Paolo di Tarso è finalmente al centro del dialogo ebraico-cristiano. A lungo, diciamolo francamente, ne è stato escluso come una presenza imbarazzante, quasi un ostacolo per pensare di poterlo rimuovere. La visione tradizionale cristiana ne faceva un “convertito” e quindi un apostata del giudaismo, se non il nemico giurato della Torah. Come tale lo ha trattato (e ignorato) anche la tradizione ebraica (almeno fino a tempi recenti con i primi tentativi di una rilettura della sua figura). Ma quella di Paolo non è una “conversione” bensì una “vocazione” che merita di essere riconsiderata più attentamente nella sua complessità. Al pari di Gesù è nato, vissuto e morto da ebreo, per la semplice ragione che nel primo secolo il cristianesimo ancora non esisteva come religione autonoma e distinta dal giudaismo, ma si presentava come movimento apocalittico e messianico all’interno del giudaismo. L’esperienza di Paolo (per quanto singolare) appartiene alla dialettica interna dei molti gruppi e movimenti presenti nel giudaismo della sua epoca.
Paolo di Tarso nel pensiero ebraico
| Titolo | Paolo di Tarso nel pensiero ebraico |
| Curatori | Massimo Giuliani, Fabio Ballabio |
| Argomento | Scienze umane Religione e fede |
| Collana | Koinonia. Dialogo ecumenico e interrelig., 28 |
| Editore | Pazzini |
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| Pagine | 158 |
| Pubblicazione | 06/2025 |
| ISBN | 9788862575188 |

