Libri di Riccardo Di Salvo

La bellezza dei luoghi, l'accoglienza, la solidarietà, il mondo di oggi e di ieri, il viaggio, la libertà raccontati attraverso il pensiero scritto e frammenti di immagini di vita. Prefazione di Fabio Casadei Turroni.

Una poesia che si nutre di opposti, di sentimenti contrari, di immagini estreme eppure armoniose, accoste con destrezza pittorica... un vero e proprio inno a Dionisio, il dio dell’ebbrezza, che ammanta del suo erotismo il mare di Mykonos.

Alberto La Greca, affascinante scrittore siciliano, è un omosessuale atipico che ha vissuto sospeso a metà, tra il suo "cielo" fatto di bellezza, arte, sesso, libertà infinita e la "terra" che, nell'odiato quotidiano, lo ha tenuto avvinghiato alle radici di affetti irrinunciabili. Dopo la sua morte improvvisa la figlia Clara torna a visitare la casa paterna di Acitrezza e qui si trova a rivivere le scene e le tappe emotive del rapporto tormentato col padre, che l'hanno portata ad assumere verso le sue scelte di vita una posizione sempre critica e ostile. Un antico monctiere che rivela a Clara il suo contenuto segreto di cimeli e fotografie e l'occasione di (ri) conoscere il padre attraverso oggetti, foto e ricordi che ne restituiscono la memoria e gli insegnamenti, e scoprire che la vita di un uomo può divenire un ideale testamento, anche quando ciò non ci appare evidente e riconoscibile. In questo scenario, reso drammatico dai lampi di una guerra civile incombente, si intrecciano le vite dei personaggi che, come il fiume sotterraneo Amenano, "scorrono all'incontrario" seguendo percorsi tortuosi e impervi, sicuri di incontrare il mare. Anime indomite, travagliate dal conflitto, che non accettano di naufragare nel caos e si aggrappano con forza alle verità delle emozioni, contro il nichilismo della ragione. La magia, la visione, l'enigma della vita guidano Clara a seguire il tracciato della mappa che il padre ha disegnato per lei, alla ricerca di conferme e verità che le si rivelano ad ogni passo nel contingente. Qui, superate le rapide insidiose in cui vita e morte si avvicendano, in un gioco che dura da sempre, ciascuno troverà la propria dimensione. Prefazione di Fabio Casadei Turroni.

Romanzo epico della moderna globalizzazione, rivisitazione dell'Odissea, in cui l'eroe greco è sostituito da un antieroe di religione islamica, Il pescatore di Kalkan narra la storia di Zorayr, umile ragazzo turco dalla pelle ambrata, selvaggio e naturale come un frutto non coltivato, che viene sedotto da Tina, ricca e colta giornalista siciliana, in vacanza sulla penisola anatolica. Un incontro tra due esseri soli, per atavico destino, e diversi per estrazione socio-culturale. Luogo dell'incontro fatale è uno scenario tipico dell'Odissea: il mare e la spiaggia. Anche i ruoli sessuali sono gli stessi. Nel poema omerico Ulisse viene dal mare e incontra Nausica. Zorayr, che quotidianamente sfida le forze avverse della natura, per procurarsi il cibo, incontra per caso, sulla spiaggia di Kalkan una sconosciuta che lo seduce con l'arma più primitiva di comunicazione, quella naturale del sesso. La scrittura è volutamente plurilinguistica: mescola il linguaggio colto di Tina con quello folklorico di Zorayr e usa citazioni della cultura mediatica, alternandole con sequenze liriche in cui, talvolta, la punteggiatura è volutamente diradata o abolita.

Un libro questo che non ha la pretesa di essere "accettato" da tutti. E forse non tutti sono pronti a farsi coinvolgere da questa storia in cui l'eros, la passione, la voglia di scoprirsi e, perché no, quella di trasgredire ci riportano il pensiero all'amore inteso nella maniera più impulsiva e quindi più "umana". Un viaggio verso la scoperta di se stesso in una giungla metropolitana porta il protagonista di questa storia incontro a luoghi e persone che i più pensano di non conoscere o di cui addirittura negano l'esistenza. Questo romanzo ricco di citazioni cinematografiche e di suggestioni del mondo di Internet, vuole essere anche un saggio sulla tragica impossibilità di far coincidere il sogno della vita estetica con l'orizzonte "troppo umano" della vita borghese che mercifica le emozioni.