Libri di Alessandro Gentili
Giacomo Joyce
James Joyce
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2025
pagine: 168
Se è vero che gli anni di Trieste sono stati per James Joyce anni fondamentali e che l’amicizia con Italo Svevo ha certamente prodotto per entrambi risultati molto significativi, pare che proprio a una domanda di Svevo possa risalire l’origine di questa breve ma intensissima opera; infatti, lo scrittore triestino in una lettera del 1914, dopo aver parlato dei racconti di “Gente di Dublino” e del “Ritratto dell’artista da giovane”, domandava a Joyce: «Quando scriverete un’opera italiana sulla nostra città?». Le brevi prose che compongono “Giacomo Joyce” sono probabilmente la risposta dello scrittore irlandese, e fin dal titolo l’opera insiste sull’acquisita italianità del protagonista, traducendo il nome natale James in Giacomo. Certo, la lingua della narrazione è pur sempre l’inglese dell’autore, che peraltro nel cognome non maschera neppure se stesso, cosa che può anche meravigliare, se si pensa che l’intera storia ruota intorno all’attrazione amorosa di un insegnante d’inglese – come lo era Joyce a Trieste – per una sua giovane allieva. Proprio questo ha forse fatto sì che l’opera restasse inedita durante la vita di Joyce. Alessandro Gentili, negli scritti critici che accompagnano questa sua traduzione, indaga sull’identità di questa donna, come aveva fatto prima di lui Richard Ellmann, il grande biografo dello scrittore irlandese e il primo a pubblicare “Giacomo Joyce”: Amalia Popper? Annie Schleimer? Emma Cuzzi? Maria Luzzatto? Olivia Hannappel? Furono tutte allieve di Joyce in quegli anni e tutte restarono affascinate da quell’insolito e geniale insegnante. È probabile che ognuna di loro abbia concorso a creare la figura femminile che ha dato origine a questo «poemetto triestino», come lo definisce Stelio Crise, le cui movenze, in effetti, sono simili a quelle di un poema in prosa: una prosa affascinante, affilata e musicale che è già di per sé uno straordinario raggiungimento prima dello sperimentalismo linguistico dell’“Ulisse” e del “Finnegans Wake”.
Post Ulixem scriptum. Poesie occasionali. Ediz. italiana e inglese
James Joyce
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2024
pagine: 136
«Non è raro che un narratore inizi la sua produzione con una raccolta di poesie; questo è accaduto, per fare un esempio, con Stefan Zweig, o, per ricordare un grande autore italiano, Luigi Pirandello. Lo stesso è avvenuto con James Joyce, il cui esordio letterario (1907) è rappresentato dalla raccolta di trentasei poesie di tema amoroso "Chamber Music" ("Musica da camera"). Non solo: Joyce pubblicò anche un’altra più breve silloge: "Pomes Penyeach" ("Poesie un soldo l’una") vent’anni più tardi, quando già aveva raggiunto una celebrità internazionale con il suo capolavoro narrativo, "Ulysses" (1922): queste due raccolte sono già apparse in questa nostra collana. Se da un lato non ci furono altre pubblicazioni di poesia da parte del grande scrittore irlandese, dall’altro questi non abbandonò mai la pratica dei versi, anzi, furono numerose le poesie che scrisse durante la sua vita, quasi sempre in forma “occasionale”, ad appuntare certi suoi risvolti biografici. Non a caso, è stato soprattutto Richard Ellmann, il suo grande biografo, a riportare l’attenzione degli appassionati di Joyce su questo aspetto della sua produzione, in molti casi rendendolo pubblico per la prima volta. Questa nostra edizione, che prende il titolo da una delle poesie raccolte, "Post Ulixem Scriptum", quasi a collegare questi due versanti della produzione joyciana, propone un’ampia scelta di queste poesie rimaste per lo più inedite durante la vita del loro autore. Come nota Alessandro Gentili, che chiude così questo suo ciclo di traduzioni dell’opera poetica di Joyce: "Si tratta di poesie di carattere privato, quasi diaristico, principalmente satiriche, burlesche, immediate e pungenti nei toni, ispirate da vicende ed episodi vissuti, da persone vere, figure di ambienti letterari e culturali": un altro modo per penetrare il mondo di uno scrittore che ha fatto della sua stessa vita un costante esperimento letterario».
Poesie un soldo l'una. Pomes penyeach. Testo inglese a fronte
James Joyce
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2023
pagine: 80
L’opera poetica di Joyce è rappresentata da due brevi raccolte: le trentasei poesie amorose di Chamber Music (Musica da camera), già apparsa in questa collana, e Pomes Penyeach, un volumetto ancora più esiguo, composto di soli tredici testi di varia ispirazione. Già il titolo di questa seconda raccolta, da noi reso con Poesie un soldo l’una, così lontano dal più tradizionale Chamber Music, ci avverte di un grande cambiamento: tra il 1907, anno di uscita della prima raccolta, e il 1927 di Pomes Penyeach, molta acqua è passata sotto i ponti del grande scrittore irlandese, e non solo acqua dell’“Anna” Liffey, il fiume che attraversa Dublino, visto che Joyce da tempo ha lasciato definitivamente l’Irlanda. Soprattutto, nel 1922 Joyce fa pubblicare Ulysses, il grande romanzo cui ha lavorato per oltre dieci anni, che rappresenta un’assoluta novità, anche rispetto alla sua prima produzione, nella sua ricerca espressiva; mentre sta cominciando a lavorare a quel work in progress che diventerà, con il suo titolo definitivo, Finnegans Wake. Sono questi gli stessi anni in cui Joyce scrive le poesie di Pomes Penyeach, che dunque rappresentano il tentativo estremo della sua produzione poetica; anche se, a dire il vero, Joyce non abbandonerà mai del tutto la poesia. Come scrive Alessandro Gentili nella prefazione: «In Pomes Penyeach dall’ombra dell’intimo autobiografico viene a generarsi una complessa, misteriosa elaborazione che manipola e distorce casi e persone, rendendoli figure e immagini indefinite e indefinibili, con le poesie stesse che riescono spesso difficilmente interpretabili»; questa sua traduzione, documentata anche da anni di ricerche joyciane, offre ai lettori italiani l’incanto di testi che sono rimasti, anche per questa ragione, così poco noti.
Ucraina-Russia. Guerra, diritto e interessi nazionali
Alessandro Gentili, Antonio Li Gobbi, Vincenzo Santo, Antonio Venci
Libro: Libro in brossura
editore: Edizioni Artestampa
anno edizione: 2022
pagine: 274
L'aver affidato a quattro generali della Forze Armate italiane la scrittura del libro Ucraina-Russia. Guerra, diritto e interessi nazionali costituisce un unicum nel mondo dell'editoria italiana di questi ultimi mesi. La prefazione è stata affidata all'editorialista de L'Espresso Gigi Riva. L'"operazione militare speciale" che la Federazione Russa ha avviato sul territorio ucraino il 24 febbraio si è subito trasformata in una vera e propria guerra convenzionale, per la pronta reazione dell'esercito ucraino. Ad oggi, non è dato sapere esattamente perché ciò sia avvenuto e se l'aggressione dell'Ucraina non sia invece considerabile come fisiologica conseguenza del trascorso storico e culturale russofono. Vi è infatti chi sostiene che la Russia abbia voluto muovere un attacco all'Occidente o che voglia ricostituire l'Impero Russo degli zar, ma vi è pure chi asserisce che siano gli Stati Uniti a voler muover guerra "per procura" alla Russia attraverso l'Ucraina. Ma più verosimilmente potrebbe trattarsi di una ineluttabile conseguenza dell'imminente implosione connessa alla fine del mondo globalizzato così come l'abbiamo sin qui teorizzato, conosciuto e attuato. Certo, siamo di fronte ad una guerra sui generis, combattuta anche con tutti gli strumenti mediatici: se è sempre esistita la documentazione di guerra, assistiamo oggi a una pervasività quasi voyeuristica. Altrettanto irrituali, destabilizzanti e plateali, se non irresponsabili, sono le esternazioni di vertici di istituzioni internazionali e di capi di Stato e di Governo, cointeressati, degli opposti schieramenti. Ad oggi questa guerra ha visto giungere nelle librerie oltre un centinaio di titoli che veicolano pensieri, esperienze e valutazioni di una moltitudine di soggetti i quali non sempre, tuttavia, parlano di ciò che conoscono. È per queste ragioni che si è chiesto a quattro alti ufficiali generali, ora in congedo, di scrivere questo libro. Dei testi scritti dai quattro autori, ciascuno verte su settori di specifica competenza; i singoli contributi rappresentano il pensiero del loro autore e non necessariamente quello dei coautori: ciò contribuisce a fornire al pubblico una lettura multivocale. I contenuti da loro offerti in quest'opera permetteranno al lettore di considerare valutazioni fino ad ora inedite di avvenimenti tragici, apportatori di sofferenze e crisi epocali.
Persone nel viaggio-People on a journey
Mario Luzi
Libro
editore: Valigie Rosse
anno edizione: 2021
pagine: 108
Venti dei maggiori poeti irlandesi contemporanei rendono omaggio a Mario Luzi, traducendone un’antologia di poesie preziosamente selezionate e proposte da Alessandro Gentili, curatore del volume. Venti persone nel viaggio che offrono non una semplice traduzione, ma piuttosto, come sottolinea Dall’Aglio nella nota, «un insieme polifonico di voci differenti che inseguono, variano e riecheggiano quella di uno dei poeti più grandi del Novecento italiano».
Esuli
James Joyce
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2021
pagine: 160
Tra le prime traduzioni italiane delle opere di James Joyce figura quella di Carlo Linati della sua unica opera teatrale “Exiles”, scritta nel 1915, quando Joyce viveva a Trieste, e che ebbe la sua prima assoluta a Monaco di Baviera nel 1919. Solo dopo la pubblicazione di “Ulysses” (1922), che aveva posto Joyce al centro dell’attenzione internazionale, ci furono le prime rappresentazioni di fronte a un pubblico di lingua inglese, a New York nel 1925 e a Londra (assente l’autore, ma con Italo Svevo tra il pubblico, che gliene fece un accurato resoconto) nel 1926. Non si può certo dire che fu un’opera fortunata, anche se un forte risveglio di attenzione si ebbe grazie a Harold Pinter all’inizio degli anni Settanta; e comunque “Esuli” resta centrale nella produzione del grande scrittore irlandese per più ragioni: la prima è che Joyce con il teatro sperimentava, dopo la poesia di “Chamber Music” e la narrativa dei “Dubliners”, un altro dei generi che si sarebbero poi mischiati nel grande calderone delle sue opere successive, e basti pensare al lungo episodio di “Circe” nell’”Ulisse”, tutto svolto tra dialoghi e didascalie. Ma, oltre a questi aspetti più letterari, “Esuli” costituisce anche una vera e propria messa a fuoco esistenziale; infatti, dietro le fattezze dei personaggi di questo testo intenso e per certi versi ancora sconvolgente, non si possono non ravvisare i tratti di Joyce stesso e della sua compagna Nora Barnacle. Come scrive Alessandro Gentili nel saggio introduttivo che accompagna questa edizione, «”Exiles” è dramma distintamente autobiografico… L’opera, per certo teatrale ma ben leggibile come un racconto lungo o un romanzo breve, indica apertamente alcuni caratteri salienti del Joyce uomo e artista, che affida al dramma l’esplorazione di delicate questioni e argomenti che lo toccano da vicino…». La versione che qui ne riproponiamo è appunto la prima italiana di Carlo Linati, rivista da Giacomo Debenedetti per una successiva edizione. A completamento del nostro volume, abbiamo voluto pubblicare tre lettere “italiane” di Joyce a Linati, relative appunto a “Esuli”, e un interessante articolo dello stesso Linati su una sua visita parigina allo scrittore irlandese.
I morti
James Joyce
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2021
pagine: 128
Ultimo racconto della raccolta “Gente di Dublino”, “I morti” (1907) ne costituisce anche una sintesi mirabile. Il microcosmo della festa natalizia alla quale il protagonista Gabriel Conroy partecipa diviene, per una di quelle illuminazioni proprie dei grandissimi scrittori, il luogo di una ‘epifania’ che anticipa i grandi temi di “Ulysses” (1922), facendo di questo stupendo racconto la realizzazione più compiuta del primo Joyce. Protagonista è sempre, naturalmente, il mondo di Dublino; come scrive Alessandro Gentili nella prefazione che accompagna la sua nuova traduzione di questo capolavoro di Joyce, «ogni personaggio di ogni racconto di “Gente di Dublino” impersona e manifesta la paralisi umana di quella città, quella società chiusa e fissa nell’immobilità di antichi provinciali modelli e consuetudini, repressa e mortificata dal dominio britannico e dal potere asfissiante della Chiesa cattolica». Tuttavia, non è un caso che questo racconto sia divenuto anche, e sempre più, un’opera a sé stante, e tale da fornire il materiale a John Huston per l’ultimo dei suoi grandi capolavori cinematografici, l’omonimo “The Dead” del 1987; perché se da un lato il racconto costituisce senza dubbio il coronamento dell’intera serie dei “Dubliners”, dall’altro sprigiona una sua autonoma potenza narrativa, tingendosi di un risvolto più metafisico, come se la presenza dei morti aleggiasse, dominasse e riempisse di sé l’intero quadro.
James Joyce
Italo Svevo
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2020
pagine: 144
Quella tra James Joyce e Italo Svevo è stata una grande amicizia letteraria e non solo. Com’è noto, lo scrittore irlandese risiedette a lungo a Trieste dove arrivò nel 1904 e dove conobbe Italo Svevo, più vecchio di lui di una ventina d’anni, autore già a quell’epoca dei suoi due primi romanzi, “Una vita e Senilità”, passati praticamente inosservati. Quanto a Joyce, era ancora un giovanissimo scrittore in fieri, e proprio a Trieste concluse il suo esordio poetico “Musica da camera” (1907), il suo libro di racconti “Gente di Dublino” (pubblicato poi nel 1914, dopo quindici rifiuti da parte di altrettante case editrici) e il suo romanzo “Ritratto dell’artista da giovane” (1916). Italo Svevo si rese subito conto di avere davanti a sé uno scrittore eccezionale, e d’altro canto Joyce seppe immediatamente vedere in Svevo il grande scrittore «negletto» che proprio in quegli anni cominciava, in particolare anche grazie ad Eugenio Montale, a riscuotere un’attenzione che per decenni gli era stata negata. Furono poi soprattutto l’”Ulisse” (pubblicato a Parigi nel 1922) e “La coscienza di Zeno” (1923) a consolidare ulteriormente l’amicizia tra i due: sarà Joyce stesso a promuovere il capolavoro di Svevo presso alcuni dei maggiori critici francesi, mentre Svevo sarà tra i primi, in Italia e non solo, ad esaltare e a cogliere tutta l’importanza e tutta l’originalità del grande romanzo di Joyce, «perché una sola linea di una pagina dell’”Ulisse” basterebbe a rivelare da quale penna fluì». Proprio l’”Ulisse” è al centro della conferenza che Svevo dedicò a Joyce al circolo de «Il Convegno» l’8 marzo 1927 e che – dopo il fondamentale saggio introduttivo di Alessandro Gentili – apre questa nostra raccolta di scritti sveviani dedicati al grande scrittore irlandese: tra ricordo autobiografico e analisi delle opere (tra le quali fanno già capolino i primi abbozzi del Finnegans Wake), Svevo traccia una sua ammirata lettura del “fenomeno” Joyce, non rinunciando mai a quel suo tono ironico e disincantato che i suoi lettori conoscono bene. Ma anche altri scritti completano il nostro volume, e in particolare due importanti frammenti di uno studio su Joyce che doveva approfondire e ampliare i contenuti della conferenza, rimasto poi incompiuto, nonché un interessante articolo sulla “Triestinità” di James Joyce apparso su «Il Piccolo di Trieste» il 1°maggio 1926. Né poteva mancare l’intero scambio di lettere tra questi due grandi protagonisti, grazie alle quali il lettore potrà imbattersi nell’inglese di Svevo e nell’italiano, e persino nel colorato triestino, di James Joyce.
Musica da camera
James Joyce
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2019
pagine: 96
Apparsa nel 1907, la raccolta Musica da camera comprende trentasei poesie scritte tra il 1901 e il 1904, tutte di ispirazione amorosa, e trovò subito un'ottima accoglienza da parte di critici e scrittori come Ezra Pound, che ne apprezzò l'eleganza e il temperamento delicato, e William Butler Yeats, che scrisse: «Penso che il signor Joyce abbia grandissime qualità. C'è una poesia nell'ultima pagina del suo Chamber Music che... è un capolavoro di tecnica ed emozioni». Tuttavia Joyce non ne era del tutto soddisfatto: ne apprezzava soprattutto la grazia musicale, tanto da parlare espressamente di canzoni per queste sue poesie e da augurarsi che almeno alcune venissero messe in musica, «quella vecchia musica inglese che piace a me». Eppure questo suo libro d'esordio, che per lingua, prosodia e temi richiama direttamente la copiosa lirica elisabettiana, se da un lato rappresenta l'omaggio di uno scrittore ventenne a tutta una tradizione lirica, dall'altro si pone come primo, fondamentale tassello di un'inesausta ricerca espressiva che già in quegli anni lo vedeva all'opera sui racconti di "Gente di Dublino"; basti pensare che il 1907 è anche la data del più famoso di questi racconti, "I morti", apparso recentemente in questa stessa collana.
Prolegomeni sull'etica nell'arma dei carabinieri. Dall'opzione fondamentale al comportamento nella vita di relazione pubblica e privata
Alessandro Gentili
Libro
editore: Laurus Robuffo
anno edizione: 1995
pagine: 392
Imperfetto
Alessandro Gentili
Libro: Copertina morbida
editore: ilmiolibro self publishing
anno edizione: 2020
pagine: 68
«Una vera e propria raccolta di Romansia. Già, parole nuove per oggetti nuovi. Del resto è questa la funzione del linguaggio; adeguarsi alle cose. Romanzo + poesia, ecco la novità. Un binomio che non trova la sua originalità nell'accostamento dei due mondi ma nella giustapposizione dell'uno sull'altro. Allora sensibilità da poeta e parole da romanziere, condotte con un certo piglio che ne dimostra padronanza per: tempi, scelta sinonimica, immagini. Im I perfetto è una raccolta con una sua chiara identità, e con un preciso angolo visuale.»
I morti
James Joyce
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2018
pagine: 115
Ultimo racconto della raccolta "Gente di Dublino, I morti" (1907) ne costituisce anche una sintesi mirabile. Il microcosmo della festa natalizia alla quale il protagonista Gabriel Conroy partecipa, diviene, per una di quelle illuminazioni proprie dei grandissimi scrittori, il luogo di una 'epifania' che anticipa i grandi temi di "Ulysses" (1922), facendo di questo stupendo racconto la realizzazione più compiuta del primo Joyce. Protagonista è sempre, naturalmente, il mondo di Dublino; come scrive Alessandro Gentili nella prefazione che accompagna la sua nuova traduzione di questo capolavoro di Joyce, «ogni personaggio di ogni racconto di "Gente di Dublino" impersona e manifesta la paralisi umana di quella città, quella società chiusa e fissa nell'immobilità di antichi provinciali modelli e consuetudini, repressa e mortificata dal dominio britannico e dal potere asfissiante della Chiesa cattolica». Tuttavia, non è un caso che questo racconto sia divenuto anche, e sempre più, un'opera a sé stante, e tale da fornire il materiale a John Huston per l'ultimo dei suoi grandi capolavori cinematografici, l'omonimo "The Dead" del 1987; perché se da un lato il racconto costituisce senza dubbio il coronamento dell'intera serie dei "Dubliners", dall'altro sprigiona una sua autonoma potenza narrativa, tingendosi di un risvolto più metafisico, come se la presenza dei morti aleggiasse, dominasse e riempisse di sé l'intero quadro.