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L'orma: Fuoriformato. Nuova serie

Una profonda invidia per la musica. Invenzioni a due voci con Paolo Terni

Una profonda invidia per la musica. Invenzioni a due voci con Paolo Terni

Giorgio Manganelli, Paolo Terni

Libro: Libro in brossura

editore: L'orma

anno edizione: 2018

pagine: 160

Nell'ambito di un ciclo dal titolo "La musica e i dischi di...", dal 14 al 18 luglio 1980, Paolo Terni si trovò a ospitare negli studi di Radio 3 uno scrittore che mai aveva fatto sospettare una particolare inclinazione per la musica: Giorgio Manganelli. E invece, come un appuntamento a lungo atteso, rappresentò un'esplosione pirotecnica l'incontro fra il Manga (che alla sua morte lascerà una collezione discografica non meno ricca della sua leggendaria biblioteca) e una serie di brani incontournables del Canone Occidentale — da Haydn a Mahler, passando per Schubert e Verdi: senza trascurare le operette di Gilbert and Sullivan o la musica tradizionale del Giappone. La reazione chimica fra ascolto e commento a caldo produce un monumento all'arte della conversazione — brillante come poteva essere, forse, in un salotto del Settecento. Ma anche l'affondo più rivelatorio nella poetica di un autore pervicacemente astratto, quale voleva essere Manganelli, che a sorpresa fa i conti con «l'onta del significato» e la sua «ferita»: che il miracolo della forma traduce in «un contrassegno nobiliare». Sette anni dopo, all'ascolto e alla sua interpretazione Manganelli dedicherà uno dei suoi capolavori: "Rumori o voci". In appendice al presente volume, sono raccolti cinque articoli di Manganelli a tema musicale, pubblicati fra il 1976 e il 1989; mentre Paolo Terni, in un saggio-excursus autoanalitico scritto per l'occasione, riflette da par suo sull'esperienza dell'ascolto. Nell'intreccio di voci di questi due «ascoltatori maniacali» si compone così una specie di trattato, involontario quanto misteriosamente esaustivo, su come entra la musica nella nostra vita — e come si scopre che è impossibile farla uscire.
19,00

Il fiato dello spettatore e altri scritti sul teatro (1966-1984)

Il fiato dello spettatore e altri scritti sul teatro (1966-1984)

Elio Pagliarani

Libro: Copertina morbida

editore: L'orma

anno edizione: 2017

pagine: 407

«'A teatro è il fiato dello spettatore che dà fiato all'attore. Lo so per via che ogni tanto recito versi: io vario, essi variano, in funzione di chi ascolta, e viceversa.' Così scrive Elio Pagliarani nel 'Teatro come verifica': il primo dei saggi e articoli una cui scelta ordinò, nel '72, col titolo appunto 'Il fiato dello spettatore' (scelta qui ampliata e proseguita sino al termine della sua attività di critico teatrale, nell'84, grazie a un approfondito scavo bibliografico). Un'interazione da sempre presupposta dal teatro, certo, ma che per Pagliarani è solo un aspetto di quello che più gli interessa: 'la socialità dell'arte come capacità di provocazione immediata'. In quegli anni, più radicalmente, 'intervento del pubblico come elemento costitutivo dello spettacolo' (per esempio col Living Theatre) e annullamento, dunque, della separatezza sacerdotale tra il performer solo al comando e un'audience passiva e gastronomica: in una fusione simile, invece, al 'ritmo corale' dei 'braccianti del mare' evocato dal poeta nella Ballata di Rudi. L'incontro di Pagliarani col teatro non fa che dar seguito, infatti, alla componente pubblica, cioè sociale, di una parola, come la sua, da sempre declamata sulla strada prima che sulla scena. Una parola in 3D, già 'spettacolo come quei libri per l'infanzia, che oggi diremmo in qualche modo pop, donde salta fuori un bosco un castello i sette nani, a ogni pagina'. Assistiamo allora all'incontro fra i numi di Brecht e Artaud in un teatro che fa appello insieme all'intelletto e ai sensi: quello che si potè vedere, sulle scene italiane, nei mitici Sessanta e Settanta. Le 'cronache' teatrali di Pagliarani, come le chiama con un termine a lui caro, restano oggi non solo la testimonianza più appassionata di quelle stagioni, ma anche la «cronaca» più fedele, ancorché o proprio in quanto frammentaria, di un tempo che volle sfidare le convenzioni e le convenienze di sempre per 'tirare su la schiena', una buona volta. E proporsi, in tutti i sensi, all'aperto." (A.C.)
35,00

Animazioni e incantamenti

Animazioni e incantamenti

Gianni Celati, Carlo Gajani

Libro: Copertina morbida

editore: L'orma

anno edizione: 2017

pagine: 451

"Animazioni e incantamenti" si apre con "Il chiodo in testa La bottega dei mimi", uno stralunato romanzo epistolare dalla forte componente erotica e una serie di (pseudo) didascalie "teatrali" a corredo di azioni mimiche Due testi mai più riproposti dal 1974 e dal 1977 - quando vennero pubblicati da una raffinata sigla di edizioni d'arte, la Nuova Foglio Editrice di Poi lenza -, due «oggetti soffici» impossibili da circoscrivere e definire (fotofarse? mimoromanzi?) e sostanziati del rapporto - obliquo, instabile, appunto «soffice» - fra le parole di Celati e le immagini di Carlo Gajani, che precedette Luigi Ghirri quale mentore del narratore nell'intersezione fra scrittura letteraria e immagine fotografica. In essi mai luna si fa didascalia, né l'altra illustrazione, vivendo invece di un felice rapporto di insubordinazione reciproca. Seguono, nel volume, un'ampia scelta di scritti, mai raccolti in precedenza, che Celati ha dedicato in un lungo arco di tempo (dal 1966 al 2005) alle immagini dell'arte e della fotografia, compresi alcuni dei bellissimi testi su Ghirri degli anni Ottanta e Novanta: a documentare un sodalizio celebrato e ormai storicizzato. Al di là del loro intrinseco valore, questi saggi - sul «parlato come spettacolo», il riso giullaresco, l'identità in maschera: «animazioni» sceniche e «incantamenti» contemplativi - sono con ogni probabilità i più importanti per capire un'avventura come quella di Celati che, sempre più, ci appare decisiva per il nostro presente e in cui gioca un ruolo cruciale - anche prima della "svolta" che lo ha portato negli ultimi anni a prediligere il racconto filmico rispetto a quello letterario - il pensiero sulle immagini e sul teatro. Nella materia visiva dei due iconotesti degli anni Settanta, come nella partitura concettuale degli scritti precedenti e successivi, ricorre la metafora teatrale. E il concerto fra scrittura e immagine è davvero un «teatro naturale» che - come quello di Oklahoma per Karl Rossmann, il profugo messo in scena da Kafka in America - ci propone, oggi come allora, un'ambigua quanto suggestiva ipotesi di salvezza.
26,00

Proprietà perduta

Proprietà perduta

Franco Cordelli

Libro: Copertina morbida

editore: L'orma

anno edizione: 2016

pagine: 262

Dal 28 al 30 giugno 1979 a Castelporziano, su un palco precariamente issato sulla sabbia, va in scena - complice il geniale assessore Renato Nicolini - il Festival internazionale dei poeti. Franco Cordelli ne è l'ideatore insieme a Simone Carella e Ulisse Benedetti, anime di un teatro dell'underground romano, il Beat 72. Insieme agli italiani, da Antonio Porta ad Amelia Rosselli, da Dario Bellezza a Valentino Zeichen, arrivano poeti da tutto il mondo, da Amiri Baraka ad Allen Ginsberg e William Burroughs, da Evgenij Evtusenko a Marcelin Pleynet, da Erich Fried a David Gascoyne. I mille spettatori della prima sera, la terza sono trentamila. La poesia, da stanza separata per anime elette, d'improvviso si fa moda, fenomeno di costume, isteria collettiva. Scoprono di dover salire sul palco, quei tutti, bisognosi di "esprimersi". Il successo non modifica l'impianto di quello che Cordelli ha concepito come esperimento di "avanguardia per le masse": un gesto concettuale che l'anno dopo viene replicato - nello spazio antitetico di Piazza di Siena, a Villa Borghese - per paradossalmente dimostrarne l'irripetibilità. Durante la preparazione del secondo festival mette mano, Cordelli, a un testo che scrive in preda a una specie di raptus (anche se lo pubblicherà per Guanda solo nell'83). "Proprietà perduta" è insieme il diario-reportage dei due Festival ma soprattutto quello che definisce un "romanzo con i poeti", nel quale il primo dei personaggi è quello che dice "io".
24,00

Lame. Rame + lime seguite da Quarantena e Versi rispersi

Lame. Rame + lime seguite da Quarantena e Versi rispersi

Gabriele Frasca

Libro: Libro in brossura

editore: L'orma

anno edizione: 2016

pagine: 472

Riproponendo le sue prime raccolte, Rame del 1984 e Lime del 1995, questo volume è un'"edizione critica d'autore" ma insieme, annota Giancarlo Alfano, un libro nuovo di quello che è il maggior poeta della sua generazione. Collocandosi al di qua delle forme fluide dell'ultimo Rimi, infatti, Lame è anzitutto l'impressionante archivio di quella maniera neometrica che, tra gli altri, fu appunto Gabriele Frasca a introdurre, al principio degli anni Ottanta, nella nostra poesia. A posteriori, tuttavia, pure quelle torturanti gabbie sintattiche, ispirate al "fermo volere" di Arnaut Daniel, si animano di un movimento perturbante. Quei sonetti frantumati e quelle sestine moltiplicate - cui demandammo, in catacumbas, la nostra educazione o diseducazione intellettuale e sentimentale - vanno ora a comporre una storia. Ancora più forte appare così, a distanza, la "stravolta ipernovità" di quel rigore formale che era, piuttosto, stoica divisa etica e, insieme, stimmate d'un orizzonte collettivo che ci appare, oggi, nient'altro che il nostro. Dove m'hanno condotto le vecchie parole, s'intitola la prima "canzone" di Quarantena. È da sempre questa la postura di chi calchi e ricalchi stampi della tradizione - dai provenzali a Beckett, come ricostruisce Riccardo Donati, passando per Dante e gli amati barocchi - che, come solchi d'un vecchio vinile, a forza di riascoltarli acquistano una misteriosa virtù allucinatoria. Postfazioni di Giancarlo Alfano e Riccardo Donati.
32,00

Ghenos Eros Thanatos e altri scritti sull'arte (1968-1985)

Ghenos Eros Thanatos e altri scritti sull'arte (1968-1985)

Alberto Boatto

Libro: Libro in brossura

editore: L'orma

anno edizione: 2016

pagine: 212

Il 15 novembre 1974, alla bolognese Galleria de' Foscherari, s'inaugura la mostra "Ghenos Eros Thanatos". Il curatore, Alberto Boatto, è uno dei più originali critici d'arte italiani. Tredici artisti (da Alighiero Boetti a Gino De Dominicis, da Giosetta Fioroni a Jannis Kounellis) sono raccolti, fra la nascita e la morte, dalla "forza che tenta di far legamento fra i due estremi": l'erotismo. Psicoanalisi, antropologia, cultura del "negativo" sono gli strumenti di questo "richiamo al represso, a quanto è vietato perché non allineato col presente e ne rappresenta il male". In occasione della mostra esce un libro che è, e non è, il suo catalogo: un "libro-mappa", "un periplo attorno alle situazioni limite della vita", "culmini cavi" della nostra esistenza. È il libro nero dell'arte italiana: messale sulfureo dei suoi riti più segreti e perturbanti. Come scrive Stefano Chiodi, "né saggio critico, né scritto teorico, né testo letterario, o meglio tutte queste cose assieme", Ghenos Eros Thanatos nega e insieme porta all'estremo, forse, la vicarietà e insieme il vampirismo dello scrivere sull'arte (nonché della critica in generale).
28,00

Scrissi d'arte

Scrissi d'arte

Tommaso Pincio

Libro: Libro in brossura

editore: L'orma

anno edizione: 2015

pagine: 350

"Non è detto che un narratore debba commerciare coi miti; ma in questo, fra gli scrittori d'oggi, Tommaso Pincio davvero non teme paragoni. Il primo mito - a partire dal nome che s'è scelto - è il suo: che spiega il suo successo attuale con un fallimento remoto, quello del suo alter ego, un giovin signore che a vent'anni non si chiamava certo 'Pincio' e non aveva la vocazione dello scrittore, bensì quella del pittore. A un certo punto qualcuno gli fece capire che lì, per dirla con romana brutalità, non c'era trippa per gatti; cominciarono così, a cavallo del nuovo secolo, un nuovo mestiere e una nuova identità. Quello fra penna e pennello, si sa, è cimento di lunga tradizione; messa così, però, è una mistificazione bella e buona. Perché c'è stato un periodo in cui penna e pennello stavano insieme sul suo tavolo concettuale. Il giovin signore masticava la sua delusione e lavorava in una galleria prestigiosa: assistendo artisti che, anche col suo aiuto, conseguivano il successo a lui negato. Eccome se scriveva: saggi, interventi, presentazioni; giunse persino a pubblicare un libro - 'Cnformale', nel 1992 che oggi è una rarità. Partecipava così, in forma vicaria e autopersecutoria, alle avventure altrui. Già allora la scrittura era un surrogato, un doppio virtuale, un malinteso beffardo: 'Pincio', così di là da venire, viene da lì".
21,00

Arrenditi Dorothy!

Arrenditi Dorothy!

Marilena Renda

Libro: Copertina morbida

editore: L'orma

anno edizione: 2015

pagine: 171

Si riparano bambole, in questo libro ricco e strano: si pone cura, svagata e insieme puntigliosa, alle scuciture di un'esistenza alla quale si allude di continuo, ci si avvicina indefinitamente, non la si raggiunge mai del tutto. È narrativa? È poesia? Prosa in prosa? Autobiografia? Tutto questo e niente del genere. È un campionario di case di nessuno, una raccolta di favole per addormentare una bambina troppo adulta, un ricettario di paure e perversioni così piccole che inquietano davvero. È un trattato su come "immaginare la felicità che è dentro il disastro". Ed è, forse soprattutto, una dichiarazione d'amore - e d'odio - per un'arte sorella, o pallida madre, come il cinema. Falserighe, ha sempre chiamato queste sue prose Marilena Renda: riferendosi al modo in cui ciascun "pezzo" concresceva da un'immagine-innesco, un fotogramma isolato che con la storia del film da cui è tratto, forse, più nulla ha a che vedere. Eppure quelle immagini enigmatiche finiscono per sopravvivere, a distanza, nello sviluppo paradossale che, episodio dopo episodio, di questo collage sfuggente - misteriosamente - fa una storia. Prefazione di Antonella Anedda.
16,00

Gruppo 63. Il romanzo sperimentale. Col senno di poi

Gruppo 63. Il romanzo sperimentale. Col senno di poi

Libro: Libro in brossura

editore: L'orma

anno edizione: 2013

pagine: 444

"Palermo 1965, che cosa intende per romanzo la nuova avanguardia italiana? Sta per nascere un nuovo romanzo d'avventura? C'è un'ala "cinese" nell'avanguardia italiana? Su questo e altri temi, a Palermo, dal 3 al 9 settembre 1965, hanno dibattuto i critici e gli scrittori del Gruppo 63. Qui è dato il resoconto completo della discussione: le relazioni introduttive di Badili e Guglielmi, gli interventi di Arbasino, Balestrini, Celli, Colombo, Curi, Davico Bonino, Dorfles, Eco, Giuliani, Guglielmi, Leonetti, Mizzau, Pagliarani, Pignotti, Porta, Sanguineti, Spatola, Spinella, Tagliaferri, Testa, e una serie di scritti post factum di Di Marco, Ferretti, Filippini, Gozzi, Lombardi, Manganelli, Marmori, Miccini, Perriera, Vasio" (dalla copertina dell'edizione del 1966). 2013. 1965, ritorno a Palermo. La neoavanguardia parla di romanzo, ossia qualcosa che stando alla vulgata proprio non le competerebbe. E invece leggendo "Il romanzo sperimentale" (uno strano attrattore, un oggetto dissonante e babelico, forse a sua volta un "iper-romanzo" congegnato da un virtuoso del cut-up come Nanni Balestrini) si può avere l'impressione opposta: che fu in quell'occasione che ci si ricominciò ad appassionare alle strutture narrative, agli intrecci, persino ai personaggi. Oggi si tende a pensare che cominciò allora quello che - molto tempo dopo - verrà chiamato postmoderno. Alla riproduzione fedele dell'ormai introvabile libro del '66 si aggiunge ora un corposo resoconto "Col senno di poi"...
26,00

Il viaggio continua. Opere scelte 1971-1995

Il viaggio continua. Opere scelte 1971-1995

Franco Beltrametti

Libro

editore: L'orma

anno edizione: 2018

pagine: 538

"Nella diaspora stellare di spiriti irregolari seguita al big bang del '63, il caso di Franco Beltrametti è il più esemplare e - per chi voglia ricostruirne il senso - il più disperante. Nessuno più di lui visse l'esperienza artistica in primo luogo come esperienza, appunto: fervore di avventure e deterritorializzazione continua. Decisivi il viaggio in Giappone, nel '66, e il soggiorno nel Belice dopo il terremoto del '68. C'è una poesia giovanile che comincia con «Cinque case in tre mesi», e che già nel perimetro di Zurigo mostra un'inquietudine da vero beat (per concludersi nello spirito del «superstite lupo di mare» di Ungaretti, o d'un novello Lenz di Büchner). I sodalizi cogli artisti e i poeti di tre continenti, i componimenti in quattro lingue (con nonchalance dovuta anche, suo malgrado, all'origine elvetica) non sono solo il segno tangibile d'una vita all'insegna della generosità, del dispendio di sé (in una specie di «funzione Villa», pensando alla dépense del grande Emilio); sono il rifiuto di fare della propria identità una rendita, come si dice, "di posizione". Un'esistenza «in forma di arcipelago» (per parafrasare Blanchot) è quella di chi concepisce sé, e la propria espressione artistica, semplicemente come relazione con l'altro, gli altri. Per questo parte integrante del libro è l'Indice dei nomi con cui, di queste relazioni, si traccia la mappa. C'è un bellissimo acquerello tardo, di Beltrametti, in cui appunto un «Archipelago of the Mind» abbraccia ventotto «poets islands»: fra le quali artisti come Baruchello e musicisti come Cage, e poi John Giorno e Julien Blaine, Patrizia Vicinelli e Corrado Costa, appunto Villa e Balestrini, Adriano Spatola e Giulia Niccolai. Ogni volta che Beltrametti si è versato sulla pagina - sempre leggero e divagante, acquerellesco e zen: a parole quanto per immagini - lo ha fatto per collegare le isole nella corrente della sua vita. Cosi questa vita si è fatta, fino in fondo, poesia: perché è la poesia quella cosa che stabilisce legami." (A.C.)
50,00

Il quinto evangelio

Il quinto evangelio

Mario Pomilio

Libro: Copertina rigida

editore: L'orma

anno edizione: 2015

pagine: 504

"A quarant'anni dalla pubblicazione, sempre più 'Il quinto evangelio' appare 'uno degli ultimi grandi romanzi italiani'. Composto negli stessi anni di 'Petrolio' di Pasolini e degli ultimi racconti di Manganelli, è loro accomunato dalla 'filologia fantastica': presentandosi come raccolta di materiali dei quali l'autore si finge mero trascrittore. Così rinnovando, moltiplicandolo, lo stratagemma - di anche manzoniana memoria - del 'manoscritto ritrovato'. Ma dando pure vita, come a caldo annotò lo stesso autore, a 'un'opera totale che oltrepassa le solite barriere dei generi letterari e riesce insieme narrazione e saggio, dibattito d'idee, fantasia e, possibilmente, poesia'."
26,00

L'opera poetica

L'opera poetica

Emilio Villa

Libro: Copertina morbida

editore: L'orma

anno edizione: 2014

pagine: 792

Come qualcun altro nei secoli che lo hanno preceduto, ma quanto nessun altro nel suo, Emilio Villa ha scritto per un altro secolo. Ora, giusto a cent'anni dalla sua nascita, finalmente è venuto il suo tempo. Villa: il clandestino del Novecento italiano (come lo ha definito Aldo Tagliaferri, suo storico sodale e interprete); il dinamitardo di ogni accademia e di ogni canone; il passa-muri disciplinare che ha ibridato fra loro, in un'unica folgorante avventura letteraria, avveniristica ricerca poetica (al passo con le grandi avanguardie europee), rabdomantica erudizione antichistica (traduttore critico dell'Antico Testamento e dell'Odissea), leggendario "occhio" per l'arte odierna (i cui "attributi" indagò in un libro memorabile), padronanza universale del patrimonio linguistico indoeuropeo (per decenni perseguì l'impresa d'un dizionario etimologico in solitaria). Villadrome, come lo "parabattezzò" Duchamp, è sempre rimasto ostinatamente, orgogliosamente fuori da ogni confine, da ogni partizione, da ogni identità. Ora Cecilia Bello Minciacchi, la studiosa che nell'ultimo quindicennio si è votata con tutte le sue forze a quest'opera impossibile, l'ha ricostruita in tutte le sue pieghe enigmatiche, in tutte le sue svolte anche clamorose, in tutte le sue idiosincrasie. Per la prima volta dunque il corpus poetico villiano si trova qui riunito in un unico, documentatissimo volume che raccoglie tutti i suoi testi pubblicati, in vita e dopo la sua morte. Postfazione di Aldo Tagliaferri.
45,00

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