome di Pio XII. Fu dunque suo il compito - tutt'altro che semplice - di guidare la Chiesa negli anni terribili del-la Seconda guerra mondiale. A conflitto finito, Pacelli fu salutato come il salvatore di Roma dallo scempio dell'occupazione nazista: politici di primo rango e influenti personalità del mondo ebraico ne elogiarono il comportamento e l'operato. Di lì a poco, però, quella visione cambiò radicalmente. Prima la stampa sovietica poi la celebre pièce teatrale "Il vicario" lo descrissero all'opinione pubblica sotto tutt'altra luce. Cominciò a serpeggiare la cosiddetta «accusa del Silenzio», che voleva Pio XII omertoso rispetto all'orrore dei campi di concentramento e in buona sostanza complice dei nazisti. Dove stava la verità? Cosa sapeva davvero il papa delle atrocità commesse durante la guerra? Quanto erano fondate le ricostruzioni che parlavano di uno scambio epistolare tra lui e Roosevelt per prevenire l'escalation della guerra, di reti segrete per supportare la fuga dei perseguitati dal regime, di battesimi improvvisati volti a salvare migliaia di ebrei dalla deportazione? Da allora le valutazioni su Pio XII non si sono più ricomposte, e ciclicamente le discussioni sulla sua controversa figura tornano a infiammarsi. Così, deciso a spiegare le azioni del suo predecessore, papa Francesco ha da poco desecretato i documenti a riguardo. Johan Ickx lavora da più di due decenni negli archivi della Santa Sede, e oggi dirige l'Archivio Storico della Sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato: chi meglio di lui, dunque, può raccontarci cosa dicono quelle carte, e fare finalmente chiarezza? Affidandosi alle sole testimonianze documentali autentiche, l'autore di questo libro ricostruisce per noi le vicende che videro protagonisti Pacelli e i suoi più stretti collaboratori, il celebre Bureau, dipingendo una serie di ritratti tanto vividi quanto accurati. E provando a fare luce su uno dei grandi misteri irrisolti della Seconda guerra mondiale.
22,00

Io e il duce

Io e il duce

Indro Montanelli

Libro: Copertina rigida

editore: Rizzoli

anno edizione: 2018

pagine: 316

Il 9 febbraio 1944 il "Corriere della Sera" diede la notizia dell'arresto di Indro Montanelli, accusato di avere scritto articoli diffamanti sul regime fascista, che in quel momento si trovava sul punto di raggiungere il gruppo partigiano guidato da Filippo Beltrami. Incarcerato insieme alla moglie Maggie a San Vittore, a Milano, il 14 agosto riuscì a fuggire in Svizzera. In realtà, Montanelli aveva preso le distanze dal regime fascista sin dal 1938, quando aveva rinunciato alla tessera del partito e ne aveva pagato le conseguenze con l'impossibilità di fare il giornalista in Italia, e quella che inizialmente era una divergenza politica e personale si era sempre più approfondita, sino a trasformarsi nella decisione di combattere attivamente contro il regime e gli occupanti tedeschi. Nel dopoguerra e fino alla sua morte Montanelli è ritornato spesso sulla figura del Duce e sulla storia del ventennio, contribuendo a disegnare nell'immaginario degli italiani l'immagine di un Mussolini perfetto "italiano medio", con tutti i vizi e le poche virtù che il giornalista attribuiva ai suoi connazionali, e che spesso "più che a dominare gli avvenimenti, badava a restarne a galla, lasciandosene portare". Raccontando il Duce, quindi, Montanelli elabora una storia del fascismo che, oltre a essere fedelmente documentata grazie alla sua partecipazione diretta e alla professione di giornalista, dà conto anche di altri elementi che sfuggono all'osservazione storica: il rapporto tra Mussolini e gli italiani - soprattutto quelli della sua generazione -; l'infatuazione del Paese per il suo dittatore e, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la delusione e i dubbi mai sopiti di coloro che sopravvissero e si posero il problema di spiegare ai giovani le ragioni di quanto accaduto.
22,00

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