Europa Edizioni: Chronos. Autobiografie di cittadini

«Venne buio, ed io continuavo a cercare il sentiero per rientrare a casa. Sentivo il vento che ululava fortissimo e i pini ondeggiavano in tutte le direzioni; sembravano delle forze malefiche pronte a inghiottirmi. Urlavo disperata, nella speranza che qualcuno mi venisse in aiuto. Ed ecco improvvisamente dinanzi ai miei occhi aprirsi un enorme cancello dalle fattezze a me sconosciute: era come di cristallo, cesellato con fiori colorati, e brillava così tanto da illuminare non solo tutto il giardino, ma anche la reggia, che era un capolavoro, intarsiata di pietre preziose. Avevo un po' di timore a entrare e rimasi sulla soglia del cancello, finché non sentii una voce che mi invitava a procedere. Varcato il cancello, mi accorsi che la reggia non aveva né porte, né finestre. Come per magia, al mio cospetto apparve una grande tavola imbandita di ogni tipo di vivande, che emanavano profumi che non avevo mai sentito. Una grande sensazione di benessere pervase il mio corpo tanto che chiesi alla voce dove mi trovassi, e lei mi disse in Paradiso. Quanto sarebbe stato bello rimanere lì, ma risvegliatami capii che stavo solo sognando.»

«"La mia tv sono le stelle", ci disse il ragazzo berbero, di fronte al cielo notturno del deserto che sembrava dipinto, tanto erano vividi e nitidi i suoi colori. Un mondo ovattato, silenzioso e sereno, dove intorno a noi si stendeva soltanto il deserto, mi trasmise un'emozione indescrivibile. Tornai a cercare quell'emozione nel 2018 con lo stesso gruppo di persone che avevano condiviso con me, stavolta trattenendoci per quindici giorni anziché una sola settimana, riempiendoci gli occhi di panorami mozzafiato offerti da altezze superiori ai duemila metri, colori intensi, selvaggi, aromi di un mondo diverso e ancora incontaminato che spirano sul deserto, ricordando costantemente che quella distesa di sabbia non appartiene agli uomini ma soltanto a se stessa, indomita, pacifica ma spietata.»

Un'esistenza lacerata sin troppo presto, un filo che si sfibra ma non si spezza mai del tutto. Ogni volta la protagonista ha la forza di rialzarsi, anche quando sembra aver perso tutto e nessuna parola basta a rinfrancarla. La vita è una fatica, ma qui si ha la sensazione che sia anche qualcosa in più. L'autrice, con aria composta e delicata, riesce a descrivere un vissuto abbastanza complesso dove si snodano tante esistenze di fianco alla sua. Raccontare costa dolore, fatica, ma chi scrive non si risparmia e non cede a facili emozioni, non lesina la compassione di nessuno.

In questa intensa autobiografia, Annalisa Sabatino ci apre le porte del suo mondo interiore, tracciando un percorso emotivo che affonda le radici in un'infanzia travagliata e si sviluppa attraverso le sfide di una vita piena di ostacoli e rivelazioni. Residente nella pittoresca zona dei Castelli Romani, Annalisa ci racconta con coraggio e senza filtri la separazione dei suoi genitori, le difficoltà relazionali con una madre distante e le complesse dinamiche familiari che l'hanno vista lottare per trovare la propria voce e il proprio spazio nel mondo. Dalla giovinezza segnata da una profonda solitudine e da una lotta contro i disturbi alimentari, alla maturità in cui emerge come imprenditrice e supporto vitale per la sua comunità, Annalisa ci guida attraverso i momenti più bui e quelli di trionfo con una resilienza che ispira e commuove. Con una narrazione che intreccia dolore e speranza, il libro è un tributo alla forza dell'individuo di fronteggiare le avversità guardando sempre verso il cielo - un simbolo di speranza e rinascita. Con gli occhi rivolti al cielo non è solo la storia di Annalisa, ma un invito a tutti noi a riflettere sulla capacità dell'animo umano di superare le tempeste della vita, mantenendo lo sguardo fisso sulle stelle e i piedi ben radicati a terra.

Quando ero bambina guardavo la mappa del mondo, sapendo che io ero in Cile e mia mamma in Italia. Osservavo la distanza che ci divideva, il confine che ci impediva di stare insieme. Da allora il mio sogno è stato vivere senza confini, senza che nulla mi separasse da ciò che mi rendeva felice. Una volta superato quel confine, non ne ho più accettati altri, e così ho imparato a conoscere nuove culture, lingue, persone, ma soprattutto a conoscere me stessa. I confini non ci sono mai stati nelle mie scelte, nemmeno in quelle sbagliate. Ho scelto una vita senza confini perché mi ha permesso di scoprire, sperimentare e credere, di essere in grado di migliorarmi e trasformare una storia drammatica in un cambiamento positivo.

Un incontro casuale, in una sera come tante, si rivela devastante. Vittima di un amore travolgente e improvviso, Felicity si lascia guidare nei meandri di un inferno che fino a poco prima non aveva mai nemmeno immaginato. Per amore delle sue figlie e per quella famiglia che sperava di costruire con l'uomo che considerava il suo compagno di vita, affronta numerose vicissitudini legali. Fino a quando, in lei, il bisogno di riconquistare la libertà perduta si fa sentire con forza. Drammatico e a tratti struggente, "Vittima dell'amore" racconta la storia autentica di una donna che lotta ancora per i suoi diritti e per la sua libertà. Ha dimostrato resilienza e, armata di coraggio, ha affrontato il terribile spettro della malattia. Senza mai venir meno ai suoi doveri di madre, Felicity ha svolto il suo ruolo con grande responsabilità, donando un amore infinito alle sue bambine.

Monica Barbieri nasce a Bologna il 17 aprile 1966 da genitori giovanissimi. Fin da piccola si dimostra attratta dall' "invisibile agli occhi", un'attitudine mai sopita unita a una forte curiosità che l'ha caratterizzata nei vari aspetti della sua esistenza e che l'ha spinta ad andare oltre. Una vita costellata di momenti degni di paragone con le montagne russe, rovinose cadute e voli incredibili, verso l'assoluta consapevolezza che tutto è mutabile e che può cambiare, se lo si vuole veramente. Una storia di vita come tante, che vuole essere motivo di speranza per chi deciderà di addentrarsi nel suo imperfetto e meraviglioso cammino. Una vita normale, ma allo stesso tempo stra-Ordinaria.

"La mia vita da seduta" è una storia di coraggio e resilienza. L'autrice, infatti, racconta con forza la sua vita con la malattia. Non è certamente stato tutto facile nel suo percorso, ma l'autrice ha sempre trovato l'energia e la giusta dose d'ironia per andare avanti e godere delle bellezze che la vita le ha donato. Accompagnata e supportata dal suo amore, Giorgio, continuerà a percorrere con serenità i sentieri della sua esistenza.

Una madre e un padre possono condizionare la tua intera esistenza? Nel bene e nel male, attraverso questo libro, scopriamo quanto i comportamenti scorretti dei nostri genitori caratterizzino più dell'immaginabile il nostro modo di stare al mondo e tutte le nostre scelte, non solo nell'infanzia, ma anche in età adulta. Quando desideri una madre, ma ti ritrovi invece una diva del cinema, ogni possibile via di fuga può essere una promessa d'amore. E allora l'unica cosa che ci resta, come questo libro insegna perfettamente, è il perdono. In fondo, sono pur sempre i nostri genitori, e noi siamo quello che siamo anche grazie a loro. Dopo questo viaggio pieno di abissi oscuri e catastrofici, ma anche di momenti di riconciliazione e stupore, al lettore resterà che apprezzare e meravigliarsi ancora della vita, giorno per giorno.

Io non credo di aver fatto niente di eccezionale. Ho solo fatto quello che mi veniva spontaneo a livello umano, il resto è stato una conseguenza. Ci sono storie, come questa di Marinella, che ti entrano in testa. Già normalmente le vivresti in maniera traumatica, consapevole che esistono; ma quando poi ti capitano e ti trovi a vivere di persona le udienze, i racconti, le testimonianze... è tutta un'altra storia. E nonostante siano passati ormai quasi quindici anni, a volte ancora mi succede: quando ci mettevamo a letto, la sera, finché non mi addormentavo - e lo faccio ancora oggi - accarezzavo il suo corpo, come per scaricare le mie paure, alleviare quanto mi fosse successo. Pensavo che, dopo tutto, un po' di tenerezza non potesse far altro che bene. Come se si potesse, in qualche modo, rimettere in pareggio l'offesa.