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Libri di Loyse De Rosa

Cronache dei tempi miei. Volume Vol. 4

Cronache dei tempi miei. Volume Vol. 4

Loyse De Rosa, Virgilio Iandiorio

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 148

«Non ha dato un titolo al suo libro, ma credo che se l'avesse fatto, Loise De Rosa, avrebbe intitolato il testo alla maniera napoletana di «mo, ve conto». Era il modo antico, dei nostri avi cittadini del Regno di Napoli, di richiamare l'attenzione dei presenti, perché si stava per dire qualcosa di interessante, di importante. In questi ultimi anni è stata riservata maggiore attenzione alle "cronache" degli scrittori napoletani del XV e XVI secolo. Pochi anni fa De Caprio sottolineava "il nesso fra contesti, tradizioni culturali e scelte linguistiche delle cronache in volgare". Grazie a questi contributi, possono essere individuati "alcuni temi storiografici centrali per quanti, tra Cinque- e Seicento, affidano alla scrittura storica il compito d'illustrare le ragioni della preminenza sociale e politica dei ceti provinciali: il mito delle origini greco-romane e l'attenzione al Sacro, che si declina come interesse per la fondazione eroica delle città, per il culto dei santi protettori, per le istituzioni religiose". C'è qualcosa di più in questo desiderio di raccontare le vicende a cui si è assistito o di cui rimane ricordo nella tradizione culturale. Nel XV e XVI secolo in tutti i centri abitati del Regno si concordano tra gli abitanti e il feudatario dei regolamenti della vita cittadina, regolarmente sottoscritti davanti a notaio. Sono gli Statuti o i Capitoli Municipali, con cui vengono concordati i criteri di convivenza tra le famiglie, il rispetto dei loro beni materiali e la tutela dell'ambiente. Se si concorda qualcosa, vuol dire che ai contraenti si riconosce la "persona giuridica", cioè titolarità di diritti e obblighi. Nel suo racconto Loise De Rosa attinge da un patrimonio di eventi che la tradizione popolare aveva elaborato. Prendiamo la storia dell'amore tra Alfonso d'Aragona e la bella Lucrezia d'Alagno. Dato che la storia non è menzionata nei documenti storici fino a quando essa non sarà comprovata, gli studiosi moderni continuano a discutere la natura storica di Rahel e il suo rapporto con il re. Qualche considerazione a proposito della "traduzione" in italiano del testo di De Rosa che è in "espressione" napoletana. Ho seguito quanto dice V. Nabokov sulle traduzione di un testo in altra lingua diversa da quella originaria. Ho lasciato, per quanto ho potuto, l'andamento stilistico dell'originale. "Nabokov perfezionò la sua teoria sulla traduzione letterale: precisione lessicale senza alcun compromesso a vantaggio della fluidità e dell'approssimazione metrica o stilistica. Nabokov espose le sue idee nella prefazione a Invito a una decapitazione." La fedeltà dell'autore ha la precedenza, per quanto bizzarro sia il risultato Vive le pétant e abbasso i sempliciotti, i quali pensano che tutto vada bene se viene reso lo spirito". La traduzione doveva aiutare a leggere l'originale, non a sostituirlo. Benché, a differenza del romanzo realistico, i racconti dell'oralità popolare appartengano all'ambito dell'improvvisazione, i più interessanti autori contemporanei creano l'impressione dell'improvvisazione ogni volta che, inevitabilmente, fanno uso del linguaggio colloquiale". Il testo in volgare è stato lasciato così come nell'originale, cioè senza segni di interpunzione ma solo con la divisione in paragrafi. Per chi ha letto l'Ulisse di Joice risulterà più agevole la lettura. È un poco come se De Rosa avesse anticipato il monologo interiore. Il lettore, però, partecipa all'opera dello scrittore, perché ne interpreta l'andamento della lettura e i momenti di pausa.» (V. I.)
35,00

Cronache dei tempi miei. Volume Vol. 3

Cronache dei tempi miei. Volume Vol. 3

Loyse De Rosa, Virgilio Iandiorio

Libro

editore: ABE

anno edizione: 2022

pagine: 144

La narrazione di Loise De Rosa non è da considerare come una cronaca fredda di eventi di cui l'autore è stato spettatore, o anche semplicemente ascoltatore. Egli, infatti, è cantore di un'epopea popolare, che canta di gesta di re e principi e di gente comune, ma secondo uno schema narrativo che si avvicina al cunto. Si comprende bene che in questo modo le storie acquistano una esemplarità vicina al sentire della gente, diventando così un esempio da seguire o da evitare nella vita di tutti i giorni. Le imprese dei re e delle persone comuni così assumono un significato morale e, soprattutto, sono la testimonianza concreta della volontà divina che si manifesta nei modi e nelle forme che vanno oltre le intenzioni dei protagonisti. Spesso egli riassume in una sentenza il significato di una vicenda. Le espressioni latine riportate sono tratte in genere dai testi sacri o liturgici. Ma come accadeva molto spesso, i fedeli che partecipavano ai riti sacri ripetevano in latino le preghiere, ma con gli adattamenti lessicali per la comprensione dei testi da parte della maggioranza di essi, del tutto o in parte analfabeti. Cosa che si verificava anche per la toponomastica locale in latino o di ascendenza latina. Per esempio, le vineae domnichae (vigne dominiche) diventavano nella toponomastica del mio paese le vigne re lo gnecche, che non è un fantomatico personaggio, ma molto probabilmente un ipocoristico, un vezzeggiativo di gno signore. Il nostro autore si cimenta in citazioni latine tratte anche da autori classici e italiani. La trascrizione incerta delle parole latine è dovuta certamente ad una padronanza della lingua non corretta, ma a guardare bene il nostro autore aveva assimilato molto della cultura delle persone con cui era a contatto.
35,00

Cronache dei tempi miei. Volume Vol. 2

Cronache dei tempi miei. Volume Vol. 2

Loyse De Rosa, Virgilio Iandiorio

Libro

editore: ABE

anno edizione: 2021

pagine: 144

Si è pensato, d'accordo con l'editore, di suddividere la "traduzione" in italiano corrente del manoscritto del De Rosa in più volumi. Al primo volume pubblicato nel mese di gennaio di quest'anno, fa seguito questo secondo e quanto prima sarà dato alle stampe anche il terzo. Un libro "snello" si presta meglio ad essere letto tutto d'un fiato, e accresce la curiosità e l'interesse del lettore per una storia così varia e così ricca di eventi e di personaggi. Questo secondo volume continua la suddivisione in capitoli, come nel primo, dando ad essi un titolo. Si ribadisce che nell'originale l'autore non ha fatto suddivisione in capitoli e paragrafi. Nato a Pozzuoli nel 1385, Loyse De Rosa ha trascorso la sua vita a contatto della corte di Napoli, quale maggiordomo di re e di regine. A metà del secolo XV decide di scrivere della sua esperienza, narrando fatti e personaggi che ha visto di persona o di cui ha ascoltato storie degne di fede. La sua narrazione si arresta all'anno 1475; e questo induce a credere che la sua morte sia avvenuta poco dopo quell'anno. Possiamo definire la sua narrazione popolare? Se popolare sta ad indicare il racconto di fatti "meravigliosi", questo non è sufficiente per dargli tale definizione. Prendiamo la vicenda della crociata, riportata nel primo volume. Il De Rosa descrive il comportamento del Sultano verso i Crociati arrivati per via terra in Palestina. Viene quasi "rivisto" il rapporto dei cristiani con i musulmani, dal momento che quella che doveva essere una guerra, si trasforma in una grande festa. Come non ricordare la Novella IX della decima giornata del Decameron, in cui Boccaccio descrive la cortesia del Saladino. Non saprei dire se De Rosa avesse letto la novella boccacciana, scritta un secolo prima; conosceva, però, la Novella XXIII della raccolta di fine Duecento, che va sotto il nome di Novellino, in cui si racconta della prodezza e generosità del Saladino. In questa novella, i Cavalieri crociati vengono sconfitti da Saladino, e molti di essi fatti prigionieri. Quando un cavaliere francese suo prigioniero, per il quali nutriva molto affetto, gli chiese di poter ritornare in patria, il Saladino non solo lo lasciò libero di partire, ma fece chiamare il suo tesoriere e disse: «Dalli CC (duecento) marchi d'argento. Lo tesoriere li scriveva in escita». Nel racconto di De Rosa i crociati sconfitti ricevono dal Sultano, che li lascia andare liberi, delle somme di denaro, quale rimborso delle spese sostenute per arrivare in Terra Santa con i loro eserciti." Chi avrebbe mai creduto che in queste novelle come nel racconto di De Rosa «ci fosse tanta ricchezza di contenuti e un messaggio così convinto e così ancora attuale di rispetto e di ammirazione, insieme al suggerimento di non rinunciare mai al dialogo interculturale e alla collaborazione, a livello dei popoli più ancora che degli stati».2 La Guerra dei Cent'Anni 3 si era conclusa da poco tempo, ma la vicenda tragica e gloriosa di Giovanna d'Arco era già ampiamente conosciuta in tutto il continente. E De Rosa dimostra non di averne una vaga conoscenza, ma di saperne bene il suo svolgimento. Le Ditié de Jeanne d'Arc di Christine de Pisan del 1429, costituisce una testimonianza notevole degli eventi che sconvolsero la Francia durante la Guerra dei Cent'anni. La poetessa francese (n. Venezia 1364 circa - m. forse Poissy 1429 circa) aveva dunque una cultura moderna che le valse a giusto titolo la qualifica di umanista. «Al momento della presa di Parigi da parte dei Borgognoni, fuggì dalla città in rivolta e dal massacro per ritirarsi in un monastero - forse quello di Poissy, dove la figlia era monaca - per meditare con disperazione sulle disgrazie della sua patria di adozione.
35,00

Ricordi

Ricordi

Loyse De Rosa

Libro: Prodotto composito per la vendita al dettaglio

editore: Salerno Editrice

anno edizione: 1998

pagine: 920

98,00

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