Armando Dadò Editore

«Dall’idea e dal desiderio di avere la Santa protettrice della mia professione, dalla casuale lettura della «Legenda Aurea» di Jacopo da Varazze e dalla consultazione del «Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte» di James Hall, è nata questa mia passione che ha contagiato anche moglie e figli. Dopo più di 40 anni, ci siamo ritrovati con un considerevole numero di statue e dipinti (più di 300), numero che continua ad aumentare secondo le nostre possibilità e le occasioni che si presentano. Questo capitale di bellezza e di tradizione che, contemplandolo, ispira e rasserena sia quale espressione artistica, sia quale manifestazione di fede, abbiamo pensato di condividerlo con una più ampia schiera di amici, di conoscenti e di eventuali interessati. Questo libro potrebbe infatti essere uno spunto per esplorare un mondo un po’ diverso da quello che stiamo vivendo. Tutti, con un po’ di buona volontà e maggior bontà, potremmo divenire santi; anche io che, in vita, ad Agno, al mio paese, ho avuto la fortuna di stringere la mano a un Santo, Karol Wojtyla. Questo libro è un’ottima idea per un buon regalo, come un profumo, come un vino buono, come un fiore!». (Carlo Bottini)

Questo libro nasce da una scommessa. Quella degli autori, sollecitati da più parti, di fornire uno studio agile e sintetico di storia generale del Ticino, destinato a un pubblico di non specialisti, accessibile a tutti. E porta in sé un valore aggiunto: quello di colmare una lacuna storiografica lunga ventisette anni, se si considera che la più recente opera complessiva sul tema è quella curata da Raffaello Ceschi, Paolo Ostinelli e Giuseppe Chiesi. I primi due volumi dedicati all’Ottocento e al Novecento ticinese furono pubblicati nel 1998. Facendo riferimento a numerosi contributi di notevole valore apparsi negli ultimi tempi, gli storici e per molti anni «uomini di scuola» Rosario Talarico e Gianni Tavarini offrono una sintesi su temi esplorati dalla recente storiografia e spingono lo sguardo al Novecento (in particolare alla seconda metà) e ai primi decenni del XXI secolo, nel tentativo di ricostruire un itinerario aggiornato, coerente e lineare che includa ambiti ancora poco studiati.

Tutti hanno sentito parlare della morte e della resurrezione di Lazzaro. Il solo ad aver riportato l’ultimo miracolo del Cristo è stato San Giovanni evangelista. Questo prodigio tuttavia, considerato un sacrilegio dalle autorità religiose dell’epoca, è stato all’origine della crocifissione di Gesù Cristo, avvenuta appena qualche giorno dopo il miracolo.Cosa ne fu di Lazzaro in seguito resta un enigma. Che abbia avuto diritto alla vita eterna non è riportato. In che condizioni è sopravvissuto? In quali tormenti, in quali gioie? Quando e come è morto? A partire da queste domande audaci François Debluë dà vita a una fantasticheria. L’autore elabora in modo assolutamente libero un racconto di grande originalità, oltre ogni dogma e ogni cliché. Ricostruisce un’epoca e un clima adottando spesso il punto di vista di Lazzaro, attribuendogli domande, passioni, rimorsi e piaceri nuovi, per accompagnarlo fino alla sua seconda, inquietante, morte.

L’originalità di questo libro sta nel fatto di aver riunito per parlare dello stesso argomento, della Cina, tre autori completamente diversi tra loro e con differenti esperienze cinesi. Diversi per carriera, attività, ma anche per il modo con il quale analizzano e si pongono nei confronti del mondo e dei suoi fatti, per i quali possono avere giudizi contrastanti. L’Ambasciatore non può staccarsi dall’esigenza dell’equilibrio, dalla necessità dell’approfondimento prima di emettere un giudizio, essendo conscio delle responsabilità che gli incombono e quindi della cautela che lo deve accompagnare. Il giornalista, facilitato da una natura ribelle e critica, indaga, cerca gli argomenti che lo aiutano a difendere le sue tesi. È un personaggio spesso in contrasto con le opinioni che fanno la maggioranza. Comprensibilmente, i suoi giudizi talvolta divergono da quelli degli altri autori. L’uomo d’affari ha quale metro prevalente per il suo giudizio il successo; a differenza del giornalista, è poco influenzato dalle emozioni e i suoi giudizi sono ancorati al pragmatismo e alla convenienza. Le sue sono istantanee di realtà offerte con distacco.

In un’atmosfera eterea tra le montagne dell’Engadina, un uomo intraprende un’escursione solitaria e si ritrova improvvisamente immerso in un dipinto di Giovanni Segantini. In questo scenario onirico, il protagonista si imbatte nel pittore stesso, che emerge dall’opera d’arte come un’entità viva. Si sviluppa un dialogo avvolgente e profondo che esplora l’amore, la famiglia, il legame con la natura, la bellezza e il significato dell’arte. Il panorama montano fa da sfondo a una conversazione che scorre leggera e intensa, come un fiume di riflessioni, portando il lettore in un luogo dove realtà e immaginazione si fondono in un’armonia delicata.

Dopo il successo della prima raccolta di leggende della Svizzera italiana, proposte dall’antropologo e raccontastorie Andrea Jacot-Descombes, ecco qui una seconda collezione di racconti popolari della nostra regione, questa volta a tema cibo e alimentazione, illustrata dai coloratissimi disegni di Nicola Lorenzetti. Eh sì, perché mangiando si chiacchiera, ci si racconta delle proprie vite e dei propri sogni e, di conseguenza, si creano storie. Non c’è quindi da stupirsi se questo tema si rifletteva poi nelle leggende e nei racconti tradizionali dei nostri antenati… Quindi, dal pane alla frutta, passando per il vino, la carne e il pesce, questo è un gustoso menu fatto di leggende per tutti! Età di lettura: da 6 anni.

Dopo una gita in montagna, Davide e suo figlio Francesco si ritrovano immersi in un silenzio carico di tensione. Qualcosa di irrisolto pesa su di loro, un’assenza che continua a farsi sentire. Mentre Davide cerca di scrivere e Francesco di leggere, i loro pensieri si aggrovigliano in un confronto muto fatto di distanza, incomprensioni e fragilità. La cena in arrivo segna una tregua, ma non porta risposte: resta solo il tentativo di colmare un vuoto che forse non potrà mai essere davvero riempito.

In un paesino di montagna apparentemente disabitato, sospeso nel tempo fra vecchie stalle abbandonate e una chiesetta in cima alla collina, una donna trascorre i suoi giorni sempre uguali, in compagnia di un gatto e dei fantasmi del passato. L’inverno è una gelida ragnatela, in cui i ricordi di un amore difficile e di un incendio mai davvero spento rimangono intrappolati insieme alle presenze che abitano la casa con lei. Quando una misteriosa bambina compare all’improvviso nel cimitero del villaggio, il confine fra memoria e allucinazione si fa sottile. E nel bosco una lupa si aggira osservando, custode silenziosa dell’oscura verità che lega la protagonista alla bambina e alle ombre del passato.

Un libro scritto con la voce di una bambina di dieci anni che cresce nella campagna giurassiana, osservando il mondo degli adulti e trovando conforto nella solitudine e nel silenzio della natura. Quando il papà perde il lavoro, “la petite” si accorge che i principi e i codici con i quali sta crescendo vacillano improvvisamente. Un libro un po’ ribelle, come la sua autrice, che ha preferito scrivere senza virgole, anche “perché le virgole separano”.

Dopo essersi dedicato alla Vallemaggia, Aldo Balmelli ci accompagna in un viaggio visivo e poetico attraverso Leventina, Blenio e Riviera, svelandoci angoli di mondo che credevamo di conoscere. Immagini e parole restituiscono la bellezza essenziale di luoghi silenziosi, segnati dal tempo e dalla memoria. Un omaggio del tutto originale al paesaggio alpino e al legame profondo tra territorio e identità. Testi di Paolo Buletti.

Stazione di Firenze, binario 16, un treno, una partenza forzata. Ultima deportazione verso Auschwitz. Così inizia il viaggio di Esther. Attorno a lei, suo padre Giacomo e una scia di volti, silenzi, ricordi, resistenze. Tra il mare della Versilia e la campagna austriaca, tre donne – Esther, Elisa e Lea – si cercano, si sfiorano e infine si ritrovano; tre donne segnate dall’ombra dell’Olocausto e dalla forza delle scelte, della memoria e dell’identità. In questo romanzo che attraversa l’Europa e il tempo, il dolore lascia spazio anche all’inatteso, all’umanità che sopravvive. È una storia di forti legami famigliari, di profonde amicizie e di amore. Scrivendolo, l’autore ha condiviso la vita e i sentimenti di ogni personaggio.

Diciotto racconti, diciotto viaggi nell’universo femminile, dove borse e accessori si trasformano in simboli di identità, forza, intimità. Ogni storia è una finestra aperta su desideri inconfessati, ricordi indelebili e sfide silenziose. Ceste, valigie, zaini e sacchetti raccontano non solo oggetti, ma mondi interi: l’attesa struggente di una veglia, un’isola che cela segreti, un addio racchiuso in un testamento, una maternità negata. L’autrice invita il lettore a camminare accanto alle sue protagoniste, celebrando le infinite sfumature di chi non si arrende mai. Con tre racconti tradotti in francese (Laurent Vallance), tedesco (Julia Rader) e romancio (Walter Rosselli).