Libri di Nedo Tavera
L'antica accademia dei ravvivati i teatri e il carnevale di Piombino
Nedo Tavera
Libro: Libro in brossura
editore: La Bancarella (Piombino)
anno edizione: 2025
pagine: 140
«L'opera di Tavera descrive dettagliatamente l'attività dell'Accademia piombinese dei Ravvivati, a partire dal 1834, quando fu inaugurato, grazie alla loro iniziativa, il Teatro Vecchio di Cittadella secondo l'idea già coltivata dai principi Baciocchi nel 1813. I Ravvivati si impegnarono da quel momento per svolgere una meritoria attività educativa nel campo della musica e del teatro. La loro intenzione era anche quella di scuotere la città dal grigiore che l'aveva pervasa dopo la caduta di Napoleone e l'annessione del Principato di Piombino al Granducato di Toscana. L'Accademia dei Ravvivati raccoglieva le famiglie più note, di estrazione nobiliare e borghese. Alcuni di questi nomi fanno parte della memoria storica del territorio e sono stati tramandati anche dalla tradizione orale. Esiste ancora oggi una targa che ricorda i Ravvivati, ma non fa bella mostra di sé all'ingresso del Metropolitan, tanto per richiamare alla mente la storia del teatro. È relegata nell'ingresso laterale, all'estrema destra della facciata, lungo le scale che portano alle sedi delle associazioni. Forse è il momento di riportare alla luce l'attività dei Ravvivati. Una città normale necessita di conoscere bene la sua storia. E a Piombino c''è molto da sapere. [...] » .(Valerio Perna). Il volume riporta, poi nelle ultime pagine, la storia del Carnevale Piombinese dove si scopre ad onor della nostra città che "i Piombinesi sperimentarono la creazione di carri con fantocci di cartapesta nel 1927. A Viareggio li avevano inventati da poco."
Jacopo V Aragona d'Appiano Elena Salviati Jacopo VI e l'ombra di Cosimo I De' Medici. Lettere dal 1538 al 1559
Nedo Tavera
Libro: Libro in brossura
editore: La Bancarella (Piombino)
anno edizione: 2025
pagine: 88
Le novità svelate dai carteggi che andiamo ad esporre sono tali che per se stesse meritavano una messa a punto storiografica, in quanto modificano alcune pagine della letteratura che conosciamo e che ci è stata trasmessa replicatamente da opere ormai classiche di vari storici, e consecutivamente, da molti altri. La storiografia ufficiale, infatti, ha indotto a presumere un dissidio profondo fra Elena Salviati e Cosimo I a seguito della pretesa del Medici di impossessarsi di Piombino, a discapito del legittimo Signore, Jacopo VI. Pertanto, viene fatto concepire un odio implacabile e una frattura insanabile sorti fra zia e nipote, intorno al 1548, a causa del conferimento del dominio piombinese a Cosimo I da parte di Carlo V; conferimento, poi revocato, che avrebbe indotto la Reggente spodestata, Elena, colma di sdegno e di rancore, a ritirarsi col figlio a Genova, dove vi sarebbe morta. Frutto di questa ricerca è stato, quindi, il sincerarsi delle vicende avvenute ed accertare che sulla scorta delle suddette opere classiche si è continuato a scrivere fantasiosamente pagine di notizie inesatte: ossia, che Elena Salviati e Jacopo VI furono costretti a rifugiarsi in esilio nella città di Genova, dovendo abbandonare il loro feudo nelle mani di Cosimo: niente di più non veritiero, come si riscontrerà, andando avanti nella lettura.
Jacopo VI Aragona e la «signoria» di Piombino di Cosimo I de' Medici. Lettere dal 1552 al 1588
Nedo Tavera
Libro: Libro in brossura
editore: La Bancarella (Piombino)
anno edizione: 2025
pagine: 124
È notorio, ed acclarato dagli storici, che la Città di Piombino, "chiave di Toscana" in epoche passate, secondo autorevoli commentatori, destò bramosia negli antichi potentati, grandi e meno grandi. La Capitale dello Stato dei D'Appiano, col suo territorio circostante ed insulare, vantando prerogative naturali uniche per riconosciuti requisiti di posizione geografica, in ordine a pecularietà strategiche, portualità e abbondanza di giacimenti minerari, fu al centro di disegni di annessione, in seguito ai quali subì più d'una occupazione straniera, anche di non lunga durata. […] Come si può ben comprendere, chi fra le varie potenze aveva speciale interesse ad assoggettare Piombino era lo Stato ad esso confinante, il Ducato del Medici, il quale anelava ad acquistare uno sbocco al mare e un porto efficiente con cui sviluppare la propria potenza marittima e intensificare l'attività mercantile connessa. Proprio ai traffici della navigazione nel Tirreno era di grande e temibile ostacolo la selvaggia pirateria di cui sopra, che metteva in allarme le popolazioni costiere, terrorizzadole, ivi comprese quelle di Piombino e delle sue isole.
Alessandro Aragona D'Appiano signore di Piombino fra indici assolutori e accuse infamanti, sulla scorta di carteggi inediti nell'Archivio di Stato di Firenze
Nedo Tavera
Libro: Libro in brossura
editore: La Bancarella (Piombino)
anno edizione: 2025
pagine: 162
Il giovane Alessandro Aragona d'Appiano, Signore rinascimentale di Piombino, incolpato di tirannia e libertinaggio, esiliato da Genova, fu vittima di intolleranza politica e di eversione, e la congiura orditagli fu impietosamente fatale: una squadraccia di ribelli sovversivi lo assalì per strada, nel suo regno, ferendolo a morte e infierendo sul corpo concolpi di pugnali e alabarde. Ciò accadde la sera del 28 settembre 1589, 1590 allo stile piombinese. Una cosa inimmaginabile, un monarca del Cinquecento soppresso da un manipolo di sudditi congiurati: fatalità plausibile solo nella finzione teatrale o melodrammatica. l'eco dell'inaudito assassinio, comparabile quasi, per intensità, con la "congiura dei Pazzi", scosse tutti i potentati italiani, il Re di Spagna e l'Imperatore... Rispondendo alla necessità di indagare documentalmente la figura storica di Alessandro I, con nuove ricerche condotte presso l'Archivio di Stato di Firenze, si è ricorsi al responso di carteggi editi e inediti, in particolare di uno dal contenuto risolutamente accusatorio e di altri, viceversa, dal sapore e dalla valenza induttivamente liberatori. Del carteggio critico e diffamatorio rinvenuto, oltretutto contestuale alla circostanza della morte del detto Signore, fu autore un notabile cittadino, un'autorità presente a Piombino nei giorni in cui cadde vittima lo stesso Alessandro I. Tale cittadino testimone rispondeva al nome di Niccolò Calefati, appartenente ad una delle più abbienti, influenti e note famiglie piombinesi, di estrazione nobiliare ed una delle molte, di origine pisana, che si trasferirono a Piombino, nel 1406, dopo la caduta di Pisa in mano a Firenze.
San Paolo della Croce e le clarisse piombinesi
Nedo Tavera
Libro: Libro in brossura
editore: La Bancarella (Piombino)
anno edizione: 2024
pagine: 124
L'11 dicembre 1256, con sua Bolla, Papa Alessandro IV concesse alle Monache Clarisse di Massa Marittima, che l'avevano richiesta a sollievo della loro estrema povertà, la famosa Abbazia di San Giustiniano di Falesia, o Faliegi, alle porte di Piombino, con tutti i suoi beni, ormai abbandonata dai Monaci Beendettini. «Appena un anno dopo, il 5 dicembre 1257, Fra Rinaldo da Tocco negli Abruzzi, Cappellano e Penitenziere del Papa, che doveva essere Delegato, almeno in Toscana, per i Monasteri, per autorità del medesimo Papa esonera una tale Suora B., Abbadessa del Monastero di Massa, da tal carica, e la elegge Abbadessa di Faliegi, dove si recherà con alcune altre Monache ad aprire il nuovo Monastero, che dichiara del tutto indipendente da quello di Massa». L'Abbazia assunse in seguito la nuova dedicazione a Santa Maria, dal nome di altra Chiesa suburbana appartenuta ai Monaci e più vicina alla città, presso cu le Religiose stabilirono il proprio Monastero. Sicuramente alcune avversità e difficoltà non mancarono nella vita consuetudinaria del Monastero, il quale, fra gli alti e bassi causati alle vicende politiche di Piombino, e con fasi di alta luminosità, come l'esperienza apportata dalle predicazioni di San Paolo della Croce, portò avanti onorevolmente la propria esistenza fino al 1806, cioè fino alla soppressione decretata dalla Principessa Elisa Bonaparte e dalle leggi napoleoniche.
I Ludovisi principi di Piombino (1634-1733), in carteggi inediti nell'Archivio di Stato di Firenze
Nedo Tavera
Libro: Libro in brossura
editore: La Bancarella (Piombino)
anno edizione: 2024
pagine: 86
Niccolò Ludovisi, nacque, nel 1610, in una famiglia che ha dato alla Chiesa cardinali e Papa Gregorio XV, del quale egli era nipote. Nel 1633, si unì con Polissena, ultima Principessa ereditaria di Piombino, figlia di Isabella Aragona d'Appiano e Giorgio de Mendoza. Ciò che è dato evincere dall'analisi delle sue lettere, seppure vergate da segretari non sempre del medesimo livello di preparazione, è che il Principe non presenta affatto un'impronta di sé assolutamente autoritaria, tipo ancien régime, come si poteva sospettare con quel poco che è stato indagato e scritto di lui, ma semmai egli manifesta tratti personali che prefigurano l'immagine di un monarca permeato di più blando dispotismo illuminato, avente rimarchevole propensione alla considerazione ed al rispetto dei sudditi. Viceversa, coloro che non eccellerebbero al massimo dai contenuti epistolari, in fatto di complessive prerogative amministrative, sarebbero gli Anziani piombinesi, i rappresentanti della Comunità, che in alcuni casi emergerebbero non sempre all'altezza delle aspettative, esponendosi alla critica del Ludovisi, come sovente era capitato prima sotto Jacopo VI.
Antichi ordini mendicanti a Piombino. Gli Agostiniani piombinesi, Piombino francescana
Nedo Tavera
Libro: Libro in brossura
editore: La Bancarella (Piombino)
anno edizione: 2024
pagine: 120
La tradizione eremitica fu fortissima un po' ovunque in Toscana, come nell'antica Diocesi di Populonia [...] Sarà proprio dalla Toscana, insieme alla Romagna, Marche e Lombardia, che le diversificate e nutrite presenze eremitiche daranno origine all'Ordine dei Frati Eremitani Agostiniani, e non dobbiamo dimenticare i Frati Minori Conventuali che sono l'unica Famiglia Francescana maschile che sul suo stanziamento a Piombino ha lasciato una piuttosto considerevole documentazione. Va precisato, però, che l'eccezione è dovuta anche al fatto che tale, inclita, Famiglia visse molto a lungo in Piombino, divenendo espressione, in pratica, di tutto il movimento francescano che vi aveva operato. I Conventuali, insomma, impersonarono i continuatori, fino al 1806, della missione cominciata verso la metà del Duecento dai primi Frati Minori della città.
Alessandro d'Aragona d'Appiano principi suoi congiunti e autorità piombinesi dell'epoca. In carteggi inediti giacenti nell'Archivio di Stato di Firenze
Nedo Tavera
Libro: Libro in brossura
editore: La Bancarella (Piombino)
anno edizione: 2024
pagine: 234
La presente ricerca archivistica, svolta presso l'Archivio di Stato fiorentino, è incentrata essenzialmente sulla conoscenza delle figure mai indagate documentalmente di Alessandro Aragona d'Appiano e dei suoi congiunti, mediante il supporto delle lettere che hanno lasciato: il padre, Jacopo VI; la presunta madre, Virginia Fieschi; la moglie, Isabel de Mendoza; la figlia, Isabella; il suocero, Jorge de Mendoza; lo zio, Alfonso. Altre figure di contorno contribuiscono alla rievocazione dei personaggi suddetti e dell'atmosfera storica. Lo stimolo iniziale e l'intento prioritario dell'esplorazione sono far luce sulla vita di Don Alessandro, giovane Principe sventurato, in riferimento al suo efferato assassinio avvenuto nel 1589, a Piombino, ad opera di congiurati di una individuata cerchia oligarchica cittadina. Mediante le lettere e il pensiero degli scriventi Signori e Principi avremo modo di acquisire elementi atti ad elaborare un concetto del loro grado di umanità e di scoprire aspetti significativi riguardo al loro carattere, indole, cultura, abitudini. Potremo meravigliarci, pertanto, dell'idea di un Don Alessandro quale normalissimo ragazzo quadrato e serio, animato da buoni sentimenti, acculturato, dedito alle discipline musicali e alla letteratura, grande appassionato di animali domestici; un tipico esempio dei suoi tempi, nella realtà, di intellettuale aristocratico rinascimentale, tutto l'opposto, dall'etichettatura di uomo sviato e corrotto in cui l'ha rinserrato immotivatamente un filone letterario pseudostorico.
Da San Cerbone a Elisa Bonaparte. Le più avvincenti pagine della grande storia di Piombino
Nedo Tavera
Libro: Copertina morbida
editore: La Bancarella (Piombino)
anno edizione: 2022
pagine: 174
«La storia è una scienza sociale, e la sua evoluzione, come in ogni altra scienza, avviene soltanto attraverso la ricerca. Come l'astronomo è lo scienziato che non contempla solo il firmamento, ma esplora oltre il conosciuto e scioglie i misteri dell'universo, così il ricercatore indaga le fonti inedite e va oltre il sapere scientifico noto degli avvenimenti trascorsi, allargando l'orizzonte storiografico di uno specifico ambito.» E Nedo Tavera seguendo questo filo logico si avventura di nuovo nel passato di quello che fu fino all'Ottocento uno stato indipendente e assurto a Principato con decreto imperiale. Piombino ha tante storie ancora da raccontare e da scoprire per recuperare il passato di questo che fu uno degli Stati più desiderati dalle grande potenze, Spagna, Francia, per dominare le rotte commerciali e divenire base per le loro conquiste territoriali. Piombino ha visto passare sul suo territorio grandi personaggi e artisti, come Rosso Fiorentino, Machiavelli, Leonardo da Vinci che hanno lasciato il loro segno e opere di cui purtroppo molte sono state trafugate o vendute, così come gli archivi della città di cui oggi ne conserviamo solo una parte, e che sono sparsi in vari luoghi del mondo.
L'ascesa di Piombino al declino della Repubblica di Pisa
Nedo Tavera
Libro
editore: La Bancarella (Piombino)
anno edizione: 2021
pagine: 90
Questo volume, pur con tutti i suoi limiti di contenuto, vuole essere un contributo alla ricerca storica piombinese, alla quale, apre insospettate e appassionate vie da percorrere. Se il presente testo, infatti, scuote e ribalta molte fondamentali cognizioni storiche acquisite, è ben lungi naturalmente dal dire quanto sarebbe necessario sull'argomento che tratta, e tutto ciò che dice potrà, forse, non essere esente da ulteriori messe a punto. Piombino nel Trecento, era in una fase di pieno sviluppo commerciale e di espansione demografica; pertanto i cittadini vi godevano di buone condizioni economiche e sociali. Come vedremo Piombino contava forse più di 8.000 abitanti nei primi decenni del Quattrocento, ma dobbiamo constatare che già a cavallo del Due-Trecento la sua consistenza demografica era eccezionalmente alta. Ma la Piombino tanto florida, promettente e popolosa del Quattro-Cinquecento si ridusse ai minimi termini demograficamente nel corso del Sei-Settecento, nei secoli del dominio dei Principi assenteisti Boncompagni Ludovisi, tipicamente rappresentativi dell'arretrata alta aristocrazia romana e dell'ancien régime europeo.
La santa Vergine nella devozione piombinese attraverso i secoli. Piombino: disegno storico della città
Nedo Tavera
Libro: Copertina morbida
editore: La Bancarella (Piombino)
anno edizione: 2021
pagine: 138
"A trent'anni esatti dalla pubblicazione de "La santa Vergine nella devozione Piombinese attraverso i secoli" mi piace riproporne la ristampa aggiungendovi il seguente sottotitolo: Piombino: Disegno Storico della Città. Perché tale aggiunta? Semplicemente per il fatto che alcuni di coloro che hanno letto il libro con interesse e discernimento mi hanno significato di aver trovato "riduttivo" il titolo originario. Il lavoro infatti non è solo una monografia sul passato ecclesiastico di Piombino, e sull'accentuata devozione popolare alla Santa Vergine, ma anche una storia tutta intrecciata, con spaccati di vissuto ordinario in una sorta di disegno storico sui generis della città. Un secondo motivo che mi ha indotto alla ristampa, devo dire brevemente, è che la sostanza del libro è frutto di ricerche archivistiche, le quali non perdono mai d'importanza, e qui, in alcune parti, restano degli interrogativi da sciogliere e da definire. Parlo, in particolare, della mitica antichissima Abbazia di San Giustiniano di Falesia, scomparsa, la cui ubicazione ignota io ritengo di avere individuato. Inoltre rimane, altresì, ancora in sospeso l'ultima parola sull'Autore della Madonna del Latte della Sala Consiliare del Palazzo Civico; Autore che io riconosco nel pittore piombinese Giovanni Maria Tacci, vissuto nel Cinquecento, riscontrando, tuttavia, diverso parere da altri. In definitiva, ciò che può giustificare la ristampa di un libro di storia locale, dal taglio insolitamente religioso, sono proprio le risultanze archivistiche che danno risalto alle mutazioni apportate nella società locale nei secoli passati e specialmente durante il regno di Elisa Bonaparte, che enorme importanza ha avuto nell'Ottocento piombinese, costituendo le premesse della società attuale".
Piombino napoleonica (1805-1814) il principato dei baciocchi
Nedo Tavera, Brunello Creatini
Libro: Copertina morbida
editore: La Bancarella (Piombino)
anno edizione: 2019
pagine: 168
Il 18 marzo 1805, Napoleone Bonaparte donava l'antico Stato di Piombino, in piena sovranità, alla sorella Elisa attribuendo al di lei marito, Felice Baciocchi, il titolo di Principe dell'Impero. Il Principato piombinese mantenne, come succedeva da secoli, la propria completa autonomia sotto il profilo giuridico, benché, adesso, fosse palesemente inquadrato in un rapporto di vassallaggio con la Francia. Alcune branche dell'amministrazione centrale di esso, come le cancellerie e le segreterie dei regnanti, certi affari militari e di polizia, finirono ovviamente per essere cumulate con quelle inerenti al Principato di Lucca, prima, e al Granducato di Toscana, poi. Il Principato napoleonico piombinese si reggeva su un ordinamento tipico dell'assolutismo monarchico. Poiché il regime dei Baciocchi fu strettamente personale, Felice I deteneva in sé il potere legislativo e, pertanto, emanava leggi e decreti di "motuproprio", demandandone l'attuazione a ministri e funzionari, per lo più francesi e provenienti dall'esercito. Sulla scorta dell'esperimento francese, i Baciocchi riformarono interamente l'ordinamento giuridico dello Stato piombinese, sicché, anche in tale regione, come altrove, in Italia, «la legislazione napoleonica incise in tutti i settori della società e della vita civile. Limitandoci qui agli aspetti più duraturi di quest'opera di rifondazione, ricordiamo in primo luogo [...] l'introduzione dei codici francesi (codice civile detto codice Napoleone, codice penale, codici di procedura civile e criminale, codice di commercio, codice del notariato) che mantenuti in vigore nelle loro parti essenziali dai governi della Restaurazione serviranno di base alle codificazioni dell'Italia unita»