Libri di Aldo Polo

Era solo lui a parlarle, a rivivere episodi della sua vita che aveva trascorso quasi interamente con lei. Lei lo ascoltava con lo sguardo assente. Talvolta - ma erano rarissimi quei momenti - sembrava risvegliarsi da quel torpore e si ricordava anche lei di qualche particolare della loro vita. Ed allora profferiva qualche parola , riportando in superficie il frammento di un ricordo. Gli occhi le luccicavano, come percorsi da un improvviso bagliore, e poi le si riempivano di lacrime. Era in quel momento che lui iniziava a raccontarle, una puntata alla volta, la storia del "figlio del sarto". La favola di quel ragazzo che in gioventù era stato lui, prima di trasferirsi per lavoro a Milano, dove l'aveva conosciuta. E a Lia sembrava che riascoltare quella storia semplice e al tempo stesso straordinaria, non una ma mille volte, le consentisse, anche oggi, di conoscere sempre più a fondo quell'uomo del quale , tanti anni prima, si era innamorata.

C'è una sorta di muro fra la generazione dei padri e quella dei figli di oggi. Una difficoltà a relazionarsi, una comunicazione che, quando esiste, è discontinua e talvolta impossibile. Così come succede in questa storia che ha come protagonisti un padre "boomer" dei mitici anni Cinquanta ed il suo vulcanico figlio. Andrea, fatica a capire suo padre al quale, ormai ancora giovanile pensionato, invidia tutto quel tempo libero che secondo lui non sa impiegare al meglio. Diversamente da lui che, come molti giovani d'oggi, si sbatte e si arrabatta fra lavori precari e delusioni quotidiane. Ed è forse questa condizione che, per i giovani d'oggi, fa apparire scintillante ed ormai irripetibile l'epoca dei loro padri pur se percorsa dallo spettro del terrorismo rosso e nero. Oggi le rivendicazioni dei giovani si scontrano con le difficoltà del tempo presente, con le pandemie, con la lotta contro chi vuole imporre le sue regole sia nella sanità che in politica. E, alla fine, persino con una assurda guerra qui vicina, che fa apparire tutto così provvisorio e drammatico. L'autore, filtrando nel quotidiano le rispettive esperienze di un padre e di un figlio, ci accompagna, fra realtà e fantasia, in questo viaggio che i due protagonisti cercano, spesso senza riuscirci, di fare assieme e ci ripropone una lettura critica dei suoi anni e di quelli di oggi non meno, a suo parere, complicati e difficili.

"Dopo il suo precedente penultimo libro, questo Autore torna sui suoi passi. Sul terreno che ali è più congeniale: le poesie in dialetto trentino (corredate dal significato in italiano dei termini più ostici) ed i suoi racconti. Di momenti di vita, di storie perlopiù vere o inventate, di ricordi. Che mischia nel tempo presente connotato dalla pandemia e da una nuova pericolosa guerra ai margini dell'Europa. La decisione di farlo è nata dall'aver ritrovato in garage - durante una seduta di riordino delle scatole di scarpe ivi presenti zeppe di cartoline e vecchie fotografie - alcuni fogli di sue poesie inedite. Che gli sono parse significative e che ha pensato di pubblicare" (Tratto dalla Presentazione).

La clinica del mare è situata sulla costa salentina dell'Adriatico meridionale. Ufficialmente è un centro di ricerca sanitaria voluto dal direttore dell'ospedale principale privato situato nel nord d'Italia. Ogni sera il dott. Vegliasco - per incarico del direttore - compare in televisione a Milano ad aggiornare i dati della pandemia scoppiata nei primi mesi del 2020 e a rispondere alle domande dei giornalisti e dei telespettatori. Che cosa di preciso si faccia invece in quel centro studi sul mare non è dato di sapere perché quell'attività è coperta dal più stretto riserbo. Siamo in tempi di pandemia e, di conseguenza, tutti hanno da pensare ad altro. Una volta all'anno quella clinica del mare accoglie delle stagiste, spesso figlie degli amici altolocati del direttore che lui stesso seleziona mediante un colloquio. Proprio lì, fra poco tempo, arriverà una stagista particolare, una giovane dottoressa clandestina di quell'ospedale del nord, che sa già molto di quel luogo e per questo sta rischiando forse troppo...

"Storie dei guerrieri che siamo stati". Questo sarebbe potuto essere il titolo più appropriato di questo libro nel quale l'autore ha voluto filtrare la quintessenza delle sue esperienze. Alcune delle quali, infatti, - più di altre - ci hanno "formati" ed hanno contribuito a plasmare marcatamente il carattere di chi le ha vissute. Come, ad esempio, quelle fatte in ambito sindacale in quella stagione di mobilitazioni e di lotte studentesche ed operaie che hanno caratterizzato gli anni sessanta e settanta. Esperienze che hanno però, in fondo, costituito per qualcuno la logica conseguenza ed il riscatto da quelle, di segno negativo, fatte prima nel corso dell'infanzia e dell'adolescenza che, a loro volta, hanno determinato in quei protagonisti il rifiuto dell'autoritarismo subìto in una scuola al tempo classista e alimentato la tensione verso quegli ideali di giustizia e di libertà che, fino ad allora , erano stati feriti o negati. L'autore - come in una rassegna quasi fotografica - descrive episodi della sua vita e di quella della sua generazione (quella del famoso "sessantotto") - richiamando quei ricordi che, spesso, lungi dall'essere soltanto un patrimonio personale, appartengono, in vari modi, ad un vissuto collettivo.

Giovani e anziani: due categorie considerate spesso incompatibili a causa delle diverse mentalità. Entusiasmo e ragionevolezza, irruenza e pacatezza possono coesistere? Forse sì! È quanto pensa l'autore se, da entrambi le parti ci si sforzi per  trovare un'intesa che,  pur a prezzo di qualche rinuncia, abbia come fine il reciproco rispetto.

Sono interrogativi che un cantante si chiede nella sua canzone "Futura". Che è il manifesto di una generazione che è stata innamorata della propria epoca e un po'(molto) spaventata da quella che ci attende. Ed allora per esorcizzare i fantasmi del futuro è utile far riaffiorare i bei ricordi del passato, i momenti importanti della nostra vita e provare a riviverli sia in prosa che in poesia. E sperare che la nascita di quel figlio (o di quella figlia) che sarà per noi, un nipote, riesca a farci ritornare, anche per un attimo, a quel tempo nel quale un sorriso, una stretta di mano contavano più dei soldi, della carriera o della smania infinita di successo, pseudo-miti che la società di oggi ci ha abituato a perseguire. Ed allora anche noi, come Lucio, potremo sperare che per quella domanda "Chissà, chissà? domani..." il Futuro possa riservarci delle risposte belle e convincenti ma soprattutto vere.

Dopo una vita di corse, di pressanti impegni di lavoro, è arrivata finalmente, anche per il "nostro", l'ora della pensione. Che lui vede come una spiaggia con un lettino ed un ombrellone dove potrà riposare al riparo da ogni preoccupazione o altri stress. E lì sdraiato fantasticare e magari, perché no, scrivere un libro. Con a lato un tavolino di fortuna con i salatini, le olive ed un buon bicchiere di prosecco. Ma non ha fatto i conti con una effervescente moglie che ha già pensato a come organizzargli il futuro perché, tapino, non si possa stufare. Gli ha preparato un elenco di quei "misteroti" (lavoretti) che sono rimasti fermi per troppo tempo e che ora sono finalmente pronti per essere svolti. Da chi? Da lui? Ma neanche per sogno. Ma sì qualcosa farà per evitare il divorzio, ma deve pensare ad una strategia per poter cavarsela anche questa volta, attingendo a quel tesoro di esperienza che, in ufficio, gli aveva permesso di allontanare almeno alcuni degli incarichi più gravosi. Sente erompere dentro di sé come una sorgente sotterranea quella vena letteraria che non può certo soffocare. E dalla quale, benvenuta, si lascerà travolgere...

Anche in questo libro i ricordi di ieri si intrecciano con quelli di oggi e formano un'unica storia, quella dell'autore che, direttamente o indirettamente, li ha vissuti o forse in parte sognati, ma anche quella della sua generazione. E torna in superficie quel tempo in cui ogni giorno era un'avventura da vivere. Un tempo in cui, chi più chi meno, tutti i suoi coetanei avevano avuto la possibilità di vivere un'esperienza straordinaria che li avrebbe plasmati con una materia speciale e che li avrebbe resi dei pezzi unici, l'uno diverso dall'altro ma uguali nei valori e nelle speranze. Perché c'era un futuro che alla generazione di allora si presentava come una regione nuova da esplorare, dove forse si sarebbe potuto trovare l'oro come ai tempi del mito del Far West. L'Oregon o la California, dove - stando ai racconti dei primi pionieri - si sarebbero trovate pepite d'oro grosse come delle noci. E, per qualcuno, era stato proprio così. Una vita che, a un certo punto era diventata come una strada in discesa dove si andava sempre più forte e si vedevano tante cose assieme in un solo attimo. E l'importante era fissarle nella memoria perché un'epoca così non sarebbe mai più ritornata.

Ma perché, per poter piacere, una storia deve essere necessariamente complicata? Perché, per essere attrattiva, una storia deve inventare trame inverosimili o descrivere episodi da "ragazze sull'orlo di una crisi di nervi"? [...] Perché dobbiamo sempre dimostrare qualcosa a qualcuno per poter essere interessanti e non ci raccontiamo invece come siamo realmente con tutti i nostri pregi ed i nostri difetti? Perché anziché inventare le più improbabili ed inverosimili vicende non dire la verità e raccontare storie realmente accadute come, ad esempio, quella delle "supposte del nonno" o della magia dell'amore di quell'estate in montagna o di quella che si vive poi tutti i giorni accanto a chi ci vuol bene? L'autore, rompendo questi schemi, racconta in questo libro, alla maniera di un Gian Burrasca, una storia semplice legata all'esperienza vissuta che parte dai ricordi per innescare delle riflessioni sulla vita di ieri e su quella di oggi, sui problemi e sulle difficoltà vecchie e nuove; con lo scopo di avvicinare passato e presente, di cercare un possibile connubio fra la sua generazione e quella dei giovani di oggi.

Quella di questo libro è una storia degli anni '50, ma è anche, incredibilmente, una storia di oggi. Una bocciatura, accaduta in terza media, segnerà senza scampo la vita di un ragazzino. È un'esperienza che avrebbe potuto essere disastrosa perché ha cambiato il destino di chi l'ha subìta, ma che è diventata invece quantomeno accettabile grazie agli eventi, ai miti ed alle speranze di quei favolosi anni. Ne esce uno spaccato della società del tempo da confrontare con la realtà di oggi, nella quale i giovani sembra abbiano tutto ed invece, spesso, hanno molto meno di quello che avevano i loro padri. Un'epoca, quella di allora, caratterizzata dai cambiamenti della società, della scuola e del costume. Fra le canzoni degli anni '60, le minigonne delle ragazze d'allora, scandalose - per i benpensanti - forse più dei pantaloni a vita bassa di quelle d'oggi ed i capelli lunghi dei ragazzi della beat-generation.

La clinica del mare è situata sulla costa salentina dell'Adriatico meridionale. Ufficialmente è un centro di ricerca sanitaria voluto dal direttore dell'ospedale principale privato situato nel nord d'Italia. Ogni sera il dott. Vegliasco - per incarico del direttore - compare in televisione a Milano ad aggiornare i dati della pandemia scoppiata nei primi mesi del 2020 e a rispondere alle domande dei giornalisti e dei telespettatori. Che cosa di preciso si faccia invece in quel centro studi sul mare non è dato di sapere perché quell'attività è coperta dal più stretto riserbo. Una volta all'anno quella clinica del mare accoglie delle stagiste, spesso figlie degli amici altolocati del direttore. Proprio lì, fra poco tempo, arriverà una stagista particolare, una giovane dottoressa clandestina di quell'ospedale del nord, che sa già molto di quel luogo e per questo sta rischiando forse troppo...