Libri di Al Alvarez
Nutrire la belva
Al Alvarez
Libro: Libro in brossura
editore: Solferino
anno edizione: 2023
pagine: 240
Nella biografia dello scalatore Mo Anthoine di Al Alvarez ricorrono parole che raramente si incontrano nella letteratura di montagna: piacere, amici, pub, sigarette. All’epica connaturata a queste narrazioni qui si affianca e a tratti si sostituisce un registro edonistico, affabile, ironico e antieroico, che raggiunge il culmine nell’avventura all’Old Man of Hoy, quando Mo conduce una cordata cui partecipa lo stesso Al, già avanti con gli anni e per giunta fuori forma. Non che l’alpinismo sia preso sottogamba, o che manchino le avventure da manuale, o quelle in cui si tocca l’estremo, come la traversata dell’Ogre insieme a Doug Scott e Chris Bonington, in cui la tragedia è sventata per un soffio. Ma l’arrampicare di Mo è guidato da un principio diverso: quello della sicurezza, prima di tutto (in virtù del quale diventa un designer di ineguagliabile attrezzatura da montagna) e quello del divertimento. «In gergo alpinistico, un’epopea è una catastrofe sfiorata che un lieto fine rende un’ottima storia da raccontare»: ecco, nel suo caso nessuna montagna è così importante da meritare il rischio supremo. Perciò quella di Mo è stata una figura affascinante, eterodossa nel mondo muscolare dei rocciatori, e proprio questo rende il suo alpinismo un’indimenticabile lezione di vita. Come indimenticabile è il racconto che ne fa l’amico Al, scalatore dilettante ma abbastanza avvezzo al mondo della montagna da conoscerne le insidie, i pericoli, le grandezze come pure i compromessi e le piccole viltà. Il suo ritratto di Mo è da leggere tutto d’un fiato, sia dagli appassionati di montagna sia da coloro che amano le grandi storie e i grandi uomini. Ogni pagina di questo libro sa di avventura, di amicizia, di entusiasmo per la vita, anche quando questa coincide, per destino e per elezione, col nutrire la belva che si ha dentro.
Il dio selvaggio. Suicidio e letteratura
Al Alvarez
Libro: Libro in brossura
editore: Odoya
anno edizione: 2017
pagine: 287
Perché gli artisti, da Petronio a Pavese a Sylvia Plath, sono attratti dalla morte al punto di preferirla alla vita? La storia della letteratura e dell'arte è piena di suicidi veri e di suicidi intellettuali. Il confine tra questi due modi di chiudere i conti con la vita - Kafka che decreta la distruzione delle sue opere, Hemingway che si uccide veramente - è molto labile e difficile da definire. Anche se non viviamo più in un'epoca in cui il rapporto fra l'artista e la vita è dominato dalla tensione verso il sublime gesto romantico, tuttavia la tentazione del suicidio è ancora suggestiva. Al Alvarez, noto critico letterario inglese che ha tentato egli stesso il suicidio, ci racconta l'avventura del suo viaggio di "andata e ritorno" fino al termine della vita, giungendo a intuizioni che sfuggono agli esperti di psichiatria, sociologia e statistica. Il dio selvaggio costituisce infatti un tentativo di strappare il suicidio dal campo della teoria per riportarlo a quello della dimensione umana, collegandolo alla visione della vita e dei costumi come si è manifestata nei vari periodi storici. Il suicidio è sempre esistito; tanto più esiste nella nostra epoca in cui la condizione umana poggia su basi così fragili come già ci preannuncia il suicidio di Van Gogh a fine Ottocento e come ci conferma Pavese con il suo drammatico "Non parole. Un gesto": un modo stoico per "venire a patti con la morte", l'unica libertà per i nostri tempi, come rilevava Camus. Così, sostiene Alvarez, l'uomo moderno - di cui l'intellettuale rappresenta la coscienza più esposta alle sollecitazioni del "dio selvaggio", vittima di un'angosciosa solitudine che lo spinge a scegliere la via della morte piuttosto che accettare la sconfitta della vita - paga uno scotto che non ha precedenti nei secoli passati.
The biggest game in town
Al Alvarez
Libro: Libro in brossura
editore: La Nuova Frontiera
anno edizione: 2014
pagine: 206
Nel 1981 un poeta, critico e incallito giocatore inglese di poker attraversa l'Atlantico e atterra a Las Vegas per seguire le World Series of Poker e scrivere un reportage. Il testo viene pubblicato a puntate sul The New Yorker e, nel volgere di pochi mesi, si converte in un classico del genere. In "The Biggest Game in Town", tradotto per la prima volta in italiano, Alvarez racconta Las Vegas e i suoi scintillanti casinò passando in rassegna campioni unici e indimenticabili del tavolo verde come Johnny Moss, Jack Straus, Doyle Brunson, Stu Ungar.