Libri di Alberto Casalboni
Dante teologo e profeta della libertà
Alberto Casalboni
Libro: Libro in brossura
editore: Centro Dantesco dei Frati Minori Conventuali
anno edizione: 2021
pagine: 223
«Un teologo parla della teologia di Dante, un uomo di fede racconta la fede di Dante e, più profondamente e più acutamente, indaga le modalità con cui questa fede si alimenta e le fonti da cui scaturisce. L'elemento che si viene così a mettere in luce è che, certo, sono ben presenti in Dante i collegamenti con la tradizione del pensiero cristiano, in primis la Scolastica nel suo periodo aureo, e con le Scritture, ma, più in profondità, emergono gli intrecci di questi principi con la vita stessa, nel suo vissuto quotidiano così come negli eventi della storia. Si tratta di quello scenario di avvenimenti, incontri, relazioni, sentimenti e affetti, audacie e paure, gioie e sofferenze, aneliti e frustrazioni, che il Poeta aveva allora sotto gli occhi e nel cuore, ma che popolano la vita di tutti gli uomini, oggi come sempre. È l'avventura della vita, per la quale si può ben pensare che non esista metafora più calzante del viaggio. È l'avventura esistenziale di ognuno che si deposita nell'esperienza di ciascuno e che rimane lì, come preziosissimo sedimento, magmatico forse, ma che fornisce, per chi vuole coglierlo e sa aprirsi al reale, materiale alla riflessione e al confronto con se stessi, con il mondo e con il Mistero. È in ciò che la vita sedimenta nell'interiorità di ciascuno che si vengono a cogliere le verità, sapide e solide perché provate al fuoco del tormento interiore, ma mai del tutto appagate e per questo sempre vive e tali da ispirare il pensiero, i criteri che suscitano il volere e i valori che scaldano il cuore, quella pace nella quale, come Dante, cerchiamo il nostro compimento. Il viaggio è metafora di quel patrimonio di esperienza che la vita ci consegna, quel sensato, cioè quel portato esistenziale che, a partire dai nostri sensi, se l'accogliamo giunge fino ai livelli più alti del nostro sentire e del nostro riconoscere per vero. È in questo che il libro individua una chiave importante per l'attualizzazione del pensiero di Dante e, soprattutto, della sua esperienza di vita e di fede...» (Dalla Prefazione di Francesco Nicastro)
Nei giardini di Adone. Deve il filosofo scrivere oppure no?
Alberto Casalboni, Gian Luca Malatrasi, Enzo Moietta, Antonio Petrucci, Alessandro Ramploud
Libro: Libro in brossura
editore: San Lorenzo
anno edizione: 2020
pagine: 390
I giardini di Adone erano vasi in cui si facevano crescere piante a rapida fioritura per la festa del giovane amato da Afrodite. Adone era stato ucciso da un cinghiale istigato da Marte (ma forse il cinghiale era Marte…), l'amante storico della dea. Dal pianto della dea era nato il fiore dell'anemone. Socrate adopera i giardini di Adone come metafora della scrittura filosofica. Poiché la filosofia è, per definizione, una ricerca aperta, una ricerca incessante e inquieta, senza fine, nessun testo scritto può essere un punto fermo, un punto d'arrivo. La scrittura filosofica quindi non è che un gioco e chi si fermasse nella contemplazione dei propri risultati non sarebbe un filosofo ma, al più, un professore o un erudito. Però attenzione: perché, se la scrittura filosofica è un gioco, questo gioco, se praticato, deve essere preso seriamente: ogni improvvisazione, superficialità e sciatteria è improponibile; se si scrive, bisogna scrivere bene. Il tema affrontato da Platone nel Fedro è ancora d'attualità: anzi è più che mai d'attualità. Jean-Francois Lyotard ha scritto (ne La condizione post-moderna) che la nostra non è più l'epoca delle grandi narrazioni ma delle piccole narrazioni (che sono, per definizione, più attente alla scrittura). Jacques Derrida – sulla scia di Nietzsche e di Heidegger – ha concentrato l'attenzione sulla genesi dell'opera e sulla scrittura. Infine Richard Rorty ha distinto i filosofi rivoluzionari (quelli che hanno davvero qualcosa da dire) in sistematici ed edificanti. Questi ultimi si esprimono con una scrittura più frammentaria – spesso un commento o una contro-scrittura. Insomma, l'interesse per l'argomento scrittura dei filosofi (una volta trascurato dagli storici come ininfluente e irrilevante) sta diventando decisamente centrale nella riflessione post-moderna. In questo libro si affronta il tema della scrittura filosofica: e se Malatrasi e Petrucci si immergono in profondità nel testi platonici, cogliendone l'andamento narrativo e rivelandone aspetti inediti, Ramploud esplora la differenza fra l'alfabeto cinese e quello greco (il primo iconico e immanente, il secondo simbolico e trascendente) e Moietta sottolinea l'importanza che ha avuto la lingua greca nella nascita e nello sviluppo della filosofia: La Filosofia conosce… nella scrittura alfabetica la propria condizione trascendentale. Rimane da ricordare il contributo di Casalboni che – partendo dal Fedro – ci conduce alla scoperta di un libro, I Neoplatonici, scritto nell'Ottocento e rimasto inedito per cento anni.

