Gattomerlino/Superstripes: Quaderni di Pagine Nuove

Mi chiedono poesia. Per questo cercherò parole, ci metterò musica, fantasia, quello che il cuore vuole.

I miei piedi sono già piedi di pellegrino anche senza camminare Ho i calli a forza di desiderare di essere altro o almeno altrove.

I medici dovrebbero conoscere le stelle, perdersi e specchiarsi nella calotta celeste. Guardare il cielo è gettare uno sguardo sul passato al tempo in cui gli astri brillavano e scaldavano pianeti, sull’occhio freddo dello spazio, a tempo di musica.

Mi divora l’anima il pensiero di dover toccare quel biscotto, mi consuma le ossa doverlo spiegare, e se qualcuno dovesse chiedermi cos’ho gli direi che ho solo fame.

"Mala madre è un vademecum dei miei pensieri, una biografia del mio dolore e delle mie sofferenze, il mio urlo al mondo. Classe 97, nata a Milano, cresciuta in Sudamerica. I primi anni d'infanzia li ho trascorsi in Perù assieme alla mia nonna materna. Papà perse la vita in un incidente automobilistico quando ero piccola. Incomincio a manifestare la mia malinconia fin dalla tenera età. Nonna fa del suo meglio ma io non socializzo e mi chiudo nei miei pensieri, nella mia sofferenza. Cresco in un ambiente estremamente religioso ma non credo in nulla. Quando la mia vita sembra andare per il meglio, torna mia madre e mi strappa via dalle braccia di mia nonna, mi chiude in una casa e fa di me la sua serva. Scappo di casa. Vivo per strada. Mi perdo e mi ritrovo. Lavoro duro e mi pago gli studi. Accanto all’amore del mio cane scopro la pace, comincio a volermi bene."

Si tratta di una raccolta che, nella sintesi del verso e della strofa, scansando ogni effusione lirica, delinea una situazione precisa, un preciso racconto. Poesia narrativa, dunque, che non intende esplicitamente rimandare suggestioni, ma che, invece, con il mezzo di una lingua limpida e priva di artifici, suggestioni certamente ne dà, e del tutto particolari.

L’imperativo negativo, quello che ordina di restare, che blocca lo slancio, è in contrasto con l’altro imperativo, quello che chiede di andare, anche se la meta è incerta, anche se dovunque ci sono esseri malvagi, pronti ad assalire e divorare.

In quest’opera prima di Rosaria Ragni Licinio, tutta la poesia è forza concentrica ed espressione di materia nervosa. Infatti se da un lato i versi tendono a riorganizzare la memoria generatrice con lo scopo di “far quadrare” la realtà attraverso fotogrammi precisi, dall’altro una coscienza meditativa offre al lettore un’ampia gamma di riflessioni sulla vita e sulla morte.

«Crepa dell'anima / Ho diviso il mondo. / Contraddizione delle parti / A respingersi agli infiniti. / E così rimango / Futile linea a separare il nulla.»