Libri di Maria Felicia Schepis
Orme di viandanti. Riflessioni sulla politica dell'incompiutezza
Maria Felicia Schepis
Libro: Libro in brossura
editore: Mimesis
anno edizione: 2022
pagine: 128
Franz Kafka, Emmanuel Lévinas, Hannah Arendt, Ágnes Heller, Elie Wiesel: questi grandi autori dell'ebraismo contemporaneo si incontrano nel presente libro, dando vita a un disegno argomentativo centrato sul riconoscimento dell'incompiutezza come feconda categoria politica. Accomunati da una "radice errante", nel tempo di crisi del logocentrismo suggeriscono, ognuno dalla propria angolatura, immagini della convivenza umana alternative a quelle fornite da una forma mentis totalizzante. Chi si fa viandante, evadendo dalla compiutezza degli ordini formali per affrontare le vie incerte del mondo, sa leggere con logiche altre gli infiniti particolari del reale non del tutto risolvibili nel razionale; sa riconoscere nella contingenza le occasioni di apertura su nuove possibilità.
Forme e passaggi. Arte, religione, politica
Libro: Libro in brossura
editore: Mucchi Editore
anno edizione: 2018
pagine: 200
Reale o immaginata, la forma si presenta come una figura autosufficiente delineata secondo un principio d’ordine che garantisce stabilità e misura; è lo strumento attraverso cui l’uomo cerca di far fronte all’illimitato. Ogni forma offre al pensiero un rifugio dall’incertezza, quasi un contrappunto al fluire del tempo. Se le forme dànno regole, i passaggi invece rompono gli schemi. Mentre le forme tendono a fissare, i passaggi sono aperture sul confine di figure che si pretendevano compiute: indicano vie d’uscita e di transito verso l’oltre. Affidati al divenire, i passaggi inaugurano fasi di trasformazione accompagnate dal dubbio e dalla precarietà; lasciano andare, passo dopo passo, verso nuove forme, appena intraviste, mentre muovono verso differenti orizzonti di senso. Nato da una serie di seminari tenutisi nell’Università di Messina, questo volume si propone di coniugare forme e passaggi in una prospettiva interdisciplinare che (attraverso i contributi di Emilia Andri, Maria Stella Barberi, Giuseppe Fornari, Margherita Geniale, Giovanni Lombardo, Domenica Mazzú, Maria Grazia Recupero e Maria Felicia Schepis) ne esplora le diverse declinazioni nell’arte, nella religione e nella politica.
Colui che ride. Per una ricreazione dello spazio politico
Maria Felicia Schepis
Libro: Libro in brossura
editore: Franco Angeli
anno edizione: 2012
pagine: 160
Il riso. Un tema sovente confinato negli studi di letteratura e di estetica può prestarsi a un'insolita occasione di riflessione politica. Avviene quando gli apparati teoretici tradizionali hanno necessità di confrontarsi con il flusso mobile della vita fatto di emergenze, dissonanze, rotture; quando, a fronte dei complessi eventi globali, l'ordine della polis deve fare i conti con il disordine, provocando nuove domande di senso. Oggetto del volume è la pensabilità dell'incongruo che non si può "dire" ma solo "ridere". Lo strumento assunto dall'autrice in funzione ermeneutica è l'umorismo ebraico. Frutto di un popolo da sempre al margine degli spazi convenzionali, nutrito del mutevole e dello straordinario, tale umorismo mobilita l'ordine dei significati, affrancandoli dall'oppressione del senso unico. Come ha scritto Jankélévitch, l'umorismo "non nasconde spade tra le pieghe della sua tunica", ma esercita "il dubbio e la precarietà". Non degrada ma ricrea. Inscritto nel nome di Isacco, Colui che ride, e incarnato nella figura yiddish del "piccolo uomo", il riso ebraico, che ha affascinato Freud, è un riso di stupore capace di svelare "il pathos dell'incompletezza" peculiare della filosofia dell'origine, dimenticato dalla nostra civiltà della pienezza. Platone aveva escluso il riso dalla città, preoccupato che cagionasse rischiosi mutamenti: riappropriarsene apre la via per una ricreazione dello spazio politico.
Confini di sabbia. Un'ermeneutica simbolica dell'esodo
Maria Felicia Schepis
Libro: Copertina morbida
editore: Giappichelli
anno edizione: 2005
pagine: 282
Nel tempo in cui il nomadismo planetario mette in crisi il paradigma politico legato alla terra, la singolarità del popolo di Jahvè, forgiato dalle distese del deserto, funge da paradigma universale del mutamento politico. Riflettere sulla città dai confini di sabbia significa riconoscere quella "tensione verso" dello spazio che il pensiero logocentrico ha finito per occultare, ma che oggi riemerge nelle pagine di studiosi come Martin Buber, Hannah Arendt, Zygmunt Bauman. Seguendone le voci, l'autrice si avventura lungo la via ebraica dell'esodo e ricerca le tracce del passare che la modernità condivide con i più antichi figli d'Israele.